alessandro di battista

“COSÌ IL MES NON CONVIENE ALL’ITALIA. PUNTO” - DI BATTISTA SI SCHIERA CON DI MAIO CONTRO CONTE NELLA BATTAGLIA SUL FONDO SALVASTATI EUROPEO - IL RITRATTONE DI “DIBBA” BY FULVIO ABBATE: “IN OGNI SUO PUBBLICO GESTO RIMANDA A CERTO MONDO ESCURSIONISTICO CASUAL, ESTRANEO, SÌ, ALLE COMPETENZE, MA SEGNATO DA UNA SORTA DI VOLONTARISMO DA GIRO-FACCIO-VEDO GENTE. MAESTRINO DI IMPROVVISAZIONE, NEGATO DI TALENTO, TALVOLTA PERFINO ORGOGLIOSO DI UN INESISTENTE BAGAGLIO CULTURALE WORK IN PROGRESS, E’ PERFETTO PER…”

1 - MES: ASSE DI BATTISTA CON DI MAIO, COSÌ NON CONVIENE

Da www.ansa.it

 

ALESSANDRO DI BATTISTA copia

"Concordo. Così non conviene all'Italia. Punto". Lo scrive Alessandro Di Battista in un commento in cui plaude al post con cui Luigi Di Maio rilancia, via Facebook, la trincea del M5S sul Mes. "Giuseppe Conte ha detto ieri che tutti i ministri sapevano di questo fondo. Sapevamo che il Mes era arrivato ad un punto della sua riforma, ma sapevamo anche che era all'interno di un pacchetto, che prevede anche la riforma dell'unione bancaria e l'assicurazione sui deposito. Per il M5S, queste tre cose vanno insieme e non si può firmare solo una cosa alla volta". Lo scrive su Fb Luigi Di Maio.

 

2 - L'ETERNO RITORNO DI DI BATTISTA, L'INVISIBILE GRILLINO PRODIGIO

Fulvio Abbate per https://www.huffingtonpost.it/

 

ALESSANDRO DI BATTISTA (1)

Alla fine, come nella filosofia dell’“eterno ritorno” cara a Nietzsche ci ritroviamo nuovamente a nominare Alessandro Di Battista, l’invisibile grillino prodigio. A prospettarne, appunto, una nuova ascensione nell’orizzonte di carta uso bollo della Casaleggio Associati, l’imminente pubblica visualizzazione come possibile salvavita per il M5S in caduta libera e presumibilmente in prospettiva rovinosa, definitiva. Indicato da molte parti come possibile sostituto-erede naturale dei cocci prodotti finora da Luigi Di Maio, il genero ideale su sfondo di una fallimentare prova di governo.

ALESSANDRO DI BATTISTA

 

In presenza di un salasso di consensi, alla fine, davanti allo spettro del baratro, proprio al nostro “Dibba” verrà presto richiesto di issarsi, convinto di sé, sugli scudi del Movimento alle prese con un’ormai evidente seconda possibilità di pubblica sopravvivenza, come in un gioco di ruoli.

 

Torniamo dunque a parlare di lui, Di Battista, senza enfasi, attribuendogli semmai alcune misteriose qualità finora mai affiorate nel suo operato politico. Sì, stoffa degna di un predestinato ad archiviare le pretese e l’ingordigia iniziali – “l’abolizione della povertà”, metti - a favore invece di un più naturale istinto di conservazione. Detto con parole semplici: da formazione da gazebo-trampolino di governo, su suggerimento imperioso di Grillo, il tutto sembra adesso virare verso una tenda “canadese” lì unicamente a scopo di presidio, pronta a sentirsi paga di un decoroso 15%.

 

ALESSANDRO DI BATTISTA E LA PIOVRA DEL PD

Poco male, se è vero che Bettino Craxi, in tempi di vacche grasse, come molti ricorderanno, mai superò quel tetto, ritenendosi comunque convinto che con una simile cifra “si possono fare molte buone cose” (sic). Anche il prossimamente ripescato (dalla propria invisibilità) Di Battista potrà ora sposare le stesse esatte rassicuranti parole, utilizzando la paradigmatica scatoletta di tonno come proprio astuccio-rifugio.

 

Magari soprattutto nel regno del Sud, dove i pentastellati, “quelli del reddito di cittadinanza”, variante post-moderna assistenziale del “Todos caballeros” pronunciato da Carlo V, sovrano di Spagna, ad Alghero nel 1541, sembrano mantenere un vantaggio elettorale, a fronte di una loro pressoché desertificazione a favore della Lega lassù al Nord.

di battista di maio

 

Da quali piloni e stralli dialettici, di più, da quali promesse affabulatorie ricomincerà ora a mostrarsi “Ale”? Quasi sicuramente, visto il tratto familiare del suo profilo, dai consigli ricevuti da “Dibba Senior”, come già si qualificava in una t-shirt indossata al raduno del Circo Massimo suo padre Vittorio, gagliardo fascistone di Civita Castellana che non perde occasione di suggerire soluzioni immediate al proprio campione. Non è molto, ma si tratta pur sempre di una figurina pop chiara e netta, ottima in tempi di semplificazione generale.

 

Archiviata la ripartenza editoriale da Bibbiano, a meno che il nostro non ambisca alla fascia tricolore di primo cittadino del comune associato alla leggenda dei ladri di bambini, si tratterà di mettere innanzitutto in atto, tra talk, video privati e post sotto l’egida di Casaleggio, una possibile collezione di chiodi a quattro punte, utensili di una demagogia destinata a scontrarsi inevitabilmente con la messaggistica salviniana e il piccolo coro meloniano, e ancora presentarsi come faccina critica in nome dell’onestà, si spera, depurata infine dell’H iniziale.

 

ALESSANDRO DI BATTISTA CON SAHRA E IL FIGLIO ANDREA

Di sicuro, anche questo è decisivo, il nuovo corso non potrà ripartire da Roma, acclarato che l’esperienza di Virginia Raggi in Campidoglio appare, nuovamente tornando a Nietzsche, aldilà del bene, del male e perfino del così-così. Dunque, al netto della post- politica che si nutre di semplici narrazioni, anche in questo caso, come abbiamo già rilevato circa il “cullega” Di Maio, qualsiasi nostra riflessione deve limitarsi all’umana comprensione delle ambizioni personali, in questo caso coltivate dal “giovane” Di Battista.

 

Come fosse idealmente nostro nipote, siamo costretti a ritenere delittuoso semplicemente immaginare che la sua carriera si possa interrompere prim’ancora di un vero decollo, come accade, metti, alle promesse canore mancate o agli sportivi traditi dalla rottura di un legamento crociato: cartellini buttati al vento.

alessandro di battista

 

Al contrario, occorre immaginarne il prosieguo ben oltre le sue vaghe competenze, assecondato da ciò che un altro pensatore direbbe “Idola tribus”, nel senso che Di Battista in ogni suo pubblico gesto rimanda a certo mondo escursionistico casual, estraneo, sì, alle competenze, ma segnato da una sorta di volontarismo da giro-faccio-vedo gente. Peccato che le autoconvocate “sardine” gli abbiano scippato anche quel genere di possibile piazza.

 

alessandro di battista 1

 Eppure maestrino di improvvisazione, negato di talento, talvolta perfino orgoglioso di un inesistente bagaglio culturale work in progress, perché, appunto, i “valori” è bene che siano anteposti al sapere stesso, e Alessandro Di Battista con il suo eloquio da perenne laureando in attesa di scegliere l’argomento della tesi – già, Neil Young o Noam Chomsky? - appare perfetto per avanzare, compagna e figlio al fianco, alla testa di questo genere di ipotetica comitiva elettorale.

 

Visivamente parlando, c’è perfino da immaginarlo in una ennesima rivisitazione grafica del “Quarto Stato” di Pellizza Da Volpedo (lo stesso che nel caso della Lavazza mostra un popolo in marcia verso la “pausa caffè”, diversamente da Bertolucci che lo ha voluto nei titoli di testa di “Novecento”), non più la “canaglia pezzente” dei canti anarchici e socialisti del tempo del dipinto, ma trasfigurati in vincitori di una sorta di Erasmus politico, lui e i suoi assistenti parlamentari.

alessandro di battista con sahra e il figlio

 

Alla fine, su tutto, per lui sembrano però risultare perfette le parole che un giornalista puntuto, sempre in altri tempi, parafrasando Churchill, utilizzò a proposito di un ministro del partito del sole nascente, da noi ora modellate ulteriormente in funzione dello stile e dell’epoca del personaggio: “Arrivò una macchinetta, si aprì lo sportello, non scese nessuno: era Di Battista”.

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