“FRATELLI D'ITALIA DOVRÀ MISURARE CON ATTENZIONE IL PERIMETRO DEL PROPRIO SOVRANISMO” - ORSINA: “MELONI DOVRA’ CAPIRE IN QUALE MODO TRASFORMARLO IN UNA POSIZIONE NEGOZIALE CHE VALGA SUI TAVOLI DI BRUXELLES, E DOVE E COME MODIFICARLO - ATTENZIONE, PERÒ: LA QUESTIONE NON SI PONE SOLTANTO SUL LATO DEL GOVERNO ITALIANO. ISOLARE UN'ITALIA GUIDATA DA UN GOVERNO SOLIDO E STABILE, LEGITTIMATO DA LIBERE ELEZIONI, È IMPENSABILE PER BRUXELLES, CHE NON PUÒ PERMETTERSI CHE IL PIANO DI RIPRESA FALLISCA PROPRIO NELLA PENISOLA”

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GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI

Giovanni Orsina per “la Stampa”

 

In un panorama politico che resta assai fluido, le elezioni piantano due «chiodi» relativamente solidi: uno più grosso, Giorgia Meloni, destinato a governare; uno più piccolo, Giuseppe Conte, destinato all'opposizione. È da questi due chiodi che conviene partire per ragionare del quadro politico che esce dal voto, e per provare - molto timidamente - a immaginare qualche scenario futuro. Chiodo numero uno. La vittoria della coalizione di destra-centro è indiscutibile, così come lo è l'egemonia di Fratelli d'Italia al suo interno.

MARIO DRAGHI URSULA VON DER LEYEN MARIO DRAGHI URSULA VON DER LEYEN

 

Questi due fatti portano con sé almeno tre novità. A undici anni di distanza dalla fine dell'ultimo governo italiano che godesse di una solida legittimazione elettorale, innanzitutto, a valle di due esecutivi tecnici e innumerevoli gabinetti «fritto misto», il fatto che dalle urne sia uscita una maggioranza politicamente omogenea dev' essere salutato come un segnale di salute della nostra scassatissima democrazia.

 

SALVINI BERLUSCONI MELONI SALVINI BERLUSCONI MELONI

La maggioranza, in secondo luogo, è la più a destra della storia repubblicana, e alla sua guida c'è un partito erede del Movimento sociale italiano. È una novità, certo. Temperata però dal fatto che fra il Msi e FdI c'è stata Alleanza Nazionale, che ha governato l'Italia per anni, sebbene come partner di minoranza, e attraverso il Popolo della libertà è poi confluita nel Partito popolare europeo. Mi pare più interessante, allora, come il caso italiano mostri ch' è in corso un profondo processo di ristrutturazione delle destre in Europa. Ma su questo punto tornerò fra breve.

 

mario draghi ursula von der leyen mario draghi ursula von der leyen

Per la prima volta nella storia d'Italia, infine, una donna potrebbe entrare a Palazzo Chigi. Non siamo più nel Novecento delle ideologie, la persona di un politico conta tanto quanto i contenuti che propone, se non di più, e da questo punto di vista la novità è grande. Dal medesimo punto di vista, i distinguo che son circolati sulle donne la cui ascesa rompe «il tetto di cristallo» e quelle - come Meloni - la cui ascesa invece non lo romperebbe, appaiono alquanto ridicoli.

 

La netta maggioranza che l'alleanza di destra-centro ha nelle due camere le dà il pieno diritto - anzi il dovere - di provare a realizzare il programma che ha presentato agli elettori.

MELONI SALVINI MELONI SALVINI

Ciò detto, quell'alleanza ha raccolto il 44% dei consensi del 63% del corpo elettorale: le ha dato fiducia, insomma, appena un terzo degli italiani.

 

I nostri connazionali sono comprensibilmente sconcertati dal susseguirsi delle crisi, dall'incertezza sul futuro, dalla crescente pericolosità del globo. Altrettanto comprensibilmente, guardano con scetticismo alle proposte e promesse di forze politiche nazionali assai deboli nel pensiero e nell'azione. Spaventati, sbigottiti, diffidenti, si astengono a milioni o votano con scarso entusiasmo. Il mandato che hanno consegnato a Meloni, così, è sì indiscutibile, ma tiepido e minoritario: non consente accelerazioni repentine né scelte rivoluzionarie.

mario draghi ursula von der leyen mario draghi ursula von der leyen

Intorno al «chiodo» Meloni ruotano due elementi più fluidi: Forza Italia e la Lega. Il partito di Silvio Berlusconi si è quasi dimezzato rispetto al 2018, ma è andato meglio del previsto e, tutto sommato, ha tenuto. Resta in piedi sul centro-destra un blocco elettorale di una certa consistenza, ma resta pure il problema, più che annoso ormai, di proiettarne la rappresentanza al di là della leadership berlusconiana. La Lega si è dimezzata rispetto al 2018 ed è un quarto di quel che era alle europee del 2019.

 

Il progetto di partito sovranista nazionale di Matteo Salvini è naufragato. O meglio: ha avuto pieno successo - solo, lo ha realizzato Meloni. Da oggi il problema dell'identità della Lega è aperto e urgente. Il governo della destra-centro nascerà e vivrà magari a lungo. È probabile tuttavia che, prima o poi, si trovi a dover affrontare la crisi identitaria dei due partner di minoranza e a dover dimostrare di saperle sopravvivere.

salvini meloni piazza del popolo salvini meloni piazza del popolo

 

Molto prima, però, sarà lo stesso partito di Meloni a dover precisare la propria identità. Non sulla comunità atlantica e sul conflitto in Ucraina: lì la linea è chiara, e Lega e Forza Italia - da cui sono venuti sì dei distinguo, ma che hanno pure votato tutte le scelte del governo Draghi - non potranno che adeguarvisi.

 

La partita vera sarà sull'Europa. Fratelli d'Italia dovrà misurare con attenzione il perimetro del proprio sovranismo, capire in quale modo trasformarlo in una posizione negoziale che valga sui tavoli di Bruxelles, e dove e come modificarlo per poterlo agganciare, almeno in parte, ad alleati continentali che non possono di certo essere soltanto l'Ungheria o la Polonia.

 

giuseppe conte chiusura campagna elettorale m5s 9 giuseppe conte chiusura campagna elettorale m5s 9

Attenzione, però: la questione non si pone soltanto sul lato di Meloni e del futuro governo italiano. L'Europa non è una creatura statica e neutrale - al contrario, è proteiforme e politica. Isolare un'Italia guidata da un governo solido e stabile, legittimato da libere elezioni, è impensabile. Bruxelles, poi, non può permettersi che il piano di ripresa post-pandemico fallisca proprio nella Penisola.

 

Infine, forze conservatrici stanno montando anche in altri paesi dell'Unione, e il Partito popolare europeo - che non è al governo né in Francia, né in Germania, né in Spagna - si sta interrogando, e non da oggi, sul proprio futuro e sulle proprie alleanze. Insomma: se il governo di destra-centro dovesse nascere stortignaccolo e malaticcio, in Europa potrebbe prevalere la tentazione di tenerlo fuori dalla porta e aspettare che il gelo lo liquidi, per poi tornare alla normalità.

 

salvini meloni berlusconi piazza del popolo 5 salvini meloni berlusconi piazza del popolo 5

Ma se nascesse almeno un po' robusto, anche in Europa dovrebbero porsi il problema di come conviverci, e potrebbe perfino nascerne un processo di ripensamento della destra continentale.

 

Veniamo ora, più sinteticamente e in conclusione, al chiodo numero due. Il Movimento 5 stelle non è né l'unica né la principale forza d'opposizione - il Partito democratico, com' è noto, ha preso circa tre punti e mezzo in più. È però la più solida e in salute di quelle forze.

Perché in realtà, a ben vedere, non è più il Movimento 5 stelle.

 

giuseppe conte chiusura campagna elettorale m5s 8 giuseppe conte chiusura campagna elettorale m5s 8

Il vecchio M5s è morto e dalle sue ceneri è nato il partito di Giuseppe Conte: quel 15 e mezzo per cento è suo e, di conseguenza, il partito è sotto il suo controllo. Anche intorno al «chiodo» Conte ruotano due elementi più fluidi: Azione, che ha due leader la cui compatibilità sarà tutta da verificare; e il Partito democratico, che di fatto un leader non lo ha più e che è da sempre profondamente diviso al proprio interno fra una vocazione più centrista e una più di sinistra.

 

Il gioco che si svilupperà su questo lato del sistema politico non sarà né meno interessante di quello che vedremo sul versante governativo, né indipendente da esso. Forte di un buon risultato elettorale e saldamente alla guida del suo partito, Conte già si è proposto come fulcro dell'opposizione e già ha abbozzato un tentativo di egemonizzazione del Pd.

 

GIUSEPPE CONTE GIUSEPPE CONTE

Se il gruppo centrista di Matteo Renzi e Carlo Calenda reggesse e facesse sponda, i democratici, impediti nei movimenti dai propri tormenti interni, si troverebbero stretti in una morsa. Ma non solo. Il «chiodo» Conte potrebbe giocare anche col «chiodo» Meloni: la stessa operazione bipolarizzante che aveva tentato Enrico Letta, ma che poi non ha perseguito fino in fondo. Un gioco che potrebbe trovare in una riforma costituzionale in senso semi-presidenziale il suo terreno ideale.

 

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