mattarella draghi

“IL GOVERNO HA ANCORA COSE IMPORTANTI DA FARE” – C’E’ ANCORA UNO SPIRAGLIO PER CONVINCERE DRAGHI A RESTARE IN SELLA. L'ORIENTAMENTO DI MARIOPIO MERCOLEDÌ È DI ANDARE IN PARLAMENTO E ASCOLTARE I PARTITI. SE CE LA FARANNO A CONVINCERLO, SI PROCEDERÀ A UN VOTO DI FIDUCIA SU UNA RISOLUZIONE DI MAGGIORANZA. ALTRIMENTI DRAGHI LASCERÀ SENZA AVER RICEVUTO UNA SFIDUCIA MA AVRÀ LA POSSIBILITÀ DI ESERCITARE UNA FUNZIONE DI GOVERNO, LIMITATA, FINO ALL'ARRIVO DEL SUO SUCCESSORE, DOPO LE ELEZIONI ANTICIPATE D'AUTUNNO...

Ilario Lombardo per la Stampa

 

 La frase è rubata da un capannello in Campidoglio. C'è la camera ardente di Eugenio Scalfari. Mario Draghi è venuto a portare i suoi omaggi al fondatore di Repubblica.

mattarella draghi meme

«Tenga duro, presidente» gli dicono. Lui si ferma, un attimo: «Ma intende tenga duro e fare marcia indietro dalla mia decisione?

 

Oppure tenere duro e confermare le dimissioni?». Sorride e lascia la sala senza dare, o aspettare una risposta. Così l'Italia attende di sciogliere l'enigma, di avere quella risposta che ieri per tutto il giorno cercavano ansiosi e spaventati i suoi tanti interlocutori. A Palazzo Chigi dicono che ci sono state molte telefonate. Non vogliono dire chi, si limitano a confermare che ci sono stati contatti con banchieri e cancellerie mondiali, gente con cui Draghi è abituato a sentirsi.

 

Come in qualche modo gli aveva pronosticato Sergio Mattarella durante il colloquio al Colle - quando il premier aveva confessato al presidente della Repubblica il timore di compromettere la propria reputazione internazionale - si è subito infittito il coro di chi dall'estero, dall'Europa, da Washington gli chiede di restare. Ieri ci sarebbero stati, non confermati ufficialmente, contatti con la Casa Bianca e con il presidente francese Emmanuel Macron.

GIUSEPPE CONTE E LA DEPOSIZIONE DI DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI

 

Ed era solo il giorno uno, dei cinque, che i partiti dovranno utilizzare per convincere Draghi a smentire la sua decisione. Mercoledì sarà in Aula, e solo a quel punto l'irrevocabilità che giovedì mancava alle sue dimissioni consegnate al Quirinale, sarà certa.

 

Se i presupposti però sono quelli visti ieri, agli occhi del presidente del Consiglio è anche abbastanza inutile aspettare. Il M5S spappolato in una cacofonia di istinti contraddittori, Forza Italia e Lega che trattengono a stento la voglia di urne e chiedono l'epurazione di Giuseppe Conte, pur sapendo che la condizione principale posta da Draghi per andare avanti è tenere il Movimento dentro il governo: tutti questi veti, queste convulsioni, queste liti, per Draghi sono la prova che non è possibile ridare vita alla formula che Mattarella scelse nel febbraio del 2021 quando lo ha chiamato.

 

MARIO DRAGHI - MURALE BY TVBOY

Si attendeva un segnale di unità nazionale. E non lo ha avuto. L'amarezza si scorge nei commenti dei collaboratori del premier che hanno atteso invano una ricomposizione. Non credono troppo all'operazione svuota-M5s che è stata fatta partire dal Pd e dal gruppo di Luigi Di Maio, con la speranza di spezzare i 5 Stelle e tenerne il più possibile attaccati alla maggioranza. È un'alchimia che non piace al banchiere, un'illusione con cui non vuole più giocare. C'è un episodio che racconta molto dello stato d'animo di Draghi, della sua fermezza in queste ore.

 

Giovedì mattina era in agenda una riunione tra Palazzo Chigi e Tesoro per definire il perimetro delle risorse da destinare al decreto di fine luglio, provvedimento che serve a dare un sostegno ulteriore alle famiglie colpite dal caro-bollette. Tutte le anticipazioni parlavano di 10 miliardi o poco più. In realtà si scopre adesso che Draghi aveva dato indicazione di trovare molti più soldi, in modo da accontentare i partiti anticipando misure che avrebbero avuto uno sviluppo più strutturale in manovra. Cuneo fiscale, superbonus, Irpef.

 

tweet sulla crisi del governo draghi 16

Dalla Ragioneria generale pare siano arrivati fino a una disponibilità di 23 miliardi. Quando però è stato chiaro che in Senato il M5S non avrebbe votato la fiducia, il sottosegretario Roberto Garofoli ha sconvocato la riunione. È molto probabile che a fine luglio Draghi sia già un premier dimissionario. Il decreto comunque si farà, assicurano da Palazzo Chigi e dal Mef. A chi lo ha sentito, dei ministri, il capo dell'esecutivo ha dato una risposta che è sembrata aprire uno spiraglio, ma che in realtà, più pragmaticamente, è riferita alle prossime scadenze non rinviabili: «Il governo ha ancora cose importanti da fare». Senza il decreto, per esempio, la benzina potrebbe schizzare a inizio agosto a oltre 2 euro. I finanziamenti per il provvedimento dovrebbero scendere nuovamente a 10 miliardi.

 

E il ragionamento è semplice: perché nell'ordinaria amministrazione, dopo che saranno sciolte le Camere - se finirà così - è giusto che il governo uscente non impegni risorse che il prossimo esecutivo potrebbe usare, altrove, in manovra. Nello scenario di crisi che si sta aprendo, Draghi andrà in Parlamento, prima in Senato, dove farà le sue comunicazioni. Al momento, l'orientamento è di rimanere ad ascoltare i partiti. Dovranno convincerlo. Se ce le faranno, durante la replica il premier dovrà accettare il mandato e si procederà a un voto di fiducia su una risoluzione di maggioranza.

 

LE DIMISSIONI DI MARIO DRAGHI BY CARLI

Altrimenti, ed è lo scenario più probabile a oggi, Draghi dovrà confermare la sua decisione e salire al Colle con le dimissioni definitive. L'accordo con Mattarella prevede questa concessione. Così Draghi lascerà senza aver ricevuto una sfiducia e avrà, dunque, la possibilità di esercitare una funzione di governo, limitata, fino all'arrivo del suo successore, dopo le elezioni anticipate d'autunno (il 2 o il 9 ottobre sono i giorni di cui si parla di più). Potrà continuare a occuparsi di tutte le attività connotate da urgenza e indifferibilità. E potrebbe anche andare a trattare al Consiglio europeo d'autunno sul tetto al prezzo del gas.

MEME SULLA CRISI DI GOVERNOMARIO DRAGHI VIGNETTA VAURO - DRAGHI E MATTARELLAMARIO DRAGHI IN VERSIONE QUELOGIANCARLO GIORGETTI MARIO DRAGHI sergio mattarella mario draghi

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HA VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…