giuseppe conte matteo renzi

“HO SBAGLIATO A DIMETTERMI, SE NON AVESSI FATTO QUEL PASSO FORSE, ORA...” - L’AMAREZZA DI CONTE, PANATO E FRITTO DAL SUO NEMICO RENZI: "PER CITARE IL POETA, SONO SERENO" – “ERA TUTTO GIÀ SCRITTO. RENZI AVEVA GIÀ UN ACCORDO COL CENTRODESTRA. SALVINI E BERLUSCONI GLI HANNO GARANTITO CHE CI STARANNO, ALTRI NON POTRANNO CHE ACCODARSI. A ME ERA CHIARO SIN DA SUBITO, A QUALCUN ALTRO…”

Tommaso Labate per corriere.it

 

giuseppe conte chance il giardiniere

«Era tutto già scritto. Renzi aveva già un accordo col centrodestra. Salvini e Berlusconi gli hanno garantito che ci staranno, altri non potranno che accodarsi. A me era chiaro sin da subito, a qualcun altro forse no». Alle dieci di sera, dopo aver ascoltato le brevi comunicazioni del presidente della Repubblica con tanto di convocazione di Mario Draghi per stamattina alle 12, Giuseppe Conte vive il suo personalissimo «game over» con sentimenti contrastanti.

 

 

 

GIUSEPPE CONTE E ROCCO CASALINO - MEME

Dicono che succede spesso quando si vive una sconfitta cocente, quando si prova una delusione bruciante, nel momento esatto in cui si capisce che il vicolo in cui ti sei infilato non porta da nessuna parte; strano ma vero, nella testa dell’ormai ex presidente del Consiglio — più che l’amarezza e lo sconforto che apparirebbero ovvi e scontati in istanti come quelli — c’è quasi la rivendicazione propria di chi si accontenta, al triplice fischio, di aver fiutato prima di altri quello che stava succedendo.

 

GIUSEPPE CONTE MATTEO RENZI BY DE MARCO

Ai ministri che lo chiamano per manifestargli la propria vicinanza, l’avvocato consegna poche parole. Con un paio di loro si dilunga sulla battuta su Renzi che chissà da quanto tempo aveva sulla punta della lingua, sperando che non arrivasse mai il momento di pronunciarla. «Per citare il poeta, sono sereno...». Traccia di pentimento per aver disperatamente tentato di raggranellare una truppa di responsabili no, non ce n’è. Semmai, è il ragionamento, «ho sbagliato a dimettermi, se non avessi fatto quel passo forse, ora...».

 

Il film dell’ultimo giorno gli passa davanti. Fotogramma dopo fotogramma. Alle 15 e 30 è al telefono con Dario Franceschini, poi parla con Vito Crimi, poi ancora con Franceschini, con Crimi. «Io non resto a Palazzo Chigi a fare il prigioniero di Renzi o di qualcun altro», scandisce in un momento di tensione.

 

Matteo Bolle

Gli ambasciatori di Pd e M5S, a turno, gli comunicano che la trattativa con Italia viva è arrivata a un binario morto. La discussione piomba sulle teste di Bonafede e Azzolina. Palazzo Chigi è perentorio. Si accettano spostamenti del ministro della Giustizia ma a patto che rimanga nel governo, Azzolina rimane nell’esecutivo, idem per Fraccaro e Patuanelli, tutti considerati «fedelissimi» dell’avvocato.

 

MATTEO RENZI E GIUSEPPE CONTE COME LUKAKU E IBRA

Nessuna traccia di incontri o telefonate con Di Maio. Alle 16 avviene quel colpo di scena che la cerchia ristretta di Conte considera un presagio molto più che oscuro. Le agenzie battono la notizia dell’addio di Emilio Carelli al M5S e del suo trasferimento nei ranghi del centrodestra. È il segnale di quello che sta per accadere. Gli interlocutori si dividono sulle possibilità che Renzi abbia in tasca la garanzia, «quantomeno di Salvini e Berlusconi», che non si andrà a votare. «Se ce l’ha lo capiamo tra poco», sussurra il premier.

 

 

Quel «tra poco» sono minuti che sembrano durare ore, giorni. Alle 19 la trattativa con Iv è chiusa. Qualcuno consiglia a Conte di tentare la carta disperata di un contatto con Renzi. Lui, memore dell’ultima esperienza, di quella telefonata poi resa pubblica dal leader di Iv all’alba del mandato esplorativo di Fico, oppone un niet. «È tutto inutile, ha già un accordo secondo me». Il resto è una specie di goccia cinese, un’escalation rapidissima dalle stelle allo sfratto.

GIUSEPPE CONTE PROFESSORE

 

La drammatica telefonata con Fico, le tensioni con Di Maio, lo spettro di un Movimento spaccato, la «lista Conte» che rimane una chimera, con le elezioni così tanto lontane. Il miraggio di un mandato al buio, e con esso l’ipotesi di un ultimo e disperato tentativo di ricomporre i cocci di un vaso ridotto in mille pezzi, svanisce quando il presidente della Camera esce dallo studio del presidente della Repubblica. Poi le comunicazioni di Mattarella, le spalle che fanno pressione sullo schienale della sedia, il nodo della cravatta allentata, il telecomando che spegne la tv. Titoli di coda di un film in due capitoli. Il terzo, anche se fosse, non sarà un governo.

conte casalino Conte Casalino meme Oshoconte casalino

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…