vladimir putin xi jinping mondo conquista

“IN ITALIA NON ABBIAMO PRESO COSCIENZA DELLA GRAVITÀ DI QUANTO STA ACCADENDO IN UCRAINA E DELLE CONSEGUENZE” - DOMENICO QUIRICO: “SIAMO IMMERSI NEL NOSTRO CONFORTEVOLE MONDO DI IERI CHE È GIÀ DEFUNTO. IL MONDO CHE VERRÀ SARÀ FEROCE, COPERTO DI FERRO, DIVISO DA MURI DI AVVERSIONI PROFONDE - LA GLOBALIZZAZIONE È GIÀ MATERIA DA TRASFERIRE AGLI STORICI, NASCERANNO ECONOMIE BELLICHE FEROCEMENTE CONCORRENTI CON CUI BISOGNERÀ FARE I CONTI, OGNUNA CON LA SUA MONETA, FORTILIZI AUTARCHICI IN CUI NON SI POTRÀ ENTRARE - LA CULTURA INDOSSERÀ LA MASCHERA DELL'ODIO…”

DOMENICO QUIRICO

Domenico Quirico per “la Stampa”

 

Mi faccio volontario per una constatazione sgradevole, sommamente impopolare: in Italia non abbiamo ancora preso coscienza della gravità di quanto sta accadendo in Ucraina e delle conseguenze «globali», si dice così, sul mondo che verrà. Siamo immersi, dopo quaranta giorni di guerra furibonda, ancora nel nostro confortevole e immobile mondo di ieri. Che è già defunto, sconvolto da ininterrotte scosse vulcaniche proprio in questa terra europea, murato nelle tenebre.

 

BATTAGLIA IN DONBASS

Eppure ogni giorno abbiamo davanti le immagini per comprendere, basta aggiungere le didascalie. Nel Donbass urti di uomini e di mezzi corazzati quali non si vedevano dalla battaglia di Kursk tra tedeschi e russi nella Seconda guerra mondiale (è luogo per combinazione non lontano dalla geografia di questo conflitto, stesse pianure infinite, stesse isbe povere, stesso selvaggio furore); sono già in campo le armi di tutti i contendenti compresi quelli che per ora sembravano stare alla finestra; le possibilità di tregua sono scomparse, sono funebri rimorsi.

 

Ramzan Kadyrov Vladimir Putin

Il mondo che verrà sarà feroce, coperto di ferro, diviso da muri di avversioni profonde, l'Asia russo cinese contro l'Occidente americano, con le rispettive dipendenze, e coloro che guideranno il nuovo «impero del male» non saranno tipi alla Breznev e come il manieroso Xi Jinping ma assomiglieranno a Kadyrov il ceceno e a Kim Jong-un, il coreano delle Bombe.

 

La globalizzazione è già materia da trasferire agli storici, nasceranno economie belliche ferocemente concorrenti con cui bisognerà fare i conti, ognuna con la sua moneta, fortilizi autarchici in cui non si potrà entrare con i vecchi grimaldelli del «made in». La cultura indosserà la maschera dell'odio, ci sono già i segni, e non sarebbe purtroppo la prima volta. I musei degli uni e degli altri saranno purificati dai «prodotti del nemico», «decadenti» o «immorali», le partiture musicali censurate, i libri divisi in patriottici e pericolosi, gli autori espunti dal passato comune. Dimenticatevi che si canteranno le stesse canzoni o si guarderanno gli stessi film.

 

incontro tra xi jinping e kim jong un 6

Se già da qualche tempo aveste controllato la produzione media, di massa della cinematografia russa e cinese avreste avuto delle sorprese: «peplum» storici stile kolossal con le eroiche vittorie sugli invasori stranieri e i traditori autoctoni, o «action» con rambo versione locale. Un mese fa pensavamo fosse una guerricciola ancora abbastanza lontana dai confini, non si sentivano le cannonate in fondo, in poche settimane tutto sarebbe finito e si poteva riprendere la solita monotona Storia.

 

Un abbaglio allora comprensibile. Perché «da noi» è ancora così? Di chi la colpa?

PUTIN BIDEN

Ascolto i giornali radio: c'è una frattura che toglie il fiato tra le notizie abbondanti, terribili della guerra, le minacce ormai aperte tra Russia e Occidente, e quello che segue che dà conto della politica italiana.

 

Siamo testimoni di inaudite metamorfosi mondiali ma il governo nei suoi massimi rappresentanti, il premier e i due ministri degli Esteri, quello vero e l'amministratore delegato di Eni, è impegnato in un affannato tour per sedurre e riempire di soldi alcuni discutibili Paesi africani alla ricerca di petrolio e gas. I contratti vengono salutati come vittorie campali sull'esercito di Putin. I partiti intanto, a casa, si dedicano con furore vichingo allo scontro sul problema quasi secolare della separazione delle carriere dei magistrati. Tutti sanno che poi tanto si «troverà la quadra» come si dice con italiano orribile.

 

Soldati russi

Il dibattito sull'aumento delle spese militari che pure era una fondamentale occasione non solo di una riflessione politica sul riarmo ma anche sulla preparazione dell'esercito in caso di necessità, è affondato nell'astuto stratagemma italiano, in uso dalla proclamazione del regno nel 1861: rinviare il tutto alle calende greche, diluire, assumere ma in modo omeopatico. Tutti felici contenti del si vedrà. Tra poco soldati italiani saranno schierati alle frontiere della Russia nell'esercito della Nato. Non è la solita operazione di peacekeeping con il casco blu in qualche savana o deserto per distribuire sacchi di farina. È la cosa più pericolosamente vicina alla guerra dal 1945. Se ne parla politicamente come se fosse una delle tante esercitazioni.

SOLDATI RUSSI A MARIUPOL

 

Si può sperare che la Terza guerra mondiale non divampi in modo esplicito. Ma chi comanderà la economia, i rapporti politici, la diplomazia della nuova guerra fredda nel nostro campo? Americani e inglesi? E l'Unione europea? I tedeschi con il loro nuovo possente esercito, che segna la fine dei rimorsi del 1945? E ancora siamo pronti agli urti innumerevoli nel terzo mondo, spazio aperto per la guerra parallela, per il controllo dei poveri, delle materie prime, delle piccole tirannidi con cui fino ad ora abbiamo continuato a sfruttarlo? Ebbene lì partiamo svantaggiati, azzoppati dall'accusa spesso fondata di sfruttatori indifferenti, di amici disinvolti e bugiardi dei tiranni.

 

gasdotti in europa

In Francia dopo il primo turno delle presidenziali ci si interroga su quel trenta per cento, forse più, di elettori che hanno votato per partiti che si sono schierati con la Russia.

La quinta colonna? Che faranno quando lo scontro sarà aperto, diretto? In Italia si fa la conta litigando di quanti sono gli arruffapopoli più o meno titolati che vanno in tv a recitare la parte dei dissidenti. I partiti con tentazioni putiniane in 24 ore si sono allineati, salvando la faccia e l'anima con dichiarazioni francescane di pacifismo e di ragionevolezza. Occupiamoci del gas…

vladimir putin joe biden ginevra

 

È compito della politica dire la verità, con chiarezza, su cosa è in gioco, e sui sacrifici, giusti e indispensabili, per fermare l'aggressore, non trincerarsi dietro il minimalismo dei termosifoni. Le nostre generazioni, al contrario di quelle dei nostri padri, hanno avuto in occidente la possibilità di restare in disparte, di esimersi dalle guerre degli altri. Eravamo il posto in cui rifugiarsi, eravamo la pace conquistata.

 

scaffali vuoti

Ebbene non sarà più così. Non saremo più il mondo della sicurezza. Prima parlavamo di pace e di guerra ma molti non sapevano di cosa stessero parlando. La pace con la globalizzazione e la cultura senza frontiere era una abitudine, era l'aria che ognuno respirava senza pensarci. La guerra era una parola, un concetto puramente teorico. Ora affrontiamo lo choc di questa rivelazione, apertamente.

globalizzazione1scaffali vuoti al supermercato

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…