john kerry sergei lavrov

“CON JOHN KERRY RISOLVEREMMO I PROBLEMI” – IL MINISTRO DEGLI ESTERI RUSSO, SERGEI LAVROV, LODA L’EX SEGRETARIO DI STATO AMERICANO, ATTUALMENTE INVIATO SPECIALE DI BIDEN PER IL CLIMA. NON LO DIREBBE MAI SE NON FOSSE STATO AUTORIZZATO DALLO STESSO KERRY: È LA PROVA CHE I DUE SI STANNO MUOVENDO, E POTREBBE ESSERE UN OTTIMO SEGNALE PER IL NEGOZIATO SULLA GUERRA IN UCRAINA – I DUE SI CONOSCONO BENE, SI SONO INCONTRATI PIÙ DI 50 VOLTE E VANTANO UN RAPPORTO PERSONALE DI FIDUCIA RECIPROCA…

john kerry sergei lavrov

1 - LAVROV LODA JOHN KERRY, 'CON LUI RISOLVEREMMO PROBLEMI'

(ANSA) - "I negoziati dovrebbero puntare non a sopprimere il nemico ma a raggiungere risultati attraverso un dialogo rispettoso".

 

Parola del ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, che come esempio positivo ha citato l'ex segretario di Stato americano John Kerry.

 

"Ci siamo incontrati più di 50 volte, e adesso vedo in John una persona sinceramente interessata ai risultati e che aiuterebbe a risolvere i problemi insieme", ha affermato Lavrov in una conferenza stampa.

 

sergei lavrov john kerry

2 - KERRY-LAVROV, IL RAPPORTO CHE CAMBIA GLI SCENARI GLOBALI. L’ANALISI DI PELLICCIARI

Igor Pellicciari per www.formiche.net – 16 aprile 2021

 

Se un’analisi sia chiave di lettura piuttosto che teorema è dubbio ricorrente. In entrambi i casi l’obiettivo è lodevole: semplificare realtà complesse per comprenderle meglio.

 

La differenza sta nelle conclusioni: il teorema non accetta obiezioni; la chiave di lettura se ne nutre. Il problema è quando dalle ipotesi dell’una si scivola nel dogmatismo dell’altro, senza accorgersene.

sergei lavrov john kerry

 

Sono i fatti a portare a considerazioni oggettive oppure queste li precedono e scelgono solo quelli utili a suffragare le proprie tesi?

 

Un simile dilemma affligge i (pochi rimasti) fautori di un dialogo russo-americano nel sistema internazionale. Lo scontro Washington-Mosca è chiave di lettura per comprendere l’attuale dis-ordine mondiale oppure è teorema di chi ha buoni rapporti con entrambi e si districa con difficoltà tra i due?

 

Per chi si trova nel mezzo come l’Unione Europea, alla costante ricerca tra mille difficoltà di una sua politica estera e di sicurezza, in polemica con Mosca ma in competizione con la Nato, la questione non è teorica ma vitale.

john kerry sergei lavrov 1

 

Qualunque sia l’interesse dei promotori di un riavvicinamento (si badi, non alleanza) tra Usa e Russia, è corredato da alcune razionali considerazioni, utili da richiamare ora che la tensione nel Mar Nero sembra toccare punti di non ritorno.

 

La prima è che ogni qual volta in passato Washington e Mosca si sono coordinate, pur restando in aspra competizione, il mondo ha vissuto una complessiva stabilità con crisi dirottate su scenari circoscritti e i due contendenti ad operare, anche nello scontro, per interposti attori.

 

Non si tratta di rimpiangere qui il bipolarismo estremo e la (vera) Guerra Fredda che l’ha contraddistinta ma almeno allora le aree di influenza reciproca erano ben definite e il livello multilaterale fungeva da valvola di sfogo diplomatico e luogo di reale mediazione.

 

ANTONY BLINKEN SERGEI LAVROV

Non era un Mondo ideale, ma aveva raggiunto un equilibrio ed evitato una catastrofe nucleare all’epoca più temuta politicamente di oggi, benché il suo attuale potenziale distruttivo sia molto superiore.

 

Dialogare per ripiegare su un nuovo ordine-mondiale è scelta non buonista ma razionale per suddividere, senza più le zone esclusive del periodo bipolare, aree macro-regionali d’interesse e terminare l’attuale stato di “geo-politica globale-competitiva” che comporta l’obbligo di presenza dappertutto, con un dispendio di risorse non più sostenibile ne per Washington ne per Mosca. Ma solo per Pechino.

john kerry sergei lavrov

 

La seconda considerazione è che una tensione politica e retorica russo-americana è fisiologica, serve sia a Washington che a Mosca, ma ha convissuto a lungo con un coordinamento tra le due superpotenze sulle questioni basiche, addirittura con momenti di collaborazione (come nel campo della tecnologia spaziale).

 

Per uno Stato-nazione dominante in periodo di pace a volte è più importante avere un nemico stabile e prevedibile che un pari amico. Il rivale istituzionalizzato permette di definire in forma speculare opposta le proprie strategie, compattare gli alleati, migliorare le capacita in funzione di situazioni di competizione e allerta, pur sapendo in cuor proprio che il redde rationem è improbabile.

 

john kerry sergei lavrov

L’arrivo dell’amministrazione di Joe Biden, dopo i strange days trumpiani, era sembrato riportare il terreno del confronto sul vecchio terreno dello scontro politico duro, anche durissimo nelle parole, ma rassicurante dal punto di vista dei canali di negoziazione dietro le quinte.

 

Sembrava un indubbio vantaggio che l’interlocutore principale dei diplomatici Russi – da alcuni anni alla guida dei centri istituzionali del paese, non solo in politica estera – tornasse ad essere lo State Department, spesso marginalizzato da Donald Trump.

 

Forse non tutto è ancora perso se si vuole dare importanza alla notizia, per la verità poco pubblicizzata nell’ Occidente distratto dal Mar Nero, che in India vi è stato di recente un incontro informale tra Sergej Lavrov e John Kerry, di fatto ultimo Segretario di Stato americano democratico, prima del recente Antony Blinken.

 

vladimir putin joe biden ginevra

I due hanno un rapporto consolidato, anche di fiducia personale, che va indietro nel tempo e sono stati cruciali in prima persona nel contenere militarmente a suo tempo gli scontri in Ucraina dal degenerare in una guerra frontale tra Stati Uniti e Russia.

 

L’attuale peso di Kerry nell’amministrazione Biden è tutto da verificare ma simili episodi di Track II Diplomacy come il bilaterale con Lavrov non accadono mai per caso a questi livelli ed è ipotizzabile che l’incontro sia stato se non organizzato almeno concordato con la Casa Bianca.

 

Di sicuro, ha facilitato la recentissima telefonata di Joe Biden a Vladimir Putin per proporre un summit dei due presidenti nell’immediato futuro, unico reale segno di distensione di questi giorni.

 

videoconferenza joe biden xi jinping antony blinken

Va ricordato per inciso che oggi, rispetto al 2013, in Ucraina non tutto dipende dalle decisioni di Washington e Mosca ma anche dalle mosse di altre diplomazie tornate attive sulla scena come quella di Londra, che dall’autonomia post-Brexit non ha guadagnato solo nell’approvvigionamento dei vaccini ma pure nel ritrovato dinamismo del suo potente Foreign Office.

 

La considerazione finale riguarda i rischi di una eventuale decisione Usa, trovandosi in opposizione a Russia e Cina, di prendersela con il contendente più debole dei due, date le scarse dimensioni della sua economia e una situazione interna politica al momento piuttosto delicata.

 

john kerry con lavrov ministro degli esteri russo

È scelta comprensibile da un punto di vista tattico per Washington, che nel reagire oggi nel Mar Nero manda un messaggio a Pechino di essere pronta a difendere domani Taiwan (da tempo nel mirino cinese e next-target dopo Hong Kong). La risposta di Mosca tuttavia potrebbe riservare sorprese se decidesse di seguire quell’attitudine tutta russa di reazione spropositata nei momenti critici.

 

Pur di non darla vinta al fronte occidentale, il Cremlino potrebbe rinsaldare ulteriormente il legame con la Cina, cedendo altri pezzi di quella tecnologica militare e spaziale (di cui la scoperta del vaccino Sputnik V è l’ultimo esempio), colonna portante del suo resistere nel ruolo di superpotenza.

 

obama kerry cameron

Già in occasione della crisi del Maidan, la Russia isolata ad Ovest aveva sorpreso molti analisti, in particolare americani, per la facilità con cui si era concessa alla Cina, dopo decenni di rapporti difficilissimi, offrendole un accordo a condizioni favorevoli, impensabili nel passato.

 

Si rischierebbe una nuova reazione del tipo “bruciare Stalingrado”, di cui Mosca ha dimostrato di essere capace quando ha le spalle al muro.

 

Comprometterebbe a lungo i rapporti futuri con il nemico rassicurante, mettendo in una posizione impossibile in particolare la Ue e quei Paesi (come l’Italia) che sono atlantisti ma dipendono energeticamente dalla Russia.

 

antony blinken joe biden vladimir putin sergei lavrov

Se ne avvantaggerebbe in primo luogo Pechino, che è esattamente il contrario degli obiettivi americani. E non è un teorema.

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO