nicola zingaretti luigi di maio

“IL M5S DIVENTERÀ UNA COSTOLA DEL PD” - BELPIETRO: “CI SARÀ LA CORRENTE DI ZINGARETTI, QUELLE DI RENZI E DI ORLANDO E INFINE L'AREA CHE FA CAPO A DI MAIO. CHISSÀ PERÒ SE, UNA VOLTA ENTRATI A FAR PARTE DEL SISTEMA, LA SCELTA DEL PROSSIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA LA FARÀ ANCORA LA PIATTAFORMA ROUSSEAU…”

Maurizio Belpietro per “la Verità”

 

maurizio belpietro con matteo salvini (3)

Il destino dei 5 Stelle è segnato e porta a un' inevitabile integrazione con il Pd, di cui probabilmente diventerà una costola. Se fino a ieri, infatti, c' erano dubbi sulla evoluzione del Movimento, ora si possono mettere da parte. Perché, dopo aver più volte sostenuto di avere una linea politica antitetica a quella dem, i grillini con il Pd non solo hanno fatto un governo, ma ora si preparano ad andare a braccetto con il partito di Bibbiano pure alle prossime regionali.

 

A dare il via libera all'operazione è stato lo stesso Luigi Di Maio, un signore la cui carriera politica è appesa a un filo, cioè alla sopravvivenza di questa legislatura. Il capo politico pentastellato, in una lettera al quotidiano La Nazione, ha aperto ieri la porta a un' intesa con il Pd fino a prima respinta. Lo ha fatto ricorrendo a un escamotage linguistico, che se da una parte esclude un patto con Nicola Zingaretti, dall' altra nei fatti lo propone.

 

Nicola Zingaretti Luigi Di Maio Giuseppe Conte

Si tratterebbe in pratica di candidare un esponente terzo, uno dei cosiddetti uomini della società civile, cioè un signore non immediatamente riconducibile né al Movimento né al Pd. Una volta trovata la testa di legno da mettere capolista per imbrogliare gli elettori, il resto verrebbe facile e di conseguenza, perché ogni partito con il proprio simbolo, dunque sia i 5 stelle che i piddini, sosterrebbe il prescelto.

 

L'operazione, per i grillini e per i democratici, presenterebbe numerosi vantaggi, a cominciare dalla possibilità di ridurre i rischi di una sconfitta. Già, perché le prossime elezioni regionali sono un banco di prova piuttosto complicato per la maggioranza che sostiene il Conte due. Se si presentassero separati al voto, sia il Movimento che il Pd, rischierebbero una batosta.

 

I primi perché alle elezioni amministrative sono quasi sempre andati male e, con molta facilità, lo sarebbero anche questa volta, visto che rispetto alle elezioni nazionali del 4 marzo dello scorso anno oggi sono dati in calo, cioè attorno al venti per cento. Ai secondi potrebbe anche andare peggio, in quanto il voto riguarderebbe le regioni da sempre governate dai compagni, ossia Umbria, Toscana e Emilia e Romagna.

 

zingaretti di maio

Perdere nei feudi rossi equivarrebbe a una catastrofe, a cui difficilmente Nicola Zingaretti e il governo dell' inciucio potrebbero sopravvivere. Basti ricordare che nel 2000, il primo comunista che riuscì a conquistare con un altro ribaltone Palazzo Chigi, cioè Massimo D' Alema, fu costretto a fare le valigie dopo aver perso le elezioni regionali. E all' epoca non era in gioco il cuore rosso dell' impero, ma la Puglia, il Lazio e la Calabria. E visto che là dove da sempre governa la sinistra, alle ultime amministrative diverse città sono cadute in mano al centrodestra, nel Pd è suonato l' allarme ed è venuta l' idea di replicare il modello dell' ammucchiata già sperimentato con il governo.

 

NICOLA ZINGARETTI E LUIGI DI MAIO BY CARLI

Fino a ieri, fra i 5 Stelle c' era chi si dimostrava contrario, preoccupato di mischiarsi troppo con i compagni fino a sembrarne una corrente. Ma con la lettera al quotidiano toscano, Di Maio ha tagliato la testa al toro, dichiarandosi pronto all' inciucio, anche se mascherato da scelta civica. Nella sostanza, pur di non vedere saltare il banco, cioè il Conte due, il capo pentastellato è pronto a fare da stampella a un sistema che da settant'anni malgoverna quelle regioni.

 

Basti ricordare che la prima scadenza elettorale è quella umbra, dove la governatrice e la giunta sono state costrette alle dimissioni dallo scandalo della sanità. Sapendo di rischiare il controllo della regione, Zingaretti aveva provato a puntellare Catiuscia Marini, la presidentessa finita nella bufera, ma poi era stato costretto ad alzare bandiera bianca, accettando che a decidere fossero gli elettori.

 

FOTOMONTAGGIO – LUIGI DI MAIO NICOLA ZINGARETTI

Ora però, per il segretario del Pd c'è un' occasione insperata di salvare il feudo rosso ed è offerta dallo stesso Di Maio, che propone di sommare i voti dei 5 Stelle a quelli del Pd, proprio come piace a Dario Franceschini, il democristiano che ha ispirato anche l' alleanza per il Conte due.

 

Insomma, nati gridando un grande vaffa... al sistema, in particolare a quello democristiano e comunista che ha dominato prima e seconda repubblica usando le leve di Palazzo Chigi e del Quirinale, oggi i 5 Stelle si riscoprono custodi di quello stesso sistema. Dovevano aprire la scatola di tonno e oggi di quella stessa scatola sono i più tenaci e strenui difensori. Da movimento del cambiamento a movimento della conservazione. Da incendiari a pompieri.

 

Di questo passo pare evidente quale sarà la prossima mossa. Da stampella del Pd che oggi sono, diventeranno una delle gambe del tavolo su cui si reggerà il partito di Zingaretti. Anzi, più precisamente ne diventeranno una costola. Ci saranno la corrente del segretario, quelle di Renzi e di Orlando e infine l' area che fa capo a Di Maio.

CATIUSCIA MARINI NICOLA ZINGARETTI

Chissà però se, una volta entrati a far parte del sistema, la scelta del prossimo presidente della Repubblica la farà ancora la piattaforma Rousseau. Forse no: forse Rousseau sarà mandato in pensione. In attesa del vitalizio.

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?