donald trump capitol hill

“MARCIATE SUL CAMPIDOGLIO. FERMATE QUESTO FURTO!” – IL 6 GENNAIO 2021 DONALD TRUMP ERA PRONTO A PUBBLICARE UN TWEET IN CUI INCITAVA I MANIFESTANTI AD ASSALTARE CAPITOL HILL. IL CINGUETTIO NON È MAI STATO PUBBLICATO PERCHÉ I SUO LEGALI LO CONVINSERO A NON FARLO, MA È L’ENNESIMA PROVA DEL SUO COINVOLGIMENTO NEL TENTATO GOLPE – IL GIORNO PRIMA CI FU UNA TELEFONATA CON BANNON, CHE POCO DOPO ANNUNCIÒ: “SI SCATENERÀ L’INFERNO”

Gaia Cesare per “il Giornale”

 

bannon trump

Undici minuti di telefonata con Donald Trump. Poi Steve Bannon registra il suo podcast e annuncia agli ascoltatori: «Domani si scatenerà l'inferno». Sono le 8.57 del mattino del 5 gennaio 2021 quando i due si parlano per la prima volta, alla vigilia dell'assalto a Capitol Hill, inferno vero per la democrazia americana, le sue istituzioni e l'immagine degli Stati Uniti nel mondo.

 

La conversazione tra The Donald, reduce dalla sconfitta alle presidenziali del 3 novembre, e il guru dell'estrema destra americana, ex stratega del presidente bocciato alle urne, emerge dalla settima audizione pubblica della Commissione della Camera degli Stati Uniti. In cui si scopre che una seconda chiamata con Trump si è svolta subito dopo l'intervento di Bannon, della durata di sei minuti.

 

IL TWEET CHE TRUMP STAVA PER PUBBLICARE IL 6 GENNAIO 2021

E peggio ancora che l'ex presidente era pronto a pubblicare un tweet in cui scriveva, in vista del giorno della ratifica del risultato elettorale: «Terrò un Grande Discorso alle 10 del mattino, il 6 gennaio, all'Ellipse, a Sud della Casa Bianca. Arrivate per tempo, sono attese grandi folle. Marciate sul Campidoglio, dopo. Fermiamo questo Furto!!». Il testo non è datato ma era già stato approvato e alla fine non è mai stato pubblicato perché i consiglieri del presidente e i suoi legali lo convinsero a non farlo. Ora è conservato negli Archivi nazionali.

 

ASSALTO A CAPITOL HILL 2

L'audizione è probabilmente la penultima di una serie basata sull'indagine di dieci mesi che sta accertando cosa accadde dietro le quinte e chi soffiò sul tentativo di insurrezione attuato a Washington il 6 gennaio di un anno fa, quando migliaia di manifestanti contestarono il risultato delle presidenziali che videro Trump sconfitto e Joe Biden eletto alla Casa Bianca e centinaia entrarono armati in Campidoglio.

 

Quel che si scopre è che l'allora presidente «The Donald» aveva pianificato per giorni l'arrivo dei suoi sostenitori, che funzionari della Casa Bianca e organizzatori della marcia si scambiarono e-mail e messaggi compromettenti: «Non possiamo dirlo, ma il presidente ci chiederà di marciare sul Campidoglio», si legge in uno dei documenti emersi.

attacco a capitol hill

 

E infine che ventiquattrore prima dell'assalto Trump parlò almeno due volte, stando ai registri della White House, con l'ex ideologo della sua Amministrazione e del neopopulismo di estrema destra. E dopo quelle chiacchierate, Bannon si rivolse al suo pubblico.

 

«Tutto sta convergendo e noi siamo, come si dice, a un punto di attacco - spiegò nel suo show radiofonico, trasmesso durante l'audizione al Congresso - Vi dico questo: non succederà come voi pensate che possa succedere. Sarà straordinariamente differente - fu la previsione - e tutto quello che posso dirvi è: allacciate le cinture». L'indomani la folla inferocita, e in parte armata, fece irruzione al Congresso e minacciò perfino il vicepresidente Mike Pence.

assalto a capitol hill 1

 

In attesa del rapporto della Commissione, che sarà pubblicato probabilmente a settembre, anche questi tasselli possono contribuire a completare un puzzle che i detrattori di Trump sperano porti alla sua incriminazione, proprio adesso che l'ex presidente repubblicano intende annunciare la candidatura alla Casa Bianca per il 2024. Eppure la strada legale resta ancora incerta.

 

assalto a capitol hill 1

Quel che accade oggi, intanto, è che la rivelazione sulle conversazioni Trump-Bannon, arriva a pochi giorni dall'inizio del processo per oltraggio al Congresso contro Bannon, fissato per il 18 luglio. L'ex consigliere di Trump si è infatti rifiutato di rispettare il mandato di comparizione per testimoniare di fronte alla Commissione, salvo dire nei giorni scorsi di essere pronto a negoziare una sua testimonianza, preferibilmente con un'audizione pubblica, per tornare al centro dei riflettori e trasformare l'evento in uno show.

SCONTRO BANNON TRUMP

 

O forse anche nel tentativo di far rinviare l'inizio del processo, per il quale potrebbe essere condannato a multe o pene detentive. Trump, secondo il Washington Post, sarebbe pronto a rinunciare al privilegio esecutivo, cioè al diritto del presidente a mantenere segrete e confidenziali conversazioni, email e messaggi, se l'ex consigliere «riuscirà a raggiungere un accordo sui termini della sua eventuale testimonianza». La strana coppia dell'estrema destra americana sembra voler tornare in azione in contemporanea.

scontri a capitol hillauto si schianta contro le barriere a capitol hill 1capitol hilldonald trump

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…