fabrizio cicchitto

“QUANDO USCIRONO GLI ELENCHI DELLA P2 SPARARMI UN COLPO IN TESTA M’ERA PARSA L’UNICA SOLUZIONE. NON L’HO FATTO PER VILTÀ” - FABRIZIO CICCHITTO, SOCIALISTA E POI BERLUSCONIANO, SI RACCONTA IN UN LIBRO: “LA P2? LA PIU’ GRANDE CAZZATA DELLA MIA VITA. COSSIGA MI DISSE: “SE VOLEVI FARE AFFARI, AFFILIARSI AL GRUPPO DI GELLI ERA LA SCELTA GIUSTA; SE NON VOLEVI FARE SOLDI, ALLORA SEI STATO UN COGLIONE. IO GLI DISSI CHE ERO STATO UN COGLIONE” - "MORO? C’ERANO I MARGINI PER SALVARLO. QUALCHE SERVIZIO SEGRETO DELL’EST INTERVENNE PER ACCELERARE LA SENTENZA DI MORTE” – "L’ERRORE PIÙ GRANDE DI BERLUSCONI? L’AVER INVITATO PUTIN NEL SALOTTO BUONO DELLA GEOPOLITICA"

Tommaso Labate per il Corriere della Sera - Estratti

fabrizio cicchitto

 

Fabrizio Cicchitto, quando ha iniziato a fare politica?

«Nel 1944».

 

Com’è possibile? Lei nel 1944 aveva quattro anni.

«Avevamo una casa vicino a piazza del Popolo, a Roma; ci abitava mio nonno materno, uno dei due fratelli che aveva aperto il mitico caffè Rosati dopo aver litigato con un terzo fratello, a cui era rimasto il caffè Rosati di via Veneto. Di questa casa, avevo quattro anni, ricordo il costante rumore di passi che arrivava dalle mansarde, che in realtà dovevano essere disabitate.

 

licio gelli

Era come se qualcuno, da sopra il soffitto, facesse avanti e indietro, camminasse. “Ma chi c’è di sopra?”, chiedevo a mia mamma. “Nessuno, nessuno”, rispondeva lei. Fino a che un giorno, dietro una porta, vidi un uomo che stava rintanato là dentro. Trovandosi davanti questo bambino, l’uomo portò l’indice alla bocca, facendo il segno del silenzio. Gli risposi allo stesso modo, con l’indice alla bocca, il segno del silenzio».

 

Chi era?

fabrizio cicchitto cover

«Un signore ebreo che mia mamma, mio nonno e gli altri condomini nascondevano in soffitta. Quando seppe che l’avevo visto, mia mamma mi indicò dal balcone un soldato tedesco di stanza al ministero della Marina Mercantile, che stava a qualche centinaio di metri da casa. “Il signore che sta di sopra sta scappando da questo criminale”».

 

Come andò a finire?

«Andò a finire che un giorno, rientrati da Villa Borghese dove mi portavano a giocare, attorno a casa trovammo un gran trambusto. Qualcuno aveva fatto una soffiata ai nazisti, che avevano trovato e portato via il signore della soffitta. Ricordo le lacrime di mia mamma e nitidamente la frase che ripeteva, urlando: “Mi vergogno di essere italiana”. Di quel signore ovviamente non sapemmo più nulla, anche se purtroppo è facile immaginare la fine che fece. Di me so che in fondo faccio politica da quel giorno. Ed è per quell’esperienza che sono sempre e comunque a favore di Israele».

 

(...)

aldo moro

Lei ha appena pubblicato con Baldini+Castoldi Controcorrente. Una storia liberalsocialista, una sorta di controstoria del Novecento concentrata sui partiti della sinistra. Ha già pronto un altro volume, tutto sui socialisti.

«La storia del mio partito, il Partito socialista, è lastricata di errori».

 

Il più importante?

«Forse quello compiuto da Nenni subito dopo il grande successo dei socialisti alle elezioni del 2 giugno del 1946, quando arrivarono davanti al Pci. Invece che continuare su quella scia, si scelse la strada del Fronte popolare coi comunisti, che alla lunga finì per essere la fortuna della Dc e del Pci».

 

Lei venne eletto deputato col Psi nel 1976, nella VII legislatura, la più tragica della storia repubblicana, quella del caso Moro.

«Un pomeriggio Craxi mi chiamò nella sua stanza, al partito. “Leggi qua”, mi disse passandomi un foglio. Era la lettera che gli aveva indirizzato Moro dalla prigionia».

«Caro Craxi, (...) sono qui a scongiurarti di continuare ed anzi accentuare la tua importante iniziativa»: la trattativa per salvarlo, in opposizione alla fermezza di Dc e Pci.

cicchitto rinalduzzi foto mezzelani gmt47

«Craxi era scosso, l’aveva appena letta. All’improvviso scoppiò in lacrime. Ricordo che mi disse: “Noi non siamo democristiani o comunisti.Noi dobbiamo salvare quell’uomo”».

 

Secondo lei, i margini per salvare Moro c’erano?

«C’erano, eccome. Tutta la colonna romana delle Br, da Morucci alla Faranda, quindi quelli che erano più vicini al mondo dell’Autonomia operaia, avevano compreso che per abbattere il sistema Dc-Pci c’era una sola strada: liberare Moro. In Mario Moretti c’erano invece altre valutazioni: per lui, nella formula partito armato, l’aggettivo contava più del sostantivo. E secondo me è abbastanza ovvio che qualche servizio segreto dell’Est, a un certo punto, intervenne per accelerare la sentenza di morte».

 

Cicchitto, come ci è finito nell’elenco della P2?

fabrizio cicchitto silvio berlusconi

«Facendo la cazzata più grande della mia vita. Quando vennero fuori gli elenchi, Cossiga, che mi era amico, mi disse: “Se volevi fare affari, affiliarsi al gruppo di Gelli era la scelta giusta; se non volevi fare soldi, allora sei stato un coglione”».

 

Lei?

«Gli dissi la verità. Che ero stato un coglione».

 

Ma perché iscriversi?

«Iniziarono a girare voci su un mercato di informazioni e confidenze che riguardava il mondo socialista, con qualcuno dei nostri che era sospettato di trafficare con gente poco affidabile dei servizi.

 

bettino craxi

Proprio in quel periodo, iniziai a sentirmi spiato. Feci venire in ufficio un tecnico della Sip di cui avevo piena fiducia, un socialista della corrente lombardiana lontano dai maggiorenti del Psi, che erano tutti craxiani; e, analizzando gli apparecchi, scoprì che effettivamente c’erano una serie di derivazioni che portavano tutte a una stanza. Quindi è vero: insieme ad altri, ero spiato».

 

Chi la spiava?

«Non glielo dirò mai».

 

(...)

 

fabrizio cicchitto foto di bacco (2)

Ma perché affidarsi alla P2?

«Mi avevano detto che era una sorta di club di persone autorevoli, con legami coi grandi giornali. Sentendomi sotto attacco, reagii affiliandomi a quel club».

 

E quando scoppiò l’inchiesta?

«Un inferno a cui reagii autoisolandomi da tutto, per anni. Se sono ancora vivo oggi, è solo grazie alla mia viltà».

 

In che senso?

«Nel senso che spararmi un colpo in testa, per un certo periodo, m’era parsa l’unica soluzione. Non l’ho fatto per viltà. Quindi la viltà mi ha salvato la vita».

 

Come ha retto all’onda d’urto dell’autoisolamento?

«Anche grazie a Emanuela (Pavoni, ndr ), che poi nel 1996 è diventata mia moglie».

 

Che lavoro fa sua moglie?

«La psicologa».

 

abrizio cicchitto durante i funerali di stato di arnaldo forlani

Come approdò in Forza Italia?

«Conobbi Berlusconi alle riunioni preparatorie dell’Udr, il partito di centro che Cossiga stava mettendo in piedi nel 1998. A un certo punto, Francesco mi disse che l’obiettivo era portare a Palazzo Chigi Massimo D’Alema; perché, cito lui, soltanto un ex comunista poteva portare il governo italiano a intervenire militarmente in Kosovo. A quel punto, i socialisti che partecipavano a quelle riunioni si avvicinarono a Berlusconi. Parlo di me, Gianni De Michelis, Margherita Boniver, Renato Brunetta, Maurizio Sacconi...».

 

Gli inizi col Cavaliere?

«Ci trovavamo alle 7 di mattina a Palazzo Grazioli a compilare il Mattinale, quella super rassegna stampa ragionata che nasceva da un’intuizione di Paolo Bonaiuti. In quelle riunioni nasceva la linea di Forza Italia: analizzavamo anche i discorsi di Berlusconi, evidenziavamo i punti che a nostro dire andavano rivisti...».

 

cicchitto rinalduzzi foto mezzelani gmt 002

Berlusconi accettava le critiche?

«Capitava che gli dicessimo “qua hai scritto una cazzata!” e che lui condividesse e si comportasse di conseguenza».

 

Il pregio più grande del Cavaliere, secondo lei?

«L’aver salvato la democrazia nel 1994, scendendo in campo. Altrimenti saremmo finiti nelle mani delle procure e degli ex comunisti».

 

L’errore più grande?

«L’aver invitato Putin nel salotto buono della geopolitica mondiale. Berlusconi era convinto, così facendo, di attrarre la Russia nella sfera occidentale; Putin, in realtà, perseguiva già da allora il mito della Grande Russia plasmata su un modello autoritario in cui si fondevano, e si fondono, zarismo e Kgb».

 

Qualcuno lo metteva in guardia dal pericolo Putin?

«Io e Capezzone, stop. Ma su questo non ci filava nessuno».

FABRIZIO CICCHITTO - UN GIORNO DA PECORA

 

Poi lei e Berlusconi rompeste nel 2013 sulla scelta di uscire dalla maggioranza del governo guidato da Enrico Letta dopo la decadenza del Cavaliere dal Senato.

«Gli dissi che, secondo me, se avesse abbandonato il governo di unità nazionale a seguito di una condanna penale, ecco, sarebbe passato per essere il nemico del popolo che non era. Lui preferì ascoltare i suggerimenti di Denis Verdini e della Santanchè, il gruppo dei falchi che gli consigliò la rottura totale».

 

L’ultima volta che vi siete visti?

«In quell’occasione. Quando gli feci presente che la sua linea di far uscire Forza Italia dalla maggioranza non la condividevo. Le strade si separavano».

fabrizio cicchitto foto di bacco

 

Vi lasciaste male?

«Al contrario. Ci abbracciammo pure».

 

Per chi voterebbe oggi?

«Oggi avrei delle grandi difficoltà. Alle politiche del 2022 ho votato per il Terzo Polo, che però oggi non c’è più».

 

Meloni non le piace?

«È di gran lunga la migliore del suo schieramento. Che però ha al suo interno tendenze filo Putin e anche filo Trump, che non fanno per me. Comunque, l’ora della verità sarà il suo atteggiamento sull’Ucraina».

fabrizio cicchitto foto di bacco (8)fabrizio cicchitto foto di bacco

 

Schlein?

«Per carità, una radical-chic americana. La mia speranza è che venga fuori una nuova generazione che recuperi per davvero i valori storici del liberalsocialismo».

 

Oggi è più anti-comunista o anti-democristiano?

«Forse anti-comunista. I democristiani non ci sono più. Purtroppo».

fabrizio cicchitto foto di bacco (1)fabrizio cicchitto foto di baccofabrizio cicchitto vittorio sgarbi foto di baccocossigaaldo moro 2margherita boniver fabrizio cicchitto foto di baccofabrizio cicchitto foto di bacco (9)fabrizio cicchitto foto di bacco (7)fabrizio cicchitto foto di bacco (6)fabrizio cicchitto foto di bacco (5)fabrizio cicchitto beatrice lorenzin roberto speranza foto di bacco

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?