nicola zingaretti luigi di maio

“ZINGARETTI VUOLE FAR CADERE IL GOVERNO?” - DI MAIO HA CAPITO CHE LE PROPOSTE DEL PD DI APPROVARE LO IUS SOLI E SMANTELLARE I DUE DECRETI SICUREZZA SONO UN CETRIOLO INFILATO NELLE CREPE DELLA MAGGIORANZA: “STANNO FACENDO CAMPAGNA ELETTORALE PER L'EMILIA ROMAGNA SULLA PELLE DEL GOVERNO” - PERCHÉ LÌ, IN CASO DI SCONFITTA, ZINGARETTI PERDEREBBE ANCHE LA GUIDA DEL PARTITO…

Marco Conti per “il Messaggero”

 

zingaretti di maio

La maggioranza è sfilacciata e l'opposizione, dopo aver accusato il colpo dovuto alla nascita del nuovo governo, ha ripreso a correre. Ora c'è da attendere il varo della manovra di bilancio, le feste di Natale e, forse, le elezioni in Emilia Romagna, ma dopo tali appuntamenti per i leader della maggioranza è impossibile non tornarsi a guardare negli occhi per capire le intenzioni di ognuno e se ci sono ancora le condizioni per andare avanti. Da Bologna sono arrivate ieri serie bordate.

 

LE ALTRE

Nel Pd l'insofferenza è crescente e molti dei leader a suo tempo poco inclini al Conte2, hanno ripreso a picchiare e fanno proseliti. Ieri Nicola Zingaretti ha annunciato che il Pd lavora «ad una nuova agenda» di governo dentro la quale ha messo la riforma fiscale, la revisione dei decreti sicurezza di Salvini e lo ius culturae. Luigi Di Maio ha prima replicato con l'argomento del «ci sono ben altre priorità», salvo poi spiegare che «siamo al governo per governare e non per lanciare slogan o fare campagna elettorale».

bonaccini

 

Nelle parole del segretario dem c'è sicuramente una quota di propaganda, ma visto ciò che il Nazareno si gioca in Emilia Romagna, forse Di Maio sottovaluta la tensione esistente nel partito alleato. Ieri il Pd, spinto dalle sardine di piazza Maggiore, ha provato a reagire da un lato all'iniziativa di Renzi e dall'altro strigliando un alleato al quale rimprovera soprattutto la difficoltà che ha al proprio interno a fare sintesi sull'ex Ilva o su Alitalia, sullo Ius culturae come sulle alleanze nei territori.

 

Il presidente del Consiglio Conte, lavorando a stretto contatto con la pattuglia dei ministri dem guidati da Dario Franceschini, si è accorto da tempo della tensione e una settimana fa, intervistato dal Fatto, ha lanciato l'idea di una sorte di conclave della maggioranza da fare subito dopo l'approvazione della legge di Bilancio. Nel presidente del Consiglio è forte la consapevolezza che «così non si possa andare avanti a lungo». Anche perché il senso di precarietà della maggioranza rafforza soprattutto la Lega che può coltivare la speranza, e la narrazione, di un suo ritorno a breve al governo.

di maio conte

 

Alla Farnesina c'è chi è convinto che «lo Ius culturae» sia la zeppa che Zingaretti intende mettere alla legislatura anche a costo di andare ad elezioni anticipate con il vecchio Parlamento e la stessa legge elettorale. Un argomento che fa leva sui dubbi che il segretario del Pd aveva ad agosto nel permettere al suo partito di andare al governo senza passare prima dalle urne.

 

Ma lo scenario è ora mutato e Zingaretti, come Paolo Gentiloni - altrettanto critico nei confronti di chi governo cercando di piazzare «bandierine» - ragionano sulla legislatura tentando di evitare che per il Pd si ripeta un po' la sorte delle legislature 1996-2001 e 2013-2018: tre governi a legislatura e, dopo, due sonore sconfitte.

 

zingaretti di maio

Nel M5S la minaccia del voto anticipato sembra ancora funzionare ed è in grado ancora di calmare gli spiriti più bollenti. «Siamo stati al governo un anno e mezzo con chi voleva far saltare il governo e abbiamo visto come è finita», sosteneva ieri sera con i suoi il leader del M5S che in questo modo mostra di esser convinto che dopo il governo-Conte possa esserci ancora un'altra maggioranza per arrivare in fondo alla legislatura.

 

Il referendum sul taglio dei parlamentari - che i grillini intendono sottoscrivere a fine dicembre - è per il M5S un buon motivo per arrivare sino a giugno in modo da trovarsi poi a ridosso della nuova legge di bilancio. Una strategia un po' da apprendisti stregoni che permette ai parlamentari di assicurarsi un altro anno di legislatura e di sentirsi ancor un po' più liberi di trattare per il dopo.

NICOLA ZINGARETTI E LUIGI DI MAIO BY CARLI

 

D'altra parte dopo il varo di quella che una volta si chiamava legge finanziaria, l'agenda del governo è tutta da scrivere, specie se si escludono le emergenze (da Alitalia all'ex Ilva). Anche l'intesa sulla legge elettorale langue, mentre sulla prescrizione e la riforma della giustizia (unico argomento che compatta di grillini), l'intesa con il Pd e l'Italia Viva di Renzi, è lontanissima. Consapevole dei rischi che corre soprattutto la sua leadership di governo, Conte prova a reagire esponendosi di persona su tutte le questioni più complesse, ma è costretto ogni volta a guardarsi dal fuoco amico destinato ad infittirsi con il nuovo anno.

 

2 - MA È SCONTRO CON IL M5S IL TIMORE DI DI MAIO: VUOLE FAR CADERE IL GOVERNO

Federico Capurso per “la Stampa”

 

LUIGI DI MAIO CON LA VANGA PIANTA UN ALBERTO A CASORIA

«Vuole far cadere il governo», reagisce Luigi Di Maio quando gli vengono riferite le proposte di Nicola Zingaretti lanciate dal palco di Bologna: approvare lo ius soli, smantellare i due decreti Sicurezza partoriti dal vecchio esecutivo gialloverde. Emerge il sospetto - nei ragionamenti di Di Maio con i suoi - che il segretario del Pd stia facendo «campagna elettorale per l' Emilia Romagna sulla pelle del governo».

 

Perché lì, in caso di sconfitta, Zingaretti perderebbe anche la guida del partito. «Ma se invece vuole un governo di sinistra, allora il governo cade», ragiona uno dei dirigenti M5S. E questo è un messaggio che arriva rapidamente alle truppe, perché qualcuno teme - intorno al capo del M5S - che Zingaretti voglia aizzare contro Di Maio quelle anime grilline di sinistra che su Ius Soli e decreti Sicurezza sono allineate ai dem.

 

FOTOMONTAGGIO – LUIGI DI MAIO NICOLA ZINGARETTI

Il filo della paura, dunque, non è in mano al solo segretario del Pd. Si intreccia invece ai pensieri di entrambi i leader di governo. Non è un caso che Di Maio sia tornato per il fine settimana nella sua Campania, tra Salerno, Acerra, Pomigliano: da lì, tra gli attivisti e i piccoli bagni di folla che raccoglie nei bar, intende far partire il percorso di ricostruzione della propria leadership. Un tour delle regioni, a riannodare il rapporto con quelli che un tempo erano i meetup, che dovrebbe durare almeno un anno.

 

LUIGI DI MAIO CON LA VANGA PIANTA UN ALBERTO A CASORIA

E nel frattempo, si prepara a una possibile campagna elettorale in primavera, indurisce i toni, chiede agli alleati «chiarezza» e «basta con gli slogan». Ma se il governo cadrà dopo l'Emilia Romagna, anche i vertici pentastellati più fedeli al capo sono convinti che Di Maio dovrebbe dimettersi. E questa volta, senza ricorrere alla ciambella di salvataggio di un nuovo voto online degli attivisti su di sé, come era accaduto dopo il risultato catastrofico delle Europee.

 

Gli sherpa di governo, infatti, sono al lavoro. La voce che viene veicolata con insistenza dai 5s in Parlamento - e di cui il premier Giuseppe Conte sarebbe uno sponsor - è che «se anche il Pd perderà in Emilia Romagna, il governo andrà avanti». E all'insegna di questo spirito di conservazione, tra i dem in area Franceschini - dove si ha il polso degli umori del grosso delle truppe Pd -, si darebbe spago alla suggestione: «Se perderemo, dovrà dimettersi Zingaretti da segretario. L'esecutivo, invece, non cadrà automaticamente, anche se dovremo parlarne».

GOVERNO CONTE BIS BY TERRE IMPERVIE

 

Sulla sponda del Movimento, però, restano le preoccupazioni più forti. Perché nessuno è pronto a tornare al voto. E al di là dei toni duri con i quali sono state respinte le proposte di Zingaretti, si ragiona sugli angoli da poter smussare. Lo ius soli nel Movimento è largamente osteggiato e la possibilità che venga approvato è rasente allo zero, ma «sullo ius culturae, ad esempio, si può aprire un confronto, magari più in là», sostengono fonti di primo piano dei Cinque stelle. E lo stesso vale per i decreti sicurezza partoriti dai leghisti, per i quali si sostiene la volontà di modificarli seguendo le indicazioni fornite dal Colle, «ma non di cancellarne la ratio, come vorrebbe Zingaretti».

 

Anche sul memorandum per la Libia, di fronte alle richieste di affossarlo, avanzate da Leu e da una parte del Pd, i 5S propongono di migliorare le condizioni dei migranti e assicurare il rispetto dei diritti umani. «Se però continuiamo a dividerci così - dicono -, facciamo solo un favore a Salvini». E infatti, poco dopo, il leader della Lega twitta: «Siamo pronti a dare battaglia, dentro e fuori il Parlamento, per fermare lo Ius Soli ed evitare che si cambino i decreti Sicurezza».

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...