mario draghi olaf scholz lucio caracciolo

LA LOCOMOTIVA TEDESCA SI È INCEPPATA, E ANCHE L'ITALIA RIMANE A PIEDI – LUCIO CARACCIOLO: “LA CRISI TEDESCA CI COLPISCE IN FRONTE. BERLINO GARANTISCE IL DEBITO ITALIANO. PER DIVERSI MOTIVI, TRA CUI SPICCA L'INTERESSE DELL'INDUSTRIA GERMANICA A SALVAGUARDARE L'INTERDIPENDENZA CON I PARTNER DEL NOSTRO NORD. INFINE, GERMANIA E ITALIA  SONO IN EUROPA I PAESI CHE RIVELANO IL MASSIMO DISLIVELLO FRA VOLUME DELL'ECONOMIA E CREDIBILITÀ DELLO STRUMENTO MILITARE. LA NOSTRA DIFESA DIPENDE DALL'AMERICA, TUTTO IL RESTO È FUFFA...”

Lucio Caracciolo per “La Stampa”

 

lucio caracciolo foto di bacco

Il nostro futuro dipenderà in decisiva parte da tempi e modi con cui la Germania uscirà dalla crisi strutturale in cui è finita causa invasione russa dell'Ucraina. Il cancelliere Olaf Scholz fu rapido nel cogliere il cambio di paradigma, classificato "svolta epocale" ("Zeitenwende").

 

Davanti al parlamento plaudente Scholz annunciò il 27 febbraio un fondo di 100 miliardi per rinsanguare le Forze armate tedesche, disarmate alla fine della guerra fredda, e lo stanziamento di una somma annua pari almeno al 2% del pil per la Bundeswehr, ciò che farebbe della Germania il terzo paese al mondo per investimenti militari. Salto quantico per l'autoproclamata "potenza di pace".

 

OLAF SCHOLZ

Dalle parole ai fatti - a parte l'annunciato acquisto di caccia F-35 dall'America - il passo si annuncia lungo. Soprattutto per carenza di cultura strategica. Dopo decenni di diffuso benessere e stabilità economica in cui la massa della popolazione si cullava nell'illusione della "Grande Svizzera", placida assuefazione alla "fine della storia", la scossa bellica ha colto Berlino con la guardia bassa. Quasi più dell'Italia.

 

A differenza del nostro paese, la Germania era però leader di fatto in ambito europeo. Ci si poteva attendere che il governo tedesco indicasse la linea d'emergenza ai soci comunitari.

 

Dopo sei mesi, non se ne vede traccia. Perché Berlino stessa brancola nel buio, all'insegna del "domani si vedrà". Nell'eterogenea famiglia euro-atlantica ognuno naviga a vista. Nessuno si attende che Scholz, il cancelliere meno carismatico della storia tedesca, abbia idea della rotta migliore. Altro che locomotiva Germania.

vladimir putin angela merkel

 

I vagoni europei giacciono in binari morti o seguono traiettorie erratiche. Poiché gli Stati Uniti hanno altre priorità, a cominciare dal caos di casa e dalla sfida sempre più calda con la Cina, l'assordante silenzio germanico suona allarmante. Mentre la guerra d'Ucraina non accenna a spegnersi, l'unica "strategia" risulta dalla sua mancanza: rinvio o improvvisazione.

 

In questo semestre bellico sanzioni e controsanzioni hanno incrinato i muri portanti dell'edificio tedesco.

 

nord stream

Anzitutto hanno confermato che la faglia dell'Elba resta profonda, visto lo iato fra l'atteggiamento antirusso dominante nella Bundesrepublik originaria e le persistenti corrività verso Mosca nell'opinione pubblica e nei governi di alcuni Stati dell'ex DDR.

 

L'assimilazione fallita degli Ossis al canone Wessi getta più di un'ombra sulla capacità della Germania di produrre quella strategia nazionale cui il ministro degli Esteri Annalena Baerbock si sta dedicando e che certamente consisterà in elenco di vaghi quindi commendevoli propositi. Resta la speranza che nei segreti armadi dei veleni giacciano progetti seri e attuabili.

 

annalena baerbock

Poi la gravissima crisi energetica. La guerra è scoppiata alla vigilia dell'inaugurazione del gasdotto Nord Stream 2, deputato raddoppiare il flusso di gas russo verso la Germania via Mar Baltico, anche per aggirare l'Ucraina.

 

Qualcuno a Berlino spera che la guerra finisca presto in modo da attivare quel tubo. Ma fra ricatti di Gazprom e vertiginoso aumento del prezzo del gas, per ora tutto inclina verso la rottura dell'interdipendenza energetica fra Germania e Russia, avviata mezzo secolo fa, in piena guerra fredda, da Brandt e Breznev.

 

RUT BRANDT - LEONID BREZNEV - WILLY BRANDT

Il modello energetico tedesco dev' essere rivisto da cima a fondo. In tempo di emergenza l'agenda verde può attendere. Ma il conto per l'economia tedesca, e di conseguenza europea, s' annuncia salato. Anche perché Berlino e soci nordici si oppongono al tetto sul prezzo del gas proposto da Draghi.

 

Ancora, la tensione fra Cina e Stati Uniti e la crisi del modello economico cinese colpiscono la relazione speciale Berlino-Pechino. La Repubblica Popolare è mercato primario per la Germania, ma anche test della bislacca teoria per cui commerciando con un paese autoritario lo apri alla democrazia (Wandel durch Handel).

 

draghi scholz

Ovvero conferma che il commercio serve a commerciare, per cambi d'identità altrui servono altre chirurgie, come tedeschi, italiani e giapponesi hanno sperimentato sulla propria pelle. La crisi del modello Germania ci colpisce in fronte. Berlino garantisce il debito italiano. Per diversi motivi, tra cui spicca l'interesse dell'industria germanica a salvaguardare l'interdipendenza con i partner del nostro Nord.

 

Ciò fra l'altro ci consente di fregiarci del titolo di "seconda manifattura d'Europa", più correttamente "l'altra faccia della prima". Non un vitalizio. Vedremo come questo clima influirà sulle decisioni riguardo la revisione del patto di stabilità e crescita (sic). Infine, Germania e Italia, nell'ordine, sono in Europa i paesi che rivelano il massimo dislivello fra volume dell'economia e credibilità dello strumento militare.

mario draghi olaf scholz emmanuel macron sul treno per kiev

 

Le chiacchiere sulla difesa europea, mai molto al di sopra dello zero, si confermano tali via dure repliche della storia. La nostra difesa dipende dall'America, tutto il resto è fuffa. Preferiremmo non dover scoprire quali sono i limiti che gli americani pongono a sé stessi nella disponibilità a morire per noi.

olaf scholz mario draghi olaf scholz mario draghi

olaf scholz contestato

voldymyr zelensky emmanuel macron vladimir putin angela merkel 1putin merkelangela merkel alla tomba del milite ignoto di moscaIL VIAGGIO IN UCRAINA DI DRAGHI, MACRON E SCHOLZ BY OSHO

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”