daniele franco di maio tria

DI MAIO SA BENE CHE IL MINISTRO TRIA E’ INAMOVIBILE, BLINDATO COM’E’ DA MATTARELLA. ECCO PERCHE’ E’ PARTITA LA CACCIA AI TECNICI DEL MEF - NEL MIRINO E’ FINITO IL RAGIONIERE DELLO STATO, DANIELE FRANCO: "FA RESISTENZE SUL BILANCIO" - I GRILLINI LAMENTANO UNA TOTALE “ASSENZA DI COMUNICAZIONE”, RIUNIONI DISERTATE E SORDITÀ ALLE RICHIESTE DI SPIEGAZIONI - DI MAIO E CONTE ANNUNCIANO PER IL 2019 UN REPULISTI AL MEF - ECCO CHI RISCHIA DI SALTARE E IL DAGOREPORT SU TRIA, LA MANOVRA E IL RUOLO DI GRILLO

GIOVANNI TRIA

1 - DAGOREPORT

Di Maio sa benissimo che il ministro Tria è inamovibile, blindato da Mattarella, con l’appoggio  di Savona che lo indicò a Salvini dopo la bocciatura quirinalizia. Ma l’ex bibitaro del San Paolo ha bisogno urgente di dare al suo elettorato, diviso tra governisti e attivisti, un segnale forte al limite dell’offesa (“Tria trovi i soldi, sia serio”). Così eventuali promesse elettorali, se saranno mantenute, saranno merito suo.

 

LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE

Da parte sua il limite imposto da Bruxelles del 1,6% di deficit, Tria lo supererà con una forbice che va dal 2 al 2,2% per poi scendere a trattativa. Intanto, il ministro del Tesoro sta aspettando i conti della Ragioneria di Stato per vedere quali possono essere i tagli e i risparmi da fare. Al prossimo consiglio dei ministri del 24 settembre, con Di Maio che tornerà dalla gita in Cina, Tria sarà in grado di poter finalmente scoprire le carte.

 

Possiamo già ora prevedere che tutte le promesse elettorali ci saranno, ma spalmate come Nutella nei prossimi anni (ciao core). Per quanto riguarda il Reddito di cittadinanza si troverà una soluzione aumentando di qualcosa il renziano Reddito di inclusione.

 

giuseppe conte giovanni tria

In questo bel casino, Grillo e Casaleggio sono scomparsi. Si sono dati appuntamento, per commentare la finanziaria, il 27 settembre. A quel punto ci sarà un riassetto all’interno del Movimento. Dove i 5stelle hanno governato e governano, i sondaggi li danno in discesa: a Roma perderebbero l’8%, a Torino il 10%. Appendino col suo pasticciaccio olimpico (prima no, poi sì, poi scaricata dal suo stesso governo), Raggi con gli altri innumerevoli pasticci. Le due donzelle hanno dimostrato che non sono in grado di governare nemmeno un condominio.

LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE

 

Di Maio deve cominciare a combattere quello che lui teme veramente, il quartetto formato da Conte, Tria, Savona e Mattarella. L’ex direttore generale di Bankitalia è totalmente d’accordo con il suo allievo Tria. Supportato costantemente da Mattarella, Conte, da cartonato comincia a tirare cartoni: se devo assumere responsabilità (dal Consiglio Europeo al G7) ho anche delle prerogative. Dopo aver abbozzato sul caso Rocco Casalino, imposto come portavoce vanesio da Di Maio, per il ruolo di Segretario generale della presidenza del Consiglio ha scelto autonomamente Roberto Chieppa, pura espressione dell’establishment (era all’Antitrust).

 

MOAVERO DI MAIO SALVINI CONTE MATTARELLA

Ora Conte si è impuntato per la scelta del commissario per il ponte di Genova. I vicepremier si sono opposti. Risultato: i commissari saranno due, uno per Conte, uno per i pentaleghisti. Il premier pensa a un avvocato che conosca bene le regole, visto che Autostrade ha il coltello dalla parte del manico: revocare la concessione ai Benetton sarà durissima e finirà con un compromesso destinato a far infuriare i grillini che avevano bevuto le parole di Di Maio (“via la concessione”).

 

2 - M5S, NEL MIRINO I TECNICI DEL TESORO "VIA IL RAGIONIERE DELLO STATO"

Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

DANIELE FRANCO

Ogni giorno ha il suo nemico. E visto che le minacce del vicepremier Luigi Di Maio al ministro dell'Economia Giovanni Tria non sembrano aver sortito alcun effetto sull'ex economista di Tor Vergata, il mirino si sposta su bersagli più abbordabili. Tecnici, funzionari, dirigenti del Mef: quelli che i grillini considerano la cintura di protezione di Tria e che chiamano quasi con disprezzo la «tecnostruttura».

 

Un nome è in cima al libro nero degli uomini di Di Maio al governo: si tratta di Daniele Franco, il Ragioniere dello Stato. È l'uomo che stringe tra le mani il cuore della spesa, che ha responsabilità su bilancio di previsione e rendiconto generale dello Stato, tiene la contabilità e vigila sulle uscite. Il terminale politico al Tesoro per i 5 Stelle dovrebbe essere il viceministro Laura Castelli, occhi e orecchie di Di Maio all' interno di via XX Settembre.

 

giuseppe conte 1

I grillini lamentano una totale «assenza di comunicazione», riunioni disertate e sordità alle richieste di avere spiegazioni nel dettaglio sul bilancio. Si sentono tagliati fuori, come è stato riferito anche al premier Giuseppe Conte, perché, dicono, Franco «si è negato ai tavoli e non sta condividendo le prime bozze sulla legge di Stabilità».

 

La reazione non può essere più dura. Di Maio e Conte annunciano per il 2019 un repulisti di chiunque al Mef «abbia opposto resistenza al cambiamento». A partire da Franco, prorogato lo scorso luglio e in scadenza a fine anno, una lunga carriera in Bankitalia e da sempre poco amato dal Movimento.

 

luigi di maio

Al suo posto, tra le previsioni che circolano, si fa il nome di Biagio Mazzotta, direttore generale delle Ragioneria. Ma la lista degli indesiderati del Tesoro è più lunga e coinvolge gli uffici a diretta collaborazione del ministero: ci sono Francesca Quadri e Glauco Zaccardi, dell' ufficio legislativo, e naturalmente Roberto Garofali, capo di gabinetto riconfermato per volere di Tria, al centro del primo scontro, a luglio, con grillini e leghisti intenzionati a silurarlo.

 

La trincea dell'1,6 per cento È una dichiarazione di guerra che a qualcuno ricorda le campagne di Matteo Renzi contro chiunque, del Tesoro, percepisse come un ostacolo sulla strada della rottamazione. Di Maio dice di non essere disponibile ad «aspettare due o tre anni per mantenere le promesse» e che «si attingerà a un po' di deficit», rinviando di un anno il problema del debito. Perché questo è il punto che Tria ha spiegato e rispiegato ai suoi interlocutori.

giovanni tria e claudio borghi

 

Solo restando all' 1,6 per cento del deficit l'Italia può garantire un punto in meno di debito. In via XX Settembre si dicono certi che Tria non mollerà. E la stessa impressione hanno al Quirinale, da dove il presidente Sergio Mattarella osserva le convulsioni del governo, convinto che il ministro garantirà la stabilità dei conti. «All' 1,6 per cento il governo non può fare nulla» spiega invece Castelli. È la prima vera ammissione pubblica. E arriva mentre dalla Cina Di Maio chiede nervosamente conferma sulle risorse individuate per il reddito di cittadinanza.

 

CONTE GIORGETTI

«Laura ci ha sempre detto che ci sono, spero che abbia ragione». Il viceministro del M5S lo ribadisce a chi le chiede del piano di 70 miliardi di coperture promesso dai grillini: «Per il reddito servono 10 miliardi, li otteniamo tagliando i sussidi ambientali dannosi». Il ruolo di Conte Nel giro di una settimana si capirà chi l' avrà spuntata e se prevarrà una logica di compromesso. Il 27 si deve presentare il Def. Dopo due giorni ad altissima tensione, i 5 Stelle si sono ritrovati più soli e hanno ripiegato su toni di tregua.

«Nessuno ha chiesto le dimissioni di Tria» giura Di Maio.

 

«Non risulta alcun documento in preparazione contro il ministro» dice Francesco D' Uva, capogruppo del M5S alla Camera, confermando «l' apprensione del gruppo» ma smentendo le indiscrezioni, che provenivano dai deputati, su una raccolta firme per convincere Tria a cedere sulle risorse necessarie al reddito di cittadinanza.

Intanto però D' Uva è stato improvvisamente ricevuto assieme al suo collega del Senato Stefano Patuanelli da Conte, «per rassicurazioni - confermano - sul reddito di cittadinanza».

 

PAOLO SAVONA GIANCARLO GIORGETTI GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI

«Si farà» promette il premier. Come? Gli chiedono a Salisburgo, al vertice informale dell' Ue. «Non ci impiccheremo ai decimali» svicola l' avvocato sul deficit, annunciando che sarà in prima linea a Bruxelles per cercare di strappare una maggiore flessibilità, magari arrivando a 1,8: «Faremo una manovra credibile per i mercati».

 

Nel giorno dei mediatori anche il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti cerca di riportare tutti alla calma: «Si può anche sforare il 2% ma non con provvedimenti di tipo demagogico per acquisire consenso». Si riferisce alle pensioni di cittadinanza, che secondo i calcoli della Lega farebbero sballare il sistema e non permetterebbero di ottenere Quota 100 a 62 anni di età, come vuole il Carroccio.

 

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....