mario draghi

MARIO, E ORA TACI - PREOCCUPATO PER LA TENUTA DEL GOVERNO, D'ORA IN AVANTI DRAGHI NON SI METTERÀ PIÙ NELLE CONDIZIONI DI RICEVERE DOMANDE SUL QUIRINALE, NÉ DI DOVER DARE RISPOSTE IN PUBBLICO SUL NOME DEL PROSSIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA - MANCANO DODICI GIORNI ALL'APERTURA DELLE URNE PER IL COLLE E MARIOPIO HA DECISO: SILENZIO TOTALE SULLA QUESTIONE, INABISSAMENTO PER RESTARE FUORI DAI RADAR…

Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

 

mario draghi

D'ora in avanti non si metterà più nelle condizioni di ricevere domande sul Quirinale, né di dover dare risposte in pubblico sul nome del prossimo Presidente della Repubblica. Mancano dodici giorni all'apertura delle urne per il Colle e Mario Draghi ha deciso: silenzio totale sulla questione, totale inabissamento per restare fuori dai radar.

 

C'è un mondo dietro a questa scelta. Di certo pesa il passaggio pubblico per spiegare il decreto Covid. Il premier aveva scelto di organizzare la conferenza stampa per provare a cancellare l'aria di smobilitazione che si respira nel governo. Era necessario difenderne l'azione. Il passaggio, però, è costato una scelta controversa, come quella di non replicare a domande sul Quirinale, tanto da spingerlo a distinguere tra quesiti «accettabili» e non.

 

draghi

Ha provato a schivare, scontrandosi però con un muro di interrogativi legittimamente sollevati dalla stampa. Il problema è che anche solo non rispondere rappresenta comunque una posizione. Genera interpretazioni pubbliche, lascia intendere la voglia di puntare al bersaglio del Colle e complica patti tra partiti. Determina conseguenze politiche. E così, la scelta maturata è ancora più radicale: scomparire dal dibattito pubblico - se non quello legato a misure di governo, ma possibilmente evitando passaggi come quello di lunedì - per evitare di intervenire sulla partita più delicata del Quirinale.

 

la conferenza stampa di mario draghi

Non per sempre, ovviamente, ma appunto per i prossimi dodici giorni. A spiegare questa ulteriore torsione c'è anche altro, però. Ad esempio la sensazione di dover difendere quello che esiste: un esecutivo nella pienezza delle sue funzioni. Draghi non ha rinunciato alle ambizioni quirinalizie, ma sente il peso del progressivo sfaldamento dell'area di governo, bombardata in particolare dalla Lega. Ieri Salvini ha di fatto chiesto un rimpasto: segnale evidente che la trattativa si complica. Anche perché il premier non accetterà che siano i partiti a dettar condizioni. Lascerà invece che siano i leader a litigare sul dossier Colle e stabilire il futuro del «nonno al servizio delle istituzioni».

 

la conferenza stampa di mario draghi 4

Anche, eventualmente, assumendosi la responsabilità di sprecare l'esperienza di questi mesi con un salto nel buio. Il premier è e resta preoccupato. Non solo perché rischia di frantumarsi l'unità nazionale. Ma perché i partiti, almeno fino ad ora, sembrano lontani da una soluzione. Se c'è un obiettivo di Draghi, è invece proprio quello di salvaguardare larghe intese, evitando uno scenario da "liberi tutti".

 

Il centrodestra, in particolare, sembra avvitarsi. Silvio Berlusconi ha stroncato le ambizioni di Draghi - almeno per il momento - e di questo l'ex banchiere non può che prendere atto. Ma al vertice delle segreterie si ragiona già sul bivio dei prossimi giorni: se il Cavaliere dovesse decidere un'uscita di scena indolore e "pacifica", allora sarà possibile arrivare a una scelta condivisa.

MARIO DRAGHI

 

Se invece la sua candidatura dovesse restare in campo e bruciarsi soltanto nelle urne, spaccando la coalizione moderata, allora lo scenario del caos sarebbe lì, a un passo. E d'altra parte, le segreterie sembrano paralizzate. Ieri Draghi ha incrociato al Senato per pochi attimi Matteo Salvini. I due si sono lasciati con un generico "ci vediamo presto", per discutere del caro-bollette. Non sarà comunque il premier a chiedere incontri. Né con Salvini, né con altri leader: accetterà però di vederli, se sollecitato. L'ora delle trattative decisive scoccherà la prossima settimana.

 

DRAGHI DI MAIO

Nel frattempo si intravedono scogli già capaci di inceppare alcune delle soluzioni immaginate. Fonti di maggioranza riportano l'indiscrezione di un primo stop imposto al nome di Giuliano Amato da parte dei vertici del Movimento Cinque Stelle e della Lega, che non avrebbero gradito il presunto attivismo di alcuni suoi sponsor. Il rebus, insomma, sembra più intricato che mai. Tanto da consolidare nell'esecutivo la convinzione che la scelta, alla fine, si potrebbe ridurre a due opzioni: Draghi, oppure un bis del Presidente in carica.

draghi brunetta

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