giorgia meloni enrico letta unione europea ue

MELONI E LETTA COME SANDRA E RAIMONDO – LA DUCETTA NON SI SCOMPONE ALL’IPOTESI (REMOTA) DI ENRICHETTO ALLA GUIDA DEL CONSIGLIO EUROPEO, NEL CASO IN CUI IL FAVORITO COSTA FOSSE BLOCCATO DA VETI E COLPI BASSI – DA PALAZZO CHIGI DICONO CHE È UNA PARTITA TUTTA INTERNA AL PSE E CHE NON INFLUISCE SULLA COMPLICATA TRATTATIVA PER LA COMMISSIONE – STORIA DEL RAPPORTO TRA GIORGIA E SOTTI-LETTA, CHE NEL 2022 SI FRONTEGGIARONO “CON LEALTA’”…

Estratto dell’articolo di Marco Galluzzo per il “Corriere della Sera”

 

GIORGIA MELONI ENRICO LETTA

Tutta la storia nasce da un pizzico di ingordigia. Da un’inchiesta giudiziaria portoghese ancora in corso. E anche dalla guerra in Russia. Possono sembrare gli ingredienti di un giallo, e invece sono i tasselli di una dialettica che è anche una partita a poker, per il rinnovo dei vertici della Ue.

 

Uno dei protagonisti è António Costa, ex premier portoghese, al momento ancora sicuro del fatto suo. Eppure qualcuno, almeno nel gruppo Socialista europeo, dove l’Italia ha un peso inferiore alla sua rappresentanza, ha fatto trapelare che il resto della storia potrebbe avere un protagonista diverso, l’ex premier italiano Enrico Letta.

 

GIORGIA MELONI ENRICO LETTA

Ovviamente stiamo parlando delle trattative per i cosiddetti top jobs, le 4 cariche di potere più ambite dell’Unione europea. Al momento esiste un consenso di massima sul bis di Ursula von der Leyen come numero uno, presidente della Commissione per un altro mandato. Su Costa invece, fra coloro che trattano per le tre famiglie politiche europee della maggioranza, Liberali, Popolari e Socialisti, si svolge una sorta di partita al rialzo, dove i distinguo corrispondono ad una richiesta raddoppiata degli altri.

 

Antonio Costa Silva

In questo vortice di incertezza, dove Costa viene considerato debole dai suoi detrattori per alcune posizioni non troppo nette nella condanna a Mosca, oltre che per un’inchiesta che ha coinvolto un politico suo omonimo (così dice lui), è emerso il nome di Letta, che per conto della Commissione si è già segnalato, di recente, per una consulenza di alto profilo e d’eccezione: disegnare il futuro economico, e le strategie per agguantarlo, dell’Unione.

 

È ovvio che in questo trambusto di voci, trattative e colpi bassi (il Ppe direbbe sì a Costa solo se durasse due anni e mezzo, e non cinque, come presidente del Consiglio europeo; sarebbe l’ingordigia di cui sopra), il nome di Letta sia arrivato anche a Palazzo Chigi.

Ma resterebbe a mani vuote chi cercasse una reazione negativa di Meloni. Per la premier la partita è e deve restare tutta interna ai Socialisti europei, che ai suoi occhi hanno già tante gatte da pelare, a cominciare dall’emorragia di voti che hanno subito in alcuni Paesi chiave.

 

ENRICO LETTA GIORGIA MELONI

Ma non solo, per la premier l’eventualità che Letta possa guidare il Consiglio europeo non ha alcun punto di intersezione con la partita che lei sta conducendo: i top jobs infatti non hanno un piano in comune con le deleghe dei Commissari. Dunque, eventualmente, nessun indebolimento dei nostri obiettivi. Persino Paesi come Malta vantavano due esponenti in ruoli diversi, sino a ieri: Roberta Metsola, che potrebbe essere riconfermata alla guida del Parlamento Ue (uno dei top jobs), e la commissaria europea Helena Dalli.

 

Ma esiste anche un risvolto che può sorprendere. Tutti ricordano la celebre battuta di Meloni prima delle elezioni, nel corso della campagna elettorale: lei e l’ex premier del Pd si trovavano spesso una a fianco dell’altro in dibattiti, presentazioni di libri, convegni.

Con un rapporto da avversari (e tra caratteri distanti: il misurato professore di Sciences Po e l’orgogliosa underdog), ma che l’attuale premier definì leale.

 

GIORGIA MELONI ENRICO LETTA

Insomma una relazione politica civile, pur fra competitor, tanto che Meloni disse di sentirsi «come Sandra e Raimondo», tornando con la memoria alla celebre coppia di attori che impersonavano marito e moglie inseparabili, ma in perenne litigio. Due avversari che si sono sempre rispettati (Letta è stato un applaudito ospite di Atreju) e cercati in campagna elettorale per polarizzare il duello.

 

[…]  Il ministro Crosetto dice che tutto gli sembra adatto solo a «un retroscena» di quotidiani. E la prima ministra danese, Mette Frederiksen, se saltasse Costa, avrebbe forse più chance di Letta. Insomma una storia tutta da scrivere, giovedì prossimo, al Consiglio europeo forse decisivo, se ne capirà di più.

antonio costa

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…