meloni macron scholz

LA MELONI RISCHIA DI FINIRE STRITOLATA DALLA TENAGLIA FRANCO-TEDESCA: LA PARTITA DEL GAS, NELLA QUALE L’ITALIA NON TOCCA PALLA, E’ SOLO L’INIZIOLE ANSIE DI DRAGHI E

DI MATTARELLA E IL GRANDE FREDDO TRA IL COMMISSARIO GENTILONI E IL MINISTRO CINGOLANI. IL PRIMO RITIENE IMPRATICABILE IL TETTO AL PREZZO DEL GAS, E L’ALTRO NON SI CAPACITA DI COME COSÌ POCA SPONDA IL SUO MINISTERO ABBIA TROVATO DALLA STRUTTURA DEL COMMISSARIO ALL’ECONOMIA...

Estratto dell’articolo di Valerio Valentini per “Il Foglio”

 

giorgia meloni

Roma. In fondo, più che una svolta è un ritorno alla prassi. Tutto come prima, come sempre: il che, a volere essere cinici, potrebbe preoccupare ben poco chi sta per lasciare Palazzo Chigi. E però quella rinnovata saldatura tra Berlino e Parigi – sul gas, certo, e non solo – si prefigura come una tenaglia che stringendosi sul governo che verrà metterà in difficoltà l’intero paese. E allora ecco che questa tettonica delle alleanze europee da cui Giorgia Meloni rischia di finire stritolata allarma chi, più di tutti, è garante degli interessi dell’Italia.

 

Per questo Sergio Mattarella, domani, intervenendo a Malta all’incontro dei capi di stato europei del gruppo Arraiolos, ricorderà – e si vedrà con che toni e che formule – la necessità di rifuggire ogni tentazione di autosufficienza in seno alla comunità del vecchio continente. 

 

(...)

olaf scholz emmanuel macron

E però, se la refrattarietà della Germania era prevista, quello che brucia è la ritrattazione francese, che dopo aver accompagnato l’Italia sul sentiero della critica a Berlino difende invece la scelta di Scholz – e il tutto per voce della stessa persona, e cioè il titolare dell’Economia Bruno Le Maire. Segno, forse, che le spiegazioni fornite da Lindner ai colleghi durante il summit hanno chiarito il senso della misura tedesca, se è vero che anche Daniele Franco ha raccomandato prudenza, di ritorno a Roma: perché in fondo quei 200 miliardi, spalmati sul 2022 e 2023, non sono poi gran scandalo rispetto agli oltre 60 spesi dall’Italia in questi primi nove mesi, se rapportati al pil dei due paesi. Ma più ancora dei dettagli, la sensazione diffusa a Palazzo Chigi è che a dettare il ripensamento francese sia stato proprio l’incontro tra Scholz e Macron.

 

GIORGIA MELONI

E allora si spiega anche la fatica che Roberto Cingolani ha dovuto fare, anche ieri, per tenere compatto il fronte degli stati membri che richiedono a Bruxelles una riforma del mercato del gas. Il confronto via Zoom con Robert Habeck, il più atteso, è stato positivo: le tre pagine di slide e commenti illustrate dal ministro della Transizione al suo omologo tedesco sono risultate convincenti, ma che da quel documento promosso dal Mite si arrivi a una effettiva proposta, da parte della Commissione, in vista del Consiglio europeo di venerdì, ce ne passa (e oggi proseguirà il lavoro diplomatico). Slanci rimasti a mezz’aria, dunque, quelli di Gentiloni e Cingolani, velleità che paiono frustrate e per certi versi perfino in contraddizione.

 

Perché è chiaro che proporre lo Sure nel giorno in cui si cerca di ottenere un primo consenso sul price cap dimostra quello che gli addetti ai lavori hanno sempre percepito: e cioè che i due, Gentiloni e Cingolani, poco si prendono, e che il primo ritiene impraticabile il tetto al prezzo del gas, e l’altro non si capacita di come così poca sponda il suo ministero abbia trovato dalla struttura del commissario all’Economia. E insomma c’è un motivo se Meloni, di fronte all’obbligo di indicare la strada da seguire, continua ad additarle tutte e nessuna.

 

sergio mattarella mario draghi

Riceve Cingolani e ne elogia il dossier; insiste perché si abbandonino i toni antifrancesi (“non più ostilità, ora parliamo di reciprocità”) e si cerchi un aiuto proprio in Gentiloni affinché sul piano europeo del RePower Eu, così come sulla possibilità di dirottare i fondi comunitari per la coesione sull’emergenza energetica, si ottengano aperture a Bruxelles. Infine si aggrappa alle parole di Draghi. Che dice l’ovvio, e cioè che “il Pnrr è un piano non del governo, ma dell’Italia, per cui tutti collaborino”; ma in quell’ovvio i dirigenti di FdI ci vedono una mezza parola di benevolenza. Sperando, intanto, che il treno franco-tedesco non sia già partito. Stavolta, senza l’Italia.

 

ROBERTO CINGOLANI gentiloni breton

Ultimi Dagoreport

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER? 

wang

DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI COL FAZZOLETTO ROSSO AL COLLO E ISCRITTA ALL’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI - YUJA WANG, LA STELLA PIU' LUMINOSA DEL PIANISMO CLASSICO, ENTRA IN SCENA STRIZZATA IN UN VESTITINO DI PAILLETTES CHE SCOPRE LE COSCE FINO ALL'INGUINE, TACCHI “ASSASSINI” E LA SCHIENA NUDA FINO ALL’OSSO SACRO. MA NON STIAMO ASSISTENDO ALLE SCIOCCHEZZE DA DISCOTECA DI CERTE “ZOCCOLETTE” DEL POP IN PREDA A SFOGHI DI TETTE, SCARICHI DI SEDERONI, SCONCEZZE DA VESPASIANO; NO, SIAMO NEL MONDO AUSTERO E SEVERO DEI CONCERTI DI “CLASSICA”: RACHMANINOFF, PROKOFIEV, MOZART, CHOPIN, CAJKOVSKIJ. MA ALLA WANG BASTA UN MINUTO PER FAR “SUONARE” LE COSCE DESNUDE METTENDOLE AL SERVIZIO DELLE EMOZIONI E DELL’INTERPRETAZIONE MUSICALE, CONFERMANDO IN PIENO LE PAROLE DI LUDWIG VON BEETHOVEN: “LA MUSICA È LA MEDIATRICE TRA LA VITA SPIRITUALE E LA VITA SENSUALE” - VIDEO