mattarella conte zingaretti di maio

MEMENTO GORI: QUANTO DURA ZINGARETTI? - LA MANO DEL COLLE SULLA TESTA DI FRANCESCHINI: MATTARELLA TEME CHE LA SITUAZIONE DEL PAESE GLI SFUGGA DI MANO E IMPONE LO STATUS QUO - MA GORI HA RAGIONE: SE ZINGA CONTINUA A SUPPORTARE CONTE, IL PD RISCHIA DI PERDERE LA SUA IDENTITA': “L’ACCORDO CON I 5 STELLE HA SPOSTATO IL NOSTRO BARICENTRO. ABBIAMO DIGERITO LA CANCELLAZIONE DELLA PRESCRIZIONE E IL DECRETO INTERCETTAZIONI, NON ABBIAMO RISOLTO I CASI ILVA, ALITALIA E AUTOSTRADE. SERVE UN CAMBIO DI MARCIA” - E CONTE GODE: I SUOI DUE ALLEATI DI GOVERNO SPACCATI E SENZA LEADERSHIP SONO UNA POLIZZA SALVA-POLTRONA PER PALAZZO CHIGI...

1 – Zingaretti e la sfida per la guida pd: adesso evitiamo di fare Tafazzi

Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”

 

NICOLA ZINGARETTI GIORGIO GORI

Nicola Zingaretti non è preoccupato per l' uscita di Giorgio Gori, che l' altro ieri ha proposto di dare una nuova leadership al Pd. Il segretario non teme di essere scalzato.

Semmai il suo assillo è un altro: «Non capisco - dice ai parlamentari a lui più vicini - perché si voglia minare l' unità del Pd, che non è mai stata così forte, con questi distinguo.

 

 Il Partito democratico si candida ad essere la prima forza politica del Paese ed è indispensabile in qualsiasi scenario, perciò evitiamo di fare i Tafazzi come al solito».

giorgio gori

 

Del resto, il segretario sa che gli ex renziani di Base riformista (la corrente del partito a cui appartiene, sebbene con le mani molto libere, il sindaco di Bergamo) non sono della partita.

 

«Gori non ha le truppe, perché quelle le abbiamo noi e comunque il congresso sarà tra tre anni», spiega uno dei leader di quella componente. Lo stesso Stefano Bonaccini (è il suo identikit, dicono, quello disegnato dal sindaco di Bergamo) non ha nessuna intenzione di scendere in campo adesso.

 

Il presidente della regione Emilia-Romagna si muove senza fretta perché sa che i tempi sono lunghi. A meno che le cose non precipitino, ma questo comporterebbe una caduta del governo Conte. Perciò Bonaccini lascia che altri (in questo caso Gori) alimentino la suspense sulla sua eventuale discesa in campo.

 

nicola zingaretti stefano bonaccini

Per ora il governatore dell' Emilia-Romagna si schermisce e ieri, nel corso di un' iniziativa in quel di Misano, si è limitato a dire: «Segretario del Pd? Io sono molto impegnato a fare il presidente della Regione e il presidente della conferenza delle Regioni. Il mio contributo al partito credo di averlo dato vincendo una sfida che anche a Roma quasi tutti davano per persa, dimostrando che dopo tante sconfitte non era vero che Salvini e la destra fossero invincibili».

 

LORENZO GUERINI GIUSEPPE CONTE

Insomma, Bonaccini non conferma, ma non nega. Però ci tiene a ricordare che nemmeno il Pd nazionale faceva affidamento sul suo successo. E sottolinea che la sua vittoria è arrivata dopo tante sconfitte del Pd.

 

Dice e non dice, il governatore dell' Emilia-Romagna. Ma ai fedelissimi confida: «Entrerò in campo solo quando ci sarà la partita».

 

zingaretti di maio

Ora però il terreno di gioco è un altro. Ed è quello familiare a Zingaretti, la cui preoccupazione è un' altra. A breve, cioè a settembre, si voterà in sei regioni e in diversi comuni. E presentarsi divisi, fanno presente al Nazareno, non è certo un buon viatico, tanto più che i Cinque Stelle stanno rifiutando di allearsi con i dem praticamente dovunque.

 

Unica eccezione potrebbe essere la Liguria, ma anche lì l' accordo non è ancora stato ratificato ufficialmente e ci sono dei problemi ancora aperti. Da Bergamo, però, Gori insiste. Spiega che il tema che intende porre va al di là della sola questione della leadership: «Il fatto è che ci vuole un salto di qualità. Non è più il tempo di elencare le riforme che andrebbero fatte, il Pd non può limitarsi a questo.

NICOLA ZINGARETTI GIORGIO GORI

 

Deve farle, le riforme, non enunciarle, e deve smontare quelle sbagliate del governo giallo verde. Ma per fare tutto ciò servono più coraggio e più decisione». Dal Nazareno, si preferisce fare finta di niente e lasciar rispondere a Gori soprattutto gli ex renziani, che con il sindaco di Bergamo hanno condiviso una parte significativa del loro percorso politico. Solo in serata da quel palazzo filtra un' annotazione maliziosa: «Alle ultime regionali, il 4 marzo del 2018, Gori si candidò in Lombardia e Zingaretti nel Lazio, il secondo vinse e il primo perse».

 

I terreni di gioco, per la verità, erano molto diversi e quella di Gori era indubbiamente una partita in trasferta. La voce dal sen del Nazareno fuggita però è interessante per un altro motivo: al Pd non tutti sono convinti che il sindaco di Bergamo stia veramente lavorando per Bonaccini, ma ritengono che Gori voglia scendere direttamente in campo. Oggi per guidare la minoranza interna del Pd, domani chissà.

 

 

NICOLA ZINGARETTI STEFANO BONACCINI

2 – GORI "CON QUESTO LEADER NESSUNA SVOLTA STIAMO PERDENDO LA NOSTRA IDENTITÀ"

Alessia Gallione per “la Repubblica”

 

È un «cambio di marcia» deciso, quello che invoca Giorgio Gori. Nel Pd, che considera troppo «accondiscendente» e «rassegnato» verso gli alleati 5 Stelle. Nel governo, dove vorrebbe vedere ministri Dem nei ruoli chiave per il lavoro e lo sviluppo.

 

cristina parodi giorgio goripremio e' giornalismo 2018 11

Per questo il sindaco di Bergamo ribadisce le critiche all'attuale linea del partito e indica la necessità di un congresso. Il prima possibile: «Perché in autunno potrebbe essere troppo tardi per salvare il Paese».

 

Che cosa non la convince dell'attuale leadership?

 

«La questione della leadership arriva dopo. In questa fase così difficile serve un Pd molto più determinato e incisivo. Il punto è quello posto dal governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco: quest' anno avremo un crollo del Pil, tra il 9 e il 13 per cento, e rischiamo di perdere tra 1,2 e 2 milioni di posti di lavoro.

GIORGIO GORI FESTEGGIA IL COMPLEANNO CON UNA VIDEOCHIAMATA

 

È arrivato il momento di accelerare le riforme di cui il Paese ha bisogno. I sussidi servono per tamponare l'emorragia, ma non bastano. Dobbiamo tornare a far crescere l'Italia, di almeno l'1,5 per cento all'anno, o saremo travolti.

 

E il Pd, come forza di sinistra e di governo, ha il dovere di fare, non solo di enunciare, le cose che servono per ottenere quel risultato».

 

E perché non potrebbe farlo Nicola Zingaretti?

«Sarei felice se lo facesse. Ma non mi pare si stia facendo. Dovremmo essere il partito del lavoro, il punto di riferimento dei lavoratori, degli operai e degli imprenditori, dei precari e delle partite Iva, delle donne e dei giovani, e non lo siamo.

 

L'accordo con i 5 Stelle ha spostato il nostro baricentro sulla protezione sociale, come se potesse esistere senza creazione di ricchezza e crescita. Vedo ritornare vecchi pregiudizi anti-impresa e l'idea dello Stato imprenditore, tendenza Mazzuccato.

conte casalino

 

Non possiamo interpretare questo rapporto come un'alleanza strutturale in cui pur di andare d'accordo si sacrificano tratti fondamentali della nostra identità».

 

Che cosa stareste sacrificando?

«Il dovere d'essere accanto alle forze produttive del Paese, l'impegno a varare lo Ius culturae e a cancellare i decreti (in)sicurezza voluti da Salvini. Non abbiamo toccato Quota 100 né corretto il reddito di cittadinanza.

 

mariana mazzucato

Abbiamo digerito la cancellazione della prescrizione e il decreto intercettazioni, non abbiamo risolto i casi Ilva, Alitalia e Autostrade; sulla legge elettorale abbiamo sacrificato la nostra proposta; dopo tre voti contrari abbiamo votato sì al taglio del 30 per cento della rappresentanza parlamentare...».

 

I suoi dubbi su Zingaretti vengono da lontano o nascono dopo l'emergenza Covid?

«Ho simpatia e stima personale nei confronti di Zingaretti, e nessun pregiudizio. Non voglio affatto personalizzare la questione. Osservo però la difficoltà del Pd a essere una forza davvero riformista.

orlando zingaretti

 

Riforma della pubblica amministrazione, della giustizia, fiscale: da quanto ne parliamo? Il segretario coltiva l'unità, e io sono per l'unità, ma la concordia non può essere né un feticcio né un fine ultimo.

 

E non può sequestrare il dibattito interno. Nessuno auspica un voto adesso, ma non possiamo accontentarci».

 

Crede di interpretare un malcontento diffuso nel Pd?

«Non credo d'essere il solo a pensare che serve un cambio di marcia e che si debba spingere sul lavoro. È un punto di vista molto diffuso tra i militanti e gli elettori del Nord».

 

E un governatore del Nord come Stefano Bonaccini potrebbe essere il nuovo interprete di questo Pd?

LORENZO GUERINI GIUSEPPE CONTE

 «Non ho candidati. L'unico "non candidato" è il sottoscritto. Per il resto, chiunque interpreti con coraggio questa impostazione per me è un buon candidato».

 

Qualcuno l'accusa di essere la quinta colonna di Renzi nel Pd.

«Ma quando mai? Non credo nei piccoli partiti né tantomeno nei partiti che nascono attorno a un'unica personalità. Quella di Renzi è un'impresa più che rispettabile ma che non ho condiviso».

 

Nonostante Lorenzo Guerini smentisca manovre, Bonaccini potrebbe essere il riferimento degli ex renziani di Base riformista.

«Questo non lo so, non ho mai fatto parte di una corrente. A occhio mi pare che le correnti si trovino abbastanza bene con lo status quo».

gori renzi

 

Chiede un congresso?

«Non domani mattina, ma è quello che serve. Zingaretti lo sa tanto che per primo, a dicembre, ha annunciato un grande congresso di "rifondazione". Bene, facciamolo. Lui stesso è consapevole di aver condotto il partito a fare scelte diverse da quelle con cui si era candidato.

 

A cominciare dall'"alleanza strategica" con M5S, che è cosa ben diversa da una necessaria collaborazione di governo». Dario Franceschini le chiede di non aprire «inutili tensioni». «Dario mi ha risposto con insolita veemenza.

dario franceschini e nicola zingaretti alla finestra dell'abbazia di contigliano 5

 

Non voglio alimentare nessuna tensione, ma qui mi pare che qualunque iniziativa rischi di smuovere l'attuale equilibrio sia vista come un pericolo. Un po' troppo, no?».

 

Serve un rimpasto di governo?

«Vista l'emergenza occupazione che ci aspetta, considero un grave limite che il Pd non abbia responsabilità diretta nei ministeri chiave, come quello del Lavoro, dello Sviluppo Economico e dell'Istruzione, tutti lasciati agli attuali alleati».

zingaretti bonaccini

CRISTINA PARODI E GIORGIO GORI

 

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