bettini zingaretti

LA MOSSA DEL GOVERNO SULLA BIENNALE, CON LA NOMINA DI CICUTTO AL POSTO DI BARATTA, È PERFETTA PER CAPIRE COME FUNZIONA IL PD DI ZINGARETTI MANOVRATO DA BETTINI, PROFESSIONE KINGMAKER - GOFFREDONE HA TRASFORMATO CONTE IN UOMO DEL PD, ED È RIUSCITO A SPREMERE I VOTI DELLE SARDINE SENZA CONTAMINARE LA LORO PUREZZA CON LA ZOZZA POLITICA. HA IMPARATO LA LEZIONE DAL FLOP CON MARINO

 

DAGONEWS

 

La mossa del governo sulla Biennale, con la nomina di Cicutto al vertice dell'istituzione, è perfetta per capire come funziona il Pd a un anno dell'elezione di Zingaretti alla segreteria, e all'indomani della vittoria di Bonaccini in Emilia-Romagna. A quanto ci risulta, il ministro Franceschini (cui spetta la nomina) era orientato a confermare Paolo Baratta per un altro mandato.

 

Bettini e Zingaretti

La decisione di sostituirlo con il produttore de ''La leggenda del santo bevitore'' è legata a due fattori, entrambi riconducibili all'eminenza grigia zingarettiana, Goffredo Bettini, esperto di cinema e già presidente dell'Auditorium romano e fondatore della Festa veltroniana. Da una parte, Bettini potrebbe prendere il posto di Cicutto al vertice di ''Istituto Luce-Cinecittà'', e quindi avrebbe un interesse diretto a liberare quella casella.

 

Dall'altra, con una logica più di lungo termine, un nome ''nuovo'' garantisce a lui e Zingaretti un nome fidato Venezia, qualcuno che alza il telefono quando viene chiamato e che ascolti i suoi eventuali consigli.

paolo taviani saluta goffredo bettini (2)

 

Baratta è stato alla Biennale dal 1998 al 2001, e poi dal 2008 a oggi, sotto diversi governi. 15 anni di esperienza che lo hanno reso un doge di fatto ma anche di diritto, che a 81 anni non deve più dire dei grazie a nessuno. Confermato, non avrebbe avuto particolari riguardi nei confronti del governo o del Pd, cosa che invece ovviamente dovrà avere Cicutto, alla sua prima esperienza ai massimi livelli del mondo dell'arte, del ballo, dell'architettura.

 

La passione di Bettini, da sempre, è quella di fare il kingmaker. L'uomo con le idee che manda avanti i leader, locali e nazionali, a prendere voti e poltrone. Lo stesso sta facendo ora con Zingaretti, che ha lasciato Franceschini a occuparsi della macchina del partito, dei gruppi parlamentari e della delegazione Pd al governo.

 

dario franceschini e nicola zingaretti alla finestra dell'abbazia di contigliano 5

Ma se con ''Su-Dario'' Nicola ha sempre il timore di essere prima sostenuto poi scartato, come è avvenuto con tutti i suoi predecessori, Goffredone non ambisce alle luci di scena, preferendo gli scenari di ampio respiro. Come quello che ha trasformato Conte in uomo del Pd, colui che garantisce l'alleanza (fu) contronatura tra M5S e democratici. Bettini ha anche dato istruzioni sul rapporto con le sardine, che ha voluto lasciare autonome senza tentare di inglobarle.

 

La furbata da vecchia volpe politica, con il gruppetto dei Santori boys and girls, è proprio quella di non provare a ''contaminarle'' con i dirigenti del Pd. Si è parlato dell'incontro con Conte, Santori ha raccontato di ''contatti con il M5S'' ma non si sono mai visti lui e Bonaccini (o altri leader di partito) nella stessa stanza. Bettini, scottato dal flop di Marino a Roma, ha capito che i ''puri'' devono rimanere tali, non possono essere ingabbiati nelle dinamiche di partito. Chi ha solo la purezza da portare in dote, come la verginità di una volta, una volta che l'ha persa non può più recuperarla.

franceschini cicutto

 

Le sardine libere di nuotare fuori dalla rete del Pd sono il migliore dei mondi possibile: non bisogna trovargli una poltrona (in tempi di riduzione dei parlamentari sarebbe un disastro), e contemporaneamente portano tonnellate di voti degli ignari elettori pasionari, convinti di partecipare a un grande e nuovo movimento. Mentre mettono la X sui soliti nomi decisi dalla segreteria. Un piano perfetto.

paolo baratta dario franceschini 1barbera barattamattia santori sardina in chief 2MATTIA SANTORIpaolo baratta dario franceschini

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…