1. È ORMAI CHIARISSIMO CHEI DUE HANNO TROVATO L'ACCORDO: BERSANI VA AL GOVERNO E RENZI GUIDA IL PARTITO. IL TUTTO VERRÀ RATIFICATO IN PRIMAVERA ATTRAVERSO UN CONGRESSO STRAORDINARIO DEL PARTITO (TERRORE NELL'ESTABLISHMENT DEL PD) 2. MONTI SUPER PARTES: CI HA PENSATO IL CAPO DELLO STATO A RIPORTARLO DI FORZA NELL'ALVEO TECNICO, PERCHÉ LUI QUALCOSA A QUALCUNO AVEVA PUR DETTO E PROMESSO 3. IL PORCELLUM RESTERÀ PER LA GIOIA DI BERSANI E BERLUSCONI E PER L’ANGOSCIA DELLA MINI DC DI CASINI-MONTEZEMOLO-FINI (PROGETTO CHE NON HA L’APPOGGIO DEL VATICANO) CHÉ DOVRÀ DIVIDERE IL 45% DEI SEGGI CON GRILLO, PDL, LEGA/TREMONTI, STORACE 4. DRAGHI PRONTO A RITORNARE IN ITALIA NEL PRIMO SEMESTRE DEL 2013 PER LASCIARE IL SUO POSTO A CAPO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA AD UN TEDESCO DELLA MERKEL 5. TREMONTI PUNTA LE SUE CARTE SULL' ALLEANZA CON LA NUOVA LEGA DI ROBERTO MARONI 6. RAPPORTO DI SAVIANO SUL NARCOTRAFFICO ALLA PRESENZA DI CARABINIERI, POLIZIA, SERVIZI

DAGOREPORT
La domenica mattina, aiutate da un tranquillo sabato pomeriggio, a Roma le cose appaiono più chiare. Ecco, a futura memoria, alcuni esempi.

1. BERSANI/RENZI.
E' ormai chiarissimo che i due hanno trovato l'accordo, e lo testimonia sia il fatto che il sindaco non strilla più di tanto sulla chiusura ai nuovi votanti, sia il titolo della bersaniana Unita' di oggi, "Buongiorno Italia". Bersani va al governo e Renzi guida il partito. Il tutto, questa la notizia, verra' ratificato in primavera attraverso un congresso straordinario del partito.

Una premessa: le elezioni devono essere vinte bene e le primarie hanno dato una grande mano. Zio Bersani e nipote Renzi hanno recitato da copione la loro parte, la stampa e la tv hanno fatto da grancassa, quel che resta del Pdl e di Berlusconi hanno dovuto adeguarsi ma e' facile prevedere che le primarie del centrodestra saranno in tono minore (se non un flop vero e proprio) perché farsi vedere mentre si va a votare per un partito che appare vincente e' una cosa, fare testimonianza per i sicuri sconfitti un'altra.

Una conseguenza: nel PD l'establishment vede l'accordo con terrore perché, rottamazione o no, i seggi a rischio diventano tanti e nessuno può garantire nulla a nessuno. Ma la partita e' andata troppo avanti e ne' Bersani ne', tanto meno, Renzi hanno alcun interesse a tornare indietro. Persino a prescindere dai risultati di oggi.

2. MONTI MARIO
Ieri ha Verona ha chiesto un Gps per orientarsi. Come al solito finge, perché il Gps politico e' la sua sola ispirazione, la sua sola bussola insieme ai desiderata dei tedeschi e alla, purtroppo per noi, situazione dei conti italiani che legittimano la sua esistenza e lo strame sociale che il suo governo sta facendo.

Dopo le elezioni può essere chiamato (e' la sola modalità di innesco che il bocconiano conosca) a fare il superministro dell'economia (ma, a differenza di Ciampi con Prodi premier, la cosa gli appare come un declassamento), il presidente del Consiglio, il presidente del Senato, il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio d'Europa.

Tutte queste opzioni aperte, ciascuna in funzione dei risultati leggermente diversi che possono venir fuori dalle elezioni, ma ad una condizione: che resti davvero super partes mantenendo il suo profilo tecnico e restando dunque fuori dalla contesa politica. In pratica, deve disattivare il suo Gps politico, altro che attivarlo! Finora ci ha pensato il Capo dello Stato a riportarlo di forza nell'alveo tecnico, perché lui qualcosa a qualcuno aveva pur detto e promesso...

3. LEGGE ELETTORALE, CASINI, MONTEZEMOLO E IL VATICANO
Si accettano scommesse che l'impianto del Porcellum resterà invariato. Perché Bersani deve mettere a rischio la sua quasi certa premiership e Berlusconi dovrebbe vedersi sottratta la facoltà di scelta di chi (pochi o pochissimi che siano) dovrà rappresentarlo nel nuovo Parlamento?

Certo, Casini, Montezemolo, Fini sono angosciati da questa prospettiva perché se resta il Porcellum dovranno dividere il 45 per cento dei seggi con Grillo, Berlusconi, Pdl, Lega/Tremonti e Storace. In tal caso l'Udc non potrebbe confermare neppure la meta' dei suoi deputati uscenti, mentre al Senato lo scenario inclinerebbe verso la tragedia: restando lo sbarramento dell'8 per cento su base regionale, sarebbe difficile che la Lista per l'Italia (oltretutto appesantita dal muoversi in nome di Monti, che gli italiani inconsciamente o consapevolmente rifiutano) lo raggiunga.

Per di più i cardinali, Ruini, Fisichella e Re si sono opposti con fermezza a questa ipotesi di aggregazione, che non decolla non soltanto per l'impopolarità (in parte obbligata, va detto) del leader di riferimento della lista, cioè Monti, ma anche perché i voti non si sommano: Montezemolo e Casini prendono più voti se vanno da soli, insieme non funzionano, appaiono come sono, un fritto misto di convenienze di risulta.

A ben guardare una mini Dc fatta da Casini, Montezemolo e Fini nel nome di Monti (!) sarebbe troppo da sopportare anche per il variegato mondo cattolico. Le alte gerarchie negli ultimi giorni lo hanno spiegato bene, e ripetutamente, sia a Riccardi sia a Bonanni. Non a caso quest'ultimo si e' defilato pressoché completamente dai radar politici.

Luca di Montezemolo, dopo l'orribile contestazione di Napoli, dopo aver dovuto retrocedere il motore organizzativo (Vecchioni, per via di una indagine sull'uso dei fondi europei), dopo il successo della convention di meta' novembre, sapendo che la spartizione dei posti con Casini non soddisfa affatto i suoi ciambellani, cerca di rafforzare le proprie fila e nei giorni scorsi ha detto si persino ad un'alleanza con la Costituente liberale di Renato Altissimo e Carlo Scognamiglio, già presidente del Senato nominato da Berlusconi e ministro della Difesa del governo D'Alema che diede l'ordine di bombardare il Kosovo. Con Casini e' solo questione di posti ma l'accordo appare ineludibile. Il punto che invece appare chiarissimo al presidente della Ferrari e' che i voti non si sommano, purtroppo per tutti i contraenti.

Ovviamente la stessa questione vista dal versante Udc ha provocato un duro confronto tra Casini e Cesa, il segretario, che alla fine si e' risolta in questo modo: se Casini resta determinato nella volontà di cambiare il simbolo Udc offrendo tale mossa in contropartita all'alleanza con quelli della cosiddetta "società civile", Cesa, che ha in mano il grosso dei voti del partito, dice di sì a patto di avere la conferma di tutti gli uscenti Udc nella Lista per l'Italia. Altrimenti non se ne fa nulla.

4. DRAGHI MARIO
Da lontano e a bordo campo, continua a scaldarsi. Sostiene che di troppe tasse si muore e che le riforme del lavoro vanno fatte bene, messaggio nemmeno troppo indiretto a Monti Mario e Fornero Elsa. Si tiene pronto insomma, strizzando l'occhio ai cittadini piagati dalla morsa crisi/tasse, a ritornare in Italia nel primo semestre del 2013 per lasciare il suo posto a capo della Banca centrale europea ad un tedesco indicato dalla Merkel, condizione che la Cancelliera giudica fondamentale per vincere le elezioni dell'autunno dell'anno prossimo. Nell'attesa, viaggia in treno persino in seconda e mangia a Milano con la moglie e la famiglia del figlio nel fine settimana al Resentin di Brera, trattoria di proprietà di Eros Ramazzotti, felice di passare inosservato.

5. MARONI ROBERTO E TREMONTI GIULIO
Grande attivismo intorno a Giulio Tremonti. Nei prossimi giorni l'ex ministro dell'economia inaugurerà la sede del suo movimento in largo del Nazareno a Roma, a pochi metri dalla sede del PD di Bersani/Renzi in arrivo e dall'ufficio di Gianni Letta alla Fininvest, dove l'ex sottosegretario torna con la segretaria quando lascia gli incarichi di governo. Tremonti presenterà liste alle elezioni regionali in Lombardia, Lazio e Molise. E alle politiche, ovviamente. Sta mettendo insieme uno staff di tutto rispetto e punta le sue carte sull' alleanza con la nuova Lega Nord guidata da Roberto Maroni. E' la prima volta che si cimenta in una competizione elettorale, non ha avuto sinora grande eco mediatica, forse non ha saputo crearla. Ma dell'ex centrodestra e' l'unico che puo' vantare credibilità estera su basi leggermente diverse da quelle di Mario Monti.

6. ROBERTO SAVIANO
Ha partecipato nei giorni scorsi alla grande kermesse promossa dalla Fondazione Icsa guidata da Marco Minniti, Paolo Naccarato e Piero Grasso per la presentazione del Rapporto sul narcotraffico. Alla presenza del Comandante generale dei Carabinieri, Gallitelli, del Capo della Polizia, Manganelli, e di un tale numero di spioni che era più facile capire chi non c'era o non era stato invitato, lo scrittore di ‘'Gomorra'' ha fatto il solito show stile Rai Tre di faziana memoria ma ha evitato accuratamente di prendere impegni politici o di annunciare discese in campo.

 

renzi bersani jpegBERSANI RENZIclub bilderberg con monti draghi napolitano PIERLUIGI BERSANI AL SEGGIO CON MOGLIE E FIGLIE MARIO MONTI E GIORGIO NAPOLITANOPIERFERDINANDO CASINI E LUCA DI MONTEZEMOLO n pa29 ruini rino fisichellaFini MontezemoloRiccardi Montezemolo Oliviero e Dellai Oliviero Dellai e Bonanni PRIMO PIANO DA RENATO ALTISSIMO Carlo Scognamiglio BUTTIGLIONE CESA CASINI roberto maroni giulio tremontiSAVIANO SULLA COPERTINA DELL ESPRESSO INCHIESTA COCAINAMANGANELLI - DE GENNARO

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…