UN PAESE SENZA - ‘’LA COMMISSIONE EUROPEA HA CHIESTO ALL’ITALIA COSE CHE NON HA CHIESTO A FRANCIA, GERMANIA E REGNO UNITO, QUANDO HAN SALVATO LE LORO BANCHE MESSE IN GINOCCHIO DALLA CRISI. NOI NON SIAMO ALTRETTANTO FORTI O CREDIBILI”

Salvatore Bragantini per ‘Il Corriere della Sera'

Di un caso come quello esploso sulla Banca Monte dei Paschi di Siena (Mps) non avevamo bisogno: esposti allo scrutinio, ormai quasi irridente, di un'opinione pubblica mondiale che non ci prende sul serio, vediamo saltare in Assemblea l'aumento di capitale della nostra terza banca, necessario a rimborsare un finanziamento statale per tenerla in vita, il Monti bond.

Fondata mentre Cristoforo Colombo partiva per le Indie, Mps è stata affondata dall'acquisto a prezzi d'affezione, dopo oltre cinque secoli, e un attimo prima dell'inizio della grande crisi, della Banca Antonveneta. Così buono doveva essere l'affare che Mps mentì alla Banca d'Italia riguardo alle operazioni sul capitale appositamente varate, però l'affare lo fece solo la banca spagnola che la vendette a Mps, ad un prezzo superiore del 50% a quello al quale lo aveva acquistato solo pochi mesi prima.

Mps è controllata, con una quota oggi del 33%, dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, che purtroppo partecipò all'aumento di capitale per finanziare quell'operazione, indebitandosi e così concentrando - in modo folle oltre che illegittimo - il proprio attivo nella Mps.

Venuta poi la crisi, crollato il corso dell'azione, serviva un nuovo management; vennero Alessandro Profumo, presidente, e Fabrizio Viola, amministratore delegato. Quando il regolatore europeo impose a Mps di aumentare il capitale, Profumo e Viola, timorosi del rigetto da parte del mercato, ricorsero, consenziente la Fondazione, al Monti bond; con le spalle coperte da questo, si sarebbe poi varato l'aumento sul mercato per rimborsarlo al più presto, evitando di sopportare ancora il suo salato costo e di vedersi convertire in quote di capitale gli interessi non pagati allo Stato.

Per di più, la Commissione Europea ha chiesto all'Italia, per non sanzionare il Monti bond come aiuto di Stato, cose che non ha chiesto a Francia, Germania e Regno Unito, quando han salvato le loro banche messe in ginocchio dalla crisi e dagli errori di gestione. Noi non siamo altrettanto forti o credibili; Mps paga la perdita di autorevolezza e attendibilità di tutto un Paese, ma peggio andrà se si continua così, nel quadro mondiale che abbiamo davanti.

La Fondazione lo sa da oltre un anno: serve un aumento di capitale, ma quando Profumo e Viola trovano le banche pronte a garantire i soldi entro fine gennaio, essa blocca l'operazione, chiedendone lo slittamento alla seconda metà del ‘14 quando, con audace ottimismo, spera di essere uscita dalla tenaglia che la stringe. Indebitata com'è, essa non ha il miliardo necessario per pagare la propria quota dell'aumento; finirà dunque a percentuali da prefisso telefonico, a meno che la Fata Turchina si materializzi entro giugno ‘14.

La pratica sparizione della Fondazione è una notizia ferale per Siena, che ogni italiano ama, ma qual è l'alternativa? Gli affannosi tentativi di far intervenire una «cordata» di Fondazioni, la Cassa Depositi e Prestiti o il suo Fondo Strategico, non porteranno da nessuna parte; daranno solo altre picconate all'immagine di un'Italia che non possiamo più permettere appaia come ormai frollata. Certo, altri Stati hanno nazionalizzato le loro banche in difficoltà, ma l'han fatto appena emerse le difficoltà. Farlo ora sarebbe per noi una mossa da disperati.

Tutti presi forse nei preparativi del Palio, i contradaioli devono aver scordato che siamo alla vigilia di un periodo cruciale, nel quale la Bce si prepara al compito di sorvegliante delle maggiori banche europee, Mps inclusa. Prima di allora, i bilanci di queste saranno passati al microscopio, sotto la pressione di un mercato che, anche per spettacoli simili, non è disposto a farci sconti.

Per soprammercato, Jens Weidmann, presidente della tedesca Bundesbank, chiede che i titoli di Stato, da Mps detenuti in quantità industriali, non siano più considerati privi di rischio ai fini dell'assorbimento del capitale: ove mai egli la spuntasse, il fabbisogno di capitale di Mps esploderebbe. Se comunque in questo periodo si spargessero voci incontrollate su ulteriori fabbisogni di capitale per Mps, forse il sindaco di Siena e chi presiede la Fondazione, alleati in questa folle crociata, credono di poter fronteggiare la situazione. Se magari lo dicono anche ad un mercato che domattina si chiederà cosa mai accadrà a Mps, sarebbe meglio.

C'è solo un cosa che il governo può fare: usare i poteri di cui dispone come vigilante delle Fondazioni per far vincere il buon senso. Siena la «vecchia» Mps l'ha già persa, salvi almeno quella nuova: sarà sempre molto meglio di una banca nazionalizzata sotto la forza della disperazione e poi fatta a pezzettini.

 

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