giuseppe conte massimo d alema (1) matteo renzi dalema

PASSANO GLI ANNI MA LA FAIDA D’ALEMA VS RENZI E’ SEMPRE APERTA - “BAFFINO”, CHE E’ UNO DEI CONSIGLIERI PIÙ ASCOLTATI DA CONTE, NON VEDE L’ORA DI VENDICARSI DI MATTEUCCIO - I PRIMI SCAZZI SULLE COMUNALI A FIRENZE NEL NEL 2008, LA SCALATA DEL PARTITO, LA ROTTAMAZIONE DELLA “DITTA”, GLI ULTIMI SCONTRI SUL REFERENDUM DEL 2016 E LA SCISSIONE DI LEU DAL PD - E ORA LA PARTITA FINALE SULLA FIDUCIA AL GOVERNO...

Sebastiano Messina per “la Repubblica”

 

MASSIMO DALEMA E MATTEO RENZI

Scoprendo che dietro la tortuosa strategia di Giuseppe Conte per restare in sella c'è l'astuzia giolittiana di una vecchia volpe della sinistra, è impossibile non pensare che oggi si stia consumando una vendetta vecchia di sette anni: Massimo D' Alema che schiaccia Matteo Renzi. Il rottamato che rottama il suo rottamatore.

 

Perché non siamo di fronte a una rivincita ma a un regolamento di conti: quello tra la Ditta e il suo liquidatore. Tra l'uomo che si è sempre ritenuto il vero custode dell' eredità berlingueriana e l'ex giovanotto di Rignano sull' Arno che è riuscito a portare il Pd al 40,8 per cento.

 

massimo d'alema regala la maglietta di totti a renzi

È la storia di un lungo duello, quella del rapporto tra D' Alema e Renzi. Un duello che cominciò a 270 chilometri di distanza, nell'autunno del 2008, quando l'allora trentatreenne Matteo puntò la poltrona di sindaco di Firenze. E non solo sfidava il candidato del partito, il dalemiano Michele Ventura, ma contestava «i leader tristi del Pd», una generazione politica «da rottamare senza incentivi». E faceva pure la lista dei nomi: il primo era Massimo D'Alema.

massimo d alema matteo renzi

 

I giornali vi lessero una ribellione generazionale - quando Renzi nacque, nel 1975, D'Alema era già segretario nazionale dei giovani comunisti - ma l' interessato non la prese affatto bene: «È sufficiente che un giovanotto dica che vuole cacciarci a calci in culo, che subito gli vengono concesse paginate sui giornali», commentò. Finì che Renzi vinse la corsa per Palazzo Vecchio, e diventò per tutti il Rottamatore, il giovane sindaco che non aveva paura di sparare sul quartier generale.

 

massimo d'alema regala la maglietta di totti a renzi 3

Seguirono altre battaglie, altre primarie, altre elezioni. E ogni volta i due si trovavano su sponde opposte. Il toscano rampante prendeva di mira l'ex premier («Non ci faremo rubare il futuro dai leader del passato») e quello che gli rispondeva infastidito: «Lui non è il rimedio ma è peggio del male».

 

Il sindaco fiorentino arrivò a paragonare il Lìder Massimo a Ron Moss, che per 25 anni aveva tenuto in piedi con le sue svolte amorose la soap opera più seguita dagli italiani: «Sono riusciti a rottamare persino Ridge, il mascellone, da Beautiful, noi proveremo a rottamare Baffino». D'Alema replicò secco: «Se uno mi dice ti voglio distruggere io gli dico provaci».

 

DALEMA RENZI

Non era solo una battaglia politica, né solo uno scontro generazionale. L'ex segretario della Fgci aveva capito che nei cromosomi politici del giovane sfidante non c'era il Dna della sinistra che lui aveva imparato a riconoscere leggendo Gramsci, e d'altra parte per il giovane Renzi quelli che venivano dalle Botteghe Oscure erano prima di tutto gli eredi del Pci-Pds-Ds contro il quale aveva visto battersi suo padre, segretario della Dc di Rignano.

DALEMA RENZI

 

Così i due non hanno mai fatto pace, ma hanno solo stipulato fragili tregue. Come quando - dopo le primarie perse da Renzi nel 2012 -D'Alema arrivò a dire che l'altro aveva «la stoffa di un leader» e andò a trovarlo a Palazzo Vecchio. Ma appena il sindaco si ricandidò alla guida del partito, l'ex premier commentò sarcastico una sua diretta su Twitter: «Non ci serve un dattilografo ma un segretario».

 

L'idea che la Ditta perdesse il controllo del Pd era inconcepibile, per lui. Eppure accadde. E quel giovanotto senza il Dna rosso non solo conquistò il partito con quasi il 70 per cento dei voti, ma si prese subito Palazzo Chigi, e alle europee portò il Pd al suo record storico. Cosa poteva fare, il pragmatico D'Alema, se non fare buon viso a cattivo gioco? Così gli scrisse una lettera di pace, gli regalò la maglia di Francesco Totti, lodò «la forza innovativa, la speranza, il dinamismo che Renzi ha portato nella politica italiana» e definì «coraggioso e realistico» il suo programma di governo. Insomma, gli tese la mano.

renzi d alema dalema tennis

 

L'altro non la raccolse. Non lo candidò al Parlamento europeo e non lo propose neppure come Alto Rappresentante per la politica estera dell'Ue, carica alla quale D'Alema notoriamente aspirava. «Io non gli avevo promesso niente, e nel Pse non lo voleva nessuno», raccontò a Bruno Vespa.

 

Chiuso in un gelido silenzio, il leader rottamato ha atteso il momento giusto per la rivincita. E l'ha colto al volo, appena Renzi è inciampato nel suo percorso di riforma costituzionale. Ha incoraggiato la contestazione del Giglio Magico: «Il Pd è diventato un partito in cui ci sono picchiatori e mazzieri, guai a chi contesta il capo». Si è schierato per il No, festeggiando la sua sconfitta al referendum. Ha guidato la scissione del Pd, profetizzando l'addio di colui che aveva sempre considerato un usurpatore: «Qui di Renzi non resterà neanche la puzza». E oggi, dietro le quinte, suggerisce il copione per la scena finale della crisi, aspettando di vedere il suo rottamatore che finisce rottamato.

RENZI dalema

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