salvini meloni merkel von der leyen

LA PAURA A BRUXELLES PER IL VOTO IN ITALIA: VEDER SALTARE LA “DOTTRINA MERKEL”, CIOE’ L’ALLEANZA DI POTERE IN EUROPA TRA PARTITO POPOLARE E PARTITO SOCIALISTA - VERDERAMI: “IL QUADRO STA MUTANDO. NELLA REPUBBLICA CECA IL GOVERNO È GUIDATO DAI CONSERVATORI INSIEME A DUE FORZE POPOLARI. IN SVEZIA LA PROSSIMA MAGGIORANZA SARÀ TARGATA PPE-ECR. E IN SPAGNA SI PREANNUNCIA UNA MAGGIORANZA SIMILE. SE LE URNE GARANTISSERO LA NASCITA DI UN GABINETTO MELONI..."

Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

 

la gaffe di ursula von der leyen con angela merkel 1

Nella contesa tra Meloni e Letta non è in gioco solo Palazzo Chigi. Il voto di un Paese fondatore dell'Europa avrà infatti un peso rilevante sugli equilibri politici nell'Unione. E la preoccupazione che si avverte in questi giorni dentro e fuori i confini nazionali è di veder trasformato l'appuntamento elettorale italiano in una data spartiacque anche per il Vecchio Continente.

 

Il timore è che in prospettiva salti la «dottrina Merkel», quello schema di potere che a Bruxelles ha retto per vent' anni e in base al quale il Ppe ha sempre avuto nel Pse il suo tradizionale avversario ma anche il suo interlocutore privilegiato, con cui all'occorrenza stringere accordi. Senza mai far cadere il muro a destra. Ma il quadro sta mutando.

 

timmermans

Nella Repubblica Ceca il governo è guidato dai Conservatori insieme a due forze popolari. In Svezia la prossima maggioranza sarà targata Ppe-Ecr. E «in Spagna - sostiene un autorevole esponente di FdI - si preannuncia una maggioranza simile».

 

Ovviamente l'Italia ha un peso specifico diverso e se le urne garantissero la nascita di un gabinetto Meloni, il processo di cambiamento acquisirebbe un'accelerazione nell'Ue. E la «dottrina Merkel» - come riconoscono nel Pd - sarebbe messa seriamente a repentaglio.

 

ursula von der leyen, emmanuel macron, charles michel, angela merkel e mario draghi al g7 2

Così si capisce perché il socialista olandese Timmermans - incurante del suo ruolo di vicepresidente della Commissione - si era scagliato contro l'ipotesi di un esecutivo di centrodestra a Roma. E si capiscono le ragioni che hanno indotto all'attacco (scomposto) della Spd verso «i postfascisti». Ma si capisce anche la sortita della leader di Fratelli d'Italia su Vox, che ha provocato la reazione del Pd e di Azione.

 

Se è vero che «siamo in una politica sempre più intrecciata e sovranazionale», come dice il ministro democratico Orlando per giustificare il viaggio a Berlino del suo segretario, era ovvio che la parte finale della campagna elettorale piegasse su questi temi. E c'è un motivo se Calenda e Renzi hanno criticato la visita di Letta a Scholz: non è solo perché «certi endorsement sono controproducenti», o perché «se gli italiani decideranno non sarà il cancelliere a cambiarne i giudizi».

 

CARLO CALENDA MATTEO RENZI

Oltre al problema dell'«ingerenza» tedesca, il punto è che la Germania è vista dall'opinione pubblica nazionale come il Paese che oggi frena sul tetto europeo al prezzo del gas, mentre lo acquista dalla Russia a un terzo del costo per l'Italia. Tutte questioni che diventano armi propagandistiche per Meloni.

 

L'approccio del commissario alla Giustizia Reynders - «lasciamo gli elettori liberi di scegliere tanto poi saranno gli atti di governo a contare» - è un modo per togliere Bruxelles dalla disputa ma anche una mossa astuta in attesa di vedere alla prova il centrodestra. Che alla vigilia del voto continua a mostrare crepe.

 

LETTA CON SANCHEZ E SCHOLZ

La candidata a Palazzo Chigi derubrica le divergenze a «fisiologici distinguo» per la conquista del consenso, e non c'è dubbio che Lega e Forza Italia stiano cercando di uscire dal cono d'ombra per non essere cannibalizzate da FdI. Ma si avverte una divergenza di visione. Quando Berlusconi richiama la «signora Meloni» a un atteggiamento più europeista, e quando Salvini batte il tasto sulle sanzioni che «stanno arricchendo qualcuno e impoverendo noi», emergono contraddizioni proprio sulla linea di politica internazionale con l'alleata.

 

E sono il preludio a un chiarimento che - secondo la presidente di FdI - il risultato delle urne potrà risolvere. Fino a un certo punto, però. Sicuramente c'entra il futuro assetto dell'esecutivo. Tajani che sottolinea come FI sarà «garante del prossimo governo e porrà l'Ue al centro dell'azione politica» sembra candidarsi alla Farnesina.

 

incontro in un bar di Trieste tra Berlusconi e Salvini

Il segretario della Lega, che affida agli elettori «il compito di stabilire cosa farò», lascia capire che non ha smesso di pensare al Viminale e che non gradirà «tecnici» né agli Interni né all'Economia. Ma il problema politico è soprattutto legato alle differenze tra Meloni e Berlusconi sull'approccio con l'Unione e alle divergenze tra Meloni e Salvini sul conflitto ucraino. I loro avversari - dentro e fuori i confini - attendono di capire se il centrodestra italiano sarà in grado di dare un colpo di piccone a equilibri di potere che resistono da molto tempo in Europa.

Ultimi Dagoreport

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")