PERCHÉ UN INSEGNANTE DEVE PAGARE IL 22% DI TASSE E AMAZON ZERO? - GABANELLI: "BIDEN PROVA A FAR FINIRE LA PACCHIA PER I GRANDI IMBOSCATI DEL FISCO COLPENDO I PARADISI FISCALI. ALLO STUDIO UNA GLOBAL MINIMUM TAX DEL 21% SUI PROFITTI ESTERI DI TUTTE LE MULTINAZIONALI" - GLI USA VOGLIONO COINVOLGERE ANCHE GLI ALTRI PAESI AD ADOTTARE LA STESSA MISURA: PER L'ITALIA VARREBBE 9 MILIARDI L'ANNO - LA CONTROPARTITA: RINUNCIARE ALLA WEB TAX...

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Milena Gabanelli e Giuseppe Sarcina per il "Corriere della Sera"

 

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Ora paghino anche i «grandi imboscati» del fisco. La spinta arriva dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che in un discorso del 31 marzo l'ha messa così: «Non si capisce per quale motivo un insegnante debba versare il 22% del proprio reddito in imposte e Amazon zero».

 

Biden e la segretaria al Tesoro Janet Yellen sono alla ricerca di risorse per coprire un piano di investimenti da 2.200 miliardi di dollari. Il primo passo è quello di cancellare la riforma tributaria voluta da Donald Trump nel 2017, aumentando sul mercato interno l'aliquota sui redditi di impresa dal 21 al 28% (prima del 2017 era al 35%).

 

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Secondo passo: incrementare il prelievo minimo dal 10,5% al 21% sui profitti realizzati dalle multinazionali americane in altri Stati. Terzo passo: coinvolgere altri Paesi ad adottare la stessa misura e negoziare sulla «web tax».

 

Biden e Yellen partono da uno studio condotto dall'Itep di Washington, che mostra come 91 delle 500 maggiori società abbiano versato «zero imposte» nel 2018, pur avendo chiuso il bilancio largamente in utile. La lista comprende, tra gli altri, Delta, Chevron, Netflix, Starbucks, Halliburton, Amazon.

 

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Nel 2020 sono 55 le aziende che pur avendo realizzato profitti per 40,5 miliardi di dollari non hanno versato nulla al fisco. Inoltre il Joint Committee on Taxation del Congresso ha stabilito che nel 2018 le imprese americane hanno subito, in patria, un prelievo medio pari solo all'8%.

 

Tirando le fila: ogni anno mancano all'appello circa 100 miliardi di imposta sugli utili di impresa. Le ragioni sono sostanzialmente due. Le multinazionali adottano sofisticate quanto legittime tecniche di elusione o di «tax planning».

 

il piano biden il piano biden

Inoltre: dallo studio condotto nel 2017 dal Congressional Research Service, il 43% dei profitti aziendali americani viene parcheggiato principalmente in Olanda, Lussemburgo, Svizzera, Irlanda, Bermuda. Ma anche ad Hong Kong, Cayman, Panama, Isole Vergini britanniche, Isole del Canale, Cipro, Bahamas, Malta e Antille Olandesi.

 

Ecco le prime dieci in classifica: Apple 246 miliardi di dollari; Pfizer 194 miliardi; Microsoft 142 miliardi; General Electric 82 miliardi; Ibm 71,4 miliardi; Johnson & Johnson 66,2 miliardi; Cisco System 65,6 miliardi; Merck 63,1 miliardi; Google 60,7 miliardi; Exxon 54 miliardi.

 

global minimun tax global minimun tax

Immensi capitali immobili, di fatto una distorsione dell'economia. La corsa al ribasso nella tassazione tra i diversi governi ha danneggiato tutti, ma per chiudere le vie di fuga e cancellare il dumping fiscale occorre che i Paesi più grandi tassino nella stessa misura gli utili realizzati all'estero dalle proprie compagnie.

 

Il piano della Casa Bianca è infatti quello di stringere un accordo tra più Paesi possibili affinché quel 21% diventi l'aliquota della «global minimum tax». Sarebbe una svolta epocale negli equilibri finanziari mondiali e potrebbe segnare, di fatto, la fine dei «paradisi fiscali».

 

Su questo gli Stati Uniti intendono esercitare tutto il loro peso politico. La segretaria al Tesoro Yellen ha inviato un documento di 21 pagine ai Paesi del G20, e anche una serie di slide all'Ocse: quest'ultimo dossier è ancora riservato, ma siamo in grado di rivelarne i contenuti di massima.

 

web tax web tax

Come funzionerebbe il nuovo meccanismo? Prendiamo come esempio Facebook che paga le imposte in diversi Paesi, tra i quali l'Irlanda. Mark Zuckerberg dovrebbe corrispondere al fisco americano la differenza tra l'aliquota irlandese (12,5%) e quella Usa (21%). È chiaro che questo sistema scoraggia le multinazionali americane a spostare i profitti altrove: alla fine il carico fiscale sarebbe comunque pari al 21%.

 

Yellen calcola che in questo modo le casse federali potrebbero recuperare almeno 50 miliardi di dollari all'anno. Ma anche altri Stati potrebbero riportare a casa il dovuto, visto che il totale della tassazione elusa dalle corporation di tutto il mondo è stimato in 240 miliardi di dollari.

 

utili e fatturato utili e fatturato

Tommaso Faccio, docente di diritto tributario all'Università di Nottingham e segretario dell'Icrict, Independent Commission for the Reform of International Corporate Taxation, organismo di cui fanno parte economisti come Joseph Stiglitz o Thomas Piketty, ha elaborato i dati Ocse su ogni singolo Paese.

 

L'Italia, per esempio, applicando la global minimum tax su tutte le multinazionali tricolori con parte dei profitti collocati nei paradisi fiscali (Eni, Enel, Intesa, Generali, Armani, Ferrari, Webuild, Telecom Italia fra gli altri) recupererebbe tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari l'anno.

 

profitti profitti

L'amministrazione Biden sarà però chiamata a una prova di coerenza. All'interno degli Usa è tollerato il paradiso fiscale più efficiente del mondo: lo Stato del Delaware, che garantisce l'anonimato ai proprietari delle cosiddette scatole cinesi, e non tassa i profitti derivati da royalties, copyright, marchi commerciali e così via.

 

Il 1° gennaio 2021 il Congresso ha approvato il Corporate Transparency Act che almeno impone a tutte le società di rivelare l'identità degli azionisti. Ma è poca cosa. Per gli Stati Uniti si pone anche la questione delle Isole Vergini americane, per il Regno Unito quello delle Isole Cayman e delle Isole del Canale, su cui esercitano una sovranità diretta.

 

paesi a tassazione agevolata paesi a tassazione agevolata

Al momento non se ne parla. All'interno della Ue sarà difficile far cambiare idea a Paesi come Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Malta, Cipro. Ma potrebbero diventare non più convenienti se il piano Biden-Yellen riesce ad includere i grandi Paesi da tempo massacrati dalla competizione fiscale.

 

La contropartita chiesta dalla Casa Bianca è quella di farla finita con la «web tax», già operativa in Francia, Austria, Regno Unito, e da quest'anno anche in Italia. Una tassa che ha innescato un aspro scontro tra Ue e Usa. Ora Yellen nelle schede riservate recapitate all'Ocse dice: «Trasformiamola in un prelievo da applicare alle 100 multinazionali con il fatturato mondiale più alto e con un utile pari ad almeno il 10%. Quindi non solo i monopolisti del web, ma anche le farmaceutiche, petrolifere, telecomunicazioni, e una parte di questi profitti globali (l'entità è ancora ignota) potrà essere tassata negli Stati in cui operano le aziende, in proporzione al fatturato realizzato».

 

importi importi

Il piano prevede che le stesse multinazionali dovranno dichiarare all'Ocse e alle singole agenzie fiscali nazionali dove e quanto fatturano all'estero. Ogni singolo governo dovrà fare bene i conti.

 

Per l'Italia il gettito calcolato per il 2020 della «web tax» da versare il 16 maggio è pari a 587,6 milioni di euro. L'anno prossimo dovremmo rinunciarci se ci accordiamo sulla «global minimum tax». Proviamo a spiegare con un esempio: nel 2019 Facebook ha realizzato in Italia un fatturato di circa 900 milioni di euro, a fronte dei 50 miliardi di euro su scala mondiale, con utili per 23 miliardi. Il margine di profitto, dunque, è stato pari al 46%.

 

aliquote statuarie e aliquote effettive aliquote statuarie e aliquote effettive

Sempre in quell'anno ha versato 2,3 milioni di euro di tasse in Italia. Se fosse stata già in vigore la «web tax», con aliquota del 3% sul fatturato, Facebook avrebbe dovuto pagare 27 milioni di euro. Se invece applichiamo la «formula Yellen», l'imposta sulle attività italiane di Facebook sarebbe pari a 8 milioni di euro.

 

mark zuckerberg mark zuckerberg

Conviene? Agli Stati Uniti moltissimo: i profitti dei colossi del web finiscono nelle casse americane, lasciando agli altri le briciole. Riassumendo: con l'adozione del piano Biden-Yellen, il fisco italiano potrebbe incassare ogni anno dalle sue multinazionali tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari.

 

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Rinunciando ai 570 milioni di «web tax» dovremmo portare a casa la stessa cifra, ma anziché solo dai giganti digitali, verseranno anche Pfizer, Nestlé, Volkswagen ecc. Nulla di certo, i conti li sta facendo l'Ocse. È la soluzione migliore? Forse no, ma dopo tante chiacchiere è il primo passo concreto per tagliare le gambe ai paradisi fiscali. È su questo tema che il prossimo 9 luglio, a Venezia, il G20 dovrà trovare un accordo.

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