mario draghi

PERCHÉ NESSUNO SI STA INTESTANDO APERTAMENTE LA CANDIDATURA DI MARIO DRAGHI? PERCHE' MARIOPIO AL COLLE INNESCHEREBBE PROBLEMI A VALANGA: CHI PRENDERÀ IL SUO POSTO A PALAZZO CHIGI? QUALE MAGGIORANZA SOSTERRÀ L'ESECUTIVO? SENZA CONTARE IL RISCHIO DI URNE ANTICIPATE - E POI CONTE E LETTA HANNO CAPITO DI ESSERE A RISCHIO DI AMMUTINAMENTO INTERNO - IL COSTITUZIONALISTA E DEPUTATO DEL PD STEFANO CECCANTI: "QUI IN PARLAMENTO DRAGHI NON HA CHANCE"

mario draghi conferenza stampa

Ilario Lombardo per "la Stampa"

 

La domanda da farsi, a ormai dieci giorni dall'apertura dei giochi sul Quirinale, è: perché nessuno si sta intestando apertamente la candidatura di Mario Draghi? Capovolgendo il quesito: perché tutti (o quasi) sembrano non volerlo là dove il diretto interessato ha fatto chiaramente capire di volersi trasferire? Alla vigilia della votazione più enigmatica di sempre il caso Draghi resta un paradosso: è il principale candidato per il Colle ma nell'esercito dei grandi elettori che dovrebbero decretarne l'investitura non sembra avere il consenso necessario.

 

STEFANO CECCANTI

È una fotografia temporanea, che consegna il clima di attesa e di strazio che regna in queste ore. Da qui a una settimana le condizioni politiche potrebbero cambiare e improvvisamente offrire una discesa inattesa agli eventi. La premessa, infatti, è d'obbligo: chi conosce la liturgia del Quirinale sa che tutto si decide all'ultimo, a elezioni già aperte. Ma per il momento, basta agganciare i pochi capannelli di parlamentari disincantati, smaniosi, rassegnati, oppure fare qualche telefonata ai leader o ai relativi uomini di fiducia, per essere sopraffatti dall'evidenza prepotente di questo dato di fatto: per Draghi la strada si è complicata, e di molto.

mario draghi sergio mattarella

 

Le ragioni sono semplici, ma non per tutti così semplici. La prima è stranota. Draghi è una suggestione che si porta dietro troppi problemi. Sul premier che dovrebbe prendere il suo posto, sul format di governo che verrà dopo (politico o tecnico?), sulla maggioranza che sosterrà l'esecutivo. Ma ancor prima: sul rischio di urne anticipate. Il costituzionalista e deputato del Pd Stefano Ceccanti non si stanca di ripeterlo: «Qui in Parlamento Draghi non ha chance».

 

pierluigi bersani

Ogni giorno che passa e più ci si avvicina al giorno delle votazioni, il 24 gennaio, questo scenario mostra la sua problematicità, secondo Ceccanti. A un anno dal voto, con i contagi in costante aumento, con i gruppi spappolati e i parlamentari senza prospettiva di rielezione in un Parlamento che comunque sarà quasi la metà nella sua composizione, Draghi è considerato l'unica garanzia di sopravvivenza del governo ma soprattutto della legislatura. Per due leader , più di altri, questo è uno scoglio non da poco. Giuseppe Conte ed Enrico Letta hanno capito di essere a rischio di ammutinamento interno.

 

draghi berlusconi

Entrambi ricordano quanto la mossa sbagliata sul Quirinale, nel 2013, costò la leadership del Pd a Pierluigi Bersani. Anche in quel caso il Parlamento si trovò in stallo totale e per uscirne dovette rivolgersi al presidente in carica Giorgio Napolitano. È la tesi di chi proverà a convincere Sergio Mattarella, nonostante il Capo dello Stato sia contrario a replicare il precedente. Letta ha ceduto e ha ammesso che «il Mattarella bis sarebbe il massimo». Conte invece sembra voler rispettare anche nella forma le volontà del presidente e, spiegano fonti a lui vicine, non intende fare uno sgarbo a Draghi, creando un solco con il premier. In realtà non hanno valide e concrete alternative, da un punto di vista numerico, a Draghi (o a Mattarella).

 

MARIO DRAGHI E SILVIO BERLUSCONI

Detto questo, né lui né Letta hanno incoronato l'ex numero uno della Bce. Indebolito dal fronte parlamentare, Conte attende la mossa del segretario del Pd, che a sua volta attende una decisione di Silvio Berlusconi. Il presidente di Forza Italia ha scombussolato i piani di tutti, frapponendosi tra Draghi e il Colle. Finché resterà in piedi il suo desiderio di essere eletto tredicesimo presidente della Repubblica, finché l'illusione dell'aritmetica nelle prime quattro votazioni gli darà speranza, sarà complicato organizzare un piano B per gli alleati del centrodestra e far una mossa di senso politico compiuto per gli avversari. Il fondatore di Azione Carlo Calenda chiede a Draghi di rimanere dov' è perché «è l'unico - dice -in grado di spendere i soldi del Pnrr».

la conferenza stampa di mario draghi 4

 

Matteo Renzi, fedele alle liturgie quirinalizie, attende il momento adatto a muovere le sue leve, mentre la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni è forse l'unica ad avere espresso sostegno all'ipotesi del trasloco del premier . Lo ha fatto snobbando le ambizioni di Berlusconi, per un calcolo preciso. Draghi al governo rappresenta una minaccia per i sovranisti, se nel Pd e tra i centristi non fanno mistero della possibilità che l'ex banchiere possa diventare il punto di incontro, anche nella prossima legislatura, di una coalizione europeista.

 

giancarlo giorgetti e matteo salvini 2

Per la stessa logica politica uno penserebbe che anche Matteo Salvini sostenga di corsa la candidatura di Draghi. E invece non è così. I primi a rimanerne stupiti sono i leghisti, a partire da Giancarlo Giorgetti, grande sponsor del premier al Colle.

 

Secondo chi in queste ore sta lavorando fianco a fianco con Salvini sulla strategia, al di là della lealtà verso Berlusconi, il segretario è realmente intenzionato a cambiare il paradigma politico italiano. I contatti con Conte e altri esponenti del M5S sono quasi quotidiani: eleggendo un presidente proveniente dal centrodestra (Letizia Moratti e Marcello Pera sono i nomi che ha fatto), il leghista è convinto di «liberare le istituzioni dall'egemonia della sinistra», legittimando la propria leadership.

 

C'è chi gli dice che potrebbe farlo comunque trasformandosi nel king maker di Draghi al Colle e lui fa in modo di non escluderlo, evitando di sfilarsi dall'ipotesi di un governo che sopravviva al trasloco del premier. Ma ha bisogno che maturino i tempi, che Berlusconi si faccia da parte e che magari Draghi, spiega un ex sottosegretario del Carroccio, gli lanci un segnale, invece di sottrarsi al confronto con lui e gli altri leader.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…