giovannini cingolani

PNRR A PASSO D'UOMO - CI SONO 100 TRAGUARDI DA CENTRARE NEL 2022 E DOPO QUASI 50 GIORNI SIAMO FERMI SOLO A DUE: ENTRO GIUGNO LE SCADENZE SONO 45 - IN BALLO, PER IL 2022 CI SONO 45,9 MILIARDI: 24,1 MILIARDI NEL PRIMO SEMESTRE E 21,8 NEL SECONDO - NEL MIRINO SONO FINITI I MINISTRI CINGOLANI E GIOVANNINI, IN RITARDO NEL GESTIRE L'ENORME MOLE DI RISORSE LORO ASSEGNATE: IL PRIMO DEVE IMPEGNARE ENTRO L'ANNO 77 MILIARDI, IL SECONDO 33 - A METÀ FEBBRAIO LA COMMISSIONE UE VORRA' AVERE UN PRIMO FEEDBACK SULLE OPERE CANTIERABILI E SUL LAVORO COMPIUTO…

enrico giovannini mario draghi

Emanuele Lauria per "la Repubblica"

 

Il clima non è ancora di allarme, ma Mario Draghi adesso attende dai suoi ministri uno sprint sul Pnrr. Finita la battaglia del Quirinale, il premier ha fatto nei giorni scorsi un check-up con gli esponenti del suo governo che ha certificato che il lavoro da fare è in salita. Ci sono 100 traguardi da centrare nel 2022 e dopo quasi 50 giorni siamo fermi solo a due. Entro giugno le scadenze sono 45. In ballo, per l'anno in corso, ci sono 45,9 miliardi: 24,1 miliardi nel primo semestre (cifra analoga a quella spesa nel 2021 su cui sono in corso le verifiche di Bruxelles), e 21,8 nel secondo.

enrico giovannini cernobbio

 

E nel gorgo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il più grande finanziamento europeo degli ultimi decenni, sono già finiti i ministri Roberto Cingolani ed Enrico Giovannini, alle prese con difficoltà legate all'ingente mole di risorse da impiegare loro assegnata e con strutture amministrative e burocratiche non adeguate allo sforzo, fatto quest' ultimo più volte denunciato dagli stessi interessati.

 

Nei fatti, Cingolani e Giovannini, alla guida della Transizione Ecologica e delle Infrastrutture (mobilità sostenibile), sono i volti che rappresentano le due aree maggiormente critiche del programma. Grandi investimenti da far diventare realtà e «ritardi comunque recuperabili», fanno sapere fonti di Palazzo Chigi.

ROBERTO cingolani

 

Draghi monitora la situazione senza scomporsi. Smentite le voci di una possibile sostituzione dei due ministri (il presidente del Consiglio non ha mai pensato a un rimpasto), c'è sicuramente un'attenzione particolare verso l'operato di Cingolani e Giovannini, "tecnici" peraltro sottoposti al tiro incrociato dei partiti: il primo è stato criticato da Movimento 5Stelle e ambientalisti per l'apertura al nucleare, il secondo si è aggiunto di recente agli esponenti di governo invisi alla Lega, che ha accentuato il pressing sul caro bollette. La ripartenza è ardua, dopo il gennaio del Colle.

 

ENRICO GIOVANNINI

E i traguardi da far tremare i polsi. Il pacchetto di fondi affidato al ministro Giovannini è superiore ai 33 miliardi, risorse da spendere per rendere più efficienti le reti di trasporto. Ma i problemi non mancano: in primis l'impennata dei prezzi delle materie prime. Il rischio, in sintesi, è che una volta affidati gli appalti i cantieri possano subito fermarsi se non ci sarà un giusto meccanismo di adeguamento dei prezzi. Ma è il ministero guidato da Cingolani il più esposto: dovrà impegnare 77 miliardi entro la fine dell'anno.

 

roberto cingolani

Attraverso le forche caudine di capitoli delicati: dalla raccolta differenziata alla realizzazione dei nuovi termovalorizzatori. Temi sui quali, probabilmente, non mancheranno polemiche e ostacoli. Bisogna accelerare, e subito: a metà febbraio la Commissione Ue vuole avere un primo feedback sulle opere cantierabili e sul lavoro compiuto. Senza dimenticare che l'intera attuazione del Pnrr è legata all'approvazione di riforme delicate e divisive per i partiti tuffati fra le polemiche nell'ultimo anno prima delle elezioni.

 

Su tutte quella, già avviata, della giustizia: Draghi negli ultimi giorni ha voluto incontrare più volte la ministra Marta Cartabia, altro bersaglio in questi mesi di pezzi della maggioranza, da M5S alla Lega, passando per Forza Italia. E serve un cambio di passo che lasci alle spalle ritardi anche su altri programmi.

Marta Cartabia

 

Basti pensare al flop del Fondo di sviluppo e coesione del periodo 2014-2020, segnalato dal sottosegretario alla programmazione al coordinamento economico prima della riunione del Cipe di metà dicembre: sui 47,5 miliardi programmati, ne sono stati impegnati poco più di 11 miliardi e pagati appena 4,2. Significa che la spesa effettiva è ferma a circa il 9 per cento del budget a disposizione. È in questo quadro non esaltante che si è aperto quello che impropriamente chiama il Draghi II, il governo post voto per il Quirinale: e il premier ha aperto la nuova fase strigliando i suoi ministri.

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