“LA PRIMA BUGIA” DI LETTA: “L’AUMENTO DELL’IVA NON È STATO DECISO DA BERLUSCONI MA DA MONTI” – PDL AUT-AUT: SE L’IVA AUMENTA, OUT-OUT

Alessandro Sallusti per "Il Giornale"

Da oggi, probabilmente, il governo sarà un po' meno tedesco anche se non sul punto che tutti ci auguravamo, quello della dipendenza alla politica economica della Merkel. È che, salvo colpi di scena, dovrebbero arrivare in serata il licenziamento, camuffato da dimissioni, della ministra Idem, travolta prima dallo scandalo della sua evasione fiscale, poi dalle bugie dette per difendersi e infine dalla sua immensa arroganza: sono campionessa olimpica, non commercialista, ha detto con tono scocciato in faccia ai cittadini italiani costretti a pagare le tasse indipendentemente dai loro meriti sportivi.

La canoista italo-tedesca con la passione della politica ormai non è più difesa neppure dai suoi amici di sinistra, tantomeno dal premier Letta che ieri l'ha di fatto congedata in diretta tv, ospite di Lucia Annunziata.

Se la Idem è spacciata, il suddetto Letta accusa qualche acciacco, tanto da essere costretto a dire la sua prima bugia da premier: «L'Iva? L'ha innalzata il governo Berlusconi» ha balbettato il premier. Peccato che non sia vero.L'aumento dell'Iva è stato varato dal tassatore Monti, come noto a chiunque. Un colpo di caldo, una gaffe? Non credo. Penso che Letta sia semplicemente in difficoltà e abbia deciso di unirsi ai seminatori di zizzania per confondere un po' le acque.

Sa che entro otto giorni, come chiesto dal Pdl, deve annullare l'aumento della tassa (previsto per il primo luglio) o andare a casa, come ribadito sabato anche da Alfano. Non è un capriccio, ma parte del patto fondante di questo anomalo governo di larghe intese. Berlusconi fu chiaro: ci stiamo se si toglie l'Imu e si abolisce l'aumento dell'Iva. Venire a dirci adesso che non si può fare perché le casse sono vuote sa di presa in giro.

Che le casse siano vuote da tempo, Letta lo sapeva bene anche il giorno che accettò di entrare a Palazzo Chigi. Come rifornirle è compito suo, non nostro. Se non ha la soluzione tanto vale prenderne atto subito e trarne le conseguenze. Non abbiamo bisogno di un governo stabile, ma di un governo efficiente.

Almeno capace di realizzare ciò che ha promesso il giorno in cui si è insediato, quando in base a quelle parole ha incassato la fiducia. Sbaglio o quel giorno Letta parlò chiaramente di Imu e Iva? E allora non facciamo i furbi. Non c'è nessun diktat del Pdl, c'è solo da provare a lasciare qualche euro in più nelle tasche degli italiani per fare ripartire i consumi. Semplice, no?

2. POLILLO SI PENTE E COLLABORA: "L'IVA L'ABBIAMO AUMENTATA NOI TECNICI"
Fabrizio Ravoni per "Il Giornale"

«Silvio Berlusconi non ha mai parlato di un aumento dell'Iva. Nemmeno come clausola di salvaguardia». Gianfranco Polillo, sottosegretario all'Economia con il governo Monti e oggi consigliere economico di Renato Brunetta, non ha dubbi. Prende gli appunti e fa una ricostruzione dettagliata di come sono andati i fatti. Per riuscire a comprendere l'equivoco, bisogna risalire all'estate del 2011.

E chi la dimentica quell'estate...
«Credo prima della lettera della Bce, nel luglio del 2012 il governo vara una manovra per ridurre il deficit. Da un po' di tempo, al ministero dell'Economia, si è insediata una commissione chiamata ad elaborare la delega fiscale. La guida Vieri Ceriani, sottosegretario con me all'Economia con il governo Monti ed oggi consulente del ministro Saccomanni.

Con quella delega fiscale, Giulio Tremonti vuole riordinare e ridurre una quota delle 145 voci di agevolazioni fiscali. Ed inserisce nel quadro tendenziale di finanza pubblica un taglio delle agevolazioni pari a 4 miliardi nel 2013 ed a 20 miliardi per il 2014. La delega fiscale non è stata ancora approvata. Ma quei risparmi sono iscritti in bilancio. E sono ancora lì».

Che successe all'epoca?
«Successe che, immaginando tempi lunghi per l'approvazione della delega fiscale, il governo Berlusconi si cautelò; ed inserì una cosiddetta "clausola di salvaguardia". Questa clausola prevedeva che, qualora non fosse stato possibile risparmiare quelle risorse attraverso un taglio delle agevolazioni fiscali, un analogo risparmio doveva arrivare da - cito testualmente - "interventi di riordino della spesa in materia sociale".

Quindi, tagli a fronte di altri tagli che, per un motivo o per un altro, non venivano introdotti. È così?
«Esatto».

E l'aumento dell'Iva come esce fuori?
«In un primo momento, non parla di Iva nemmeno il governo Monti. Sempre per coprire quei 4 miliardi per il 2013 e quei 20 del 2014 attesi dall'introduzione della delega fiscale, il governo Monti cambia la "clausola di salvaguardia".

Non viene più concentrata sui tagli alla spesa sociale, ma viene introdotta una formula in cui si parla di "una rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l'accisa"; e si anticipa l'efficacia dell'intervento di un anno. In questo caso, si parla indirettamente di Iva quando si fa riferimento alle imposte indirette.

La formula, però, viene giudicata poco incisiva a Bruxelles. Così, con il decreto "Salva Italia" il governo Monti ipotizza un aumento dell'Iva di 2 punti. Sarebbe dovuto scattare dal 1° ottobre 2012 al 31 dicembre 2013, ed un ulteriore aumento dello 0,5 a partire dal 2014. In questo modo, era possibile dare copertura alle poste già contabilizzate in bilancio, in sostituzione dei tagli alle agevolazioni fiscali, qualora il Parlamento non le avesse approvate in tempo».

Di approvazione della delega fiscale e di revisione delle agevolazione ancora se ne parla...
«Così come si parla di aumento dell'Iva...»

Ma perché oggi si parla di un punto di aumento dell'aliquota e non di due, come stabilì il governo Monti?
«Perché grazie alla spending review ed alla legge di stabilità del precedente governo fu possibile ridurre l'aumento dell'Iva da due ad un punto. Ed onestamente, forse sarebbe opportuno tornare alla filosofia di fondo: eliminare una parte di agevolazioni fiscali. Alcune, come le detrazioni per il lavoro dipendente, sono sacrosante. Ma altre, assicuro, sono davvero ridicole».

 

 

letta alla camera ALESSANDRO SALLUSTI letta MARIO MONTI LEGGE RESTART ITALIA GIANFRANCO POLILLO RENATO BRUNETTA - copyright Pizzi

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."

consiglio supremo difesa mattarella meloni fazzolari bignami

DAGOREPORT - CRONACA DI UN COMPLOTTO CHE NON C’È: FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, CONSIGLIERE DEL QUIRINALE, SI SARÀ ANCHE FATTO SCAPPARE UNA RIFLESSIONE SULLE DINAMICHE DELLA POLITICA ITALIANA IN VISTA DELLE ELEZIONI 2027. MA BELPIETRO HA MONTATO LA PANNA, UTILE A VENDERE QUALCHE COPIA IN PIÙ E A DARE UN ASSIST A FRATELLI D’ITALIA, SEMPRE PRONTA ALLA LAGNA VITTIMISTA – A QUEL TORDO DI GALEAZZO BIGNAMI È SCAPPATA LA FRIZIONE. E DOPO IL SUO ATTACCO AL COLLE, IL SOLITAMENTE CAUTO GIOVANBATTISTA FAZZOLARI È INTERVENUTO PRECIPITOSAMENTE PER SALVARGLI LA FACCIA (E LE APPARENZE CON IL COLLE) - BELPIETRO ESONDA: "ISTITUZIONALMENTE SCORRETTA LA REPLICA DEL QUIRINALE"