PUNTANO A PALAZZO CHIGI MA GLI SERVIREBBE UN CONSIGLIO COMUNALE - COSA SAREBBE SUCCESSO SE GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI SI FOSSERO CANDIDATI ALLA CARICA DI SINDACO A ROMA E A MILANO? - POLITO: "MI PRENDERANNO PER MATTO. MA TI PARE CHE IN ITALIA I SEGRETARI DI DUE TRA I PRIMI TRE PARTITI METTONO IN GIOCO LA LORO CARRIERA PER FARE IL SINDACO? EPPURE, COME LI AVREBBE CAMBIATI QUEL LAVORO! CHE TERAPIA SAREBBE STATA PER LIBERARSI DEI VIZI POLITICI DI ENTRAMBI! IMMAGINATE GIORGIA MELONI CANDIDATA A ROMA: CHE COSA AVREBBE DETTO DEGLI SQUADRISTI CHE IN UN SABATO DI PASSEGGIATE E SHOPPING HANNO MESSO A FERRO E FUOCO IL CENTRO DI ROMA?"

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giorgia meloni e matteo salvini giorgia meloni e matteo salvini

Antonio Polito per il “Corriere della Sera”

 

Si sa che la storia non si fa con i se. Ma con i se si può giocare a fare un po’ di «storia controfattuale», detta anche «ucronia», in una parola «what if?». Cose del tipo: che cosa sarebbe successo se Napoleone avesse vinto a Waterloo o Hitler la guerra.

 

La domanda di oggi è che cosa sarebbe successo se Giorgia Meloni e Matteo Salvini si fossero candidati alla carica di sindaco nelle loro città, cioè a Roma e a Milano. È una ipotesi irreale, lo sappiamo, eppure la risposta potrebbe darci qualche elemento utile sugli errori commessi dai due leader della destra e sui modi di porvi rimedio.

 

Magari avrebbero perso comunque contro Gualtieri e Sala. Non si può escluderlo. Stiamo parlando di due città in cui la sinistra è forte. Però di sicuro non avrebbero perso così male. In ogni caso avrebbero dimostrato fegato politico, attaccamento alla loro città, umiltà, voglia di fare. Ci sono anche sconfitte di successo. Fini nel 1993 perse contro Rutelli col 47% e 844 mila voti: un anno dopo il Movimento sociale era al governo.

 

GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI

Lula ha perso in Brasile quattro volte prima di diventare presidente. Mitterrand è stato per 22 anni sindaco di Chateau-Chinon, prima di entrare all'Eliseo. Il combattimento tempra i leader. Ma magari avrebbero vinto. O almeno uno dei due ce l'avrebbe fatta. Forse più Meloni che Salvini, visto che nella Capitale la sindaca uscente usciva così male.

 

E se avessero vinto, uno dei due o addirittura tutt' e due, vi immaginate i commenti oggi? La destra avrebbe legittimato la sua candidatura al governo del Paese. Sulle ali della vittoria nelle grandi città, effetto bandwagon assicurato: tutti sul carro. Eppure l'ipotesi di queste due candidature, o anche di una sola, non è stata mai messa nemmeno sul tavolo. Perché? Perché entrambi i leader ambiscono a qualcosa di più grande, vogliono tutt' e due fare il primo ministro.

meloni michetti salvini meloni michetti salvini

 

Oggi dovrebbero chiedersi: dopo la debacle delle Amministrative, in buona parte auto-inflitta, siamo più vicini o più lontani da Palazzo Chigi? E infatti già si parla di «terzo uomo», di «papa straniero», di un candidato premier del centrodestra alle prossime elezioni che non sia nessuno dei due, usciti azzoppati dalla prova elettorale e non solo. Giorgia Meloni ha 44 anni, Matteo Salvini ne ha 48. Sono giovanissimi.

 

Davvero vogliono passare gli anni migliori aspettando un Godot che potrebbe non arrivare mai, e che comunque non può arrivare contemporaneamente per entrambi? Le carriere si costruiscono pezzo a pezzo, un po' alla volta. Se fai quel che devi, accadrà quel che può. Lo so, mi prenderanno per matto. Ma ti pare che in Italia i segretari di due tra i primi tre partiti mettono in gioco la loro carriera per un lavoro faticoso e duro come quello di sindaco?

salvini meloni salvini meloni

 

Eppure, come li avrebbe cambiati quel lavoro! Che terapia sarebbe stata per liberarsi dei vizi politici di entrambi! Guardate il primo cittadino di Trieste appena rieletto mentre fustiga i no vax che tentano di bloccare il porto della sua città. È l'unzione del sindaco, che trasforma uomini e donne di parte in rappresentanti di tutti e dell'interesse generale.

 

Nelle stesse ore Meloni e Salvini, in campagna elettorale, facevano dichiarazioni in difesa dei no vax che il «loro» sindaco condannava. Immaginate Giorgia Meloni candidata a Roma: che cosa avrebbe detto degli squadristi che in un sabato di passeggiate e shopping hanno messo a ferro e fuoco il centro di Roma? Scommetto che sarebbe stata più severa. E così avrebbe indirettamente affrontato uno dei problemi più seri che assillano il suo partito: il peso del passato. Da sindaca, avrebbe scoperto lapidi al Ghetto, celebrato l'anniversario delle Fosse Ardeatine, portato corone al Milite Ignoto.

MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI

 

Cinque anni così cambiano un capo-partito in una donna o un uomo di Stato: serve, per andare a Palazzo Chigi. Invece Meloni e Salvini hanno cercato con il lanternino due trovatelli, nel senso che prima non li aveva trovati nessuno, e hanno detto loro: vai e vinci. Perfino noi giornalisti avevamo capito che non avrebbe funzionato. Nei comitati elettorali non hanno neanche spacchettato i computer. Sembrava una cosa per finta: tanto per non addossare a se stessi o alla nomenclatura dei loro partiti la colpa di una sconfitta che sembravano ritenere fatale. In politica non si vince per procura. Ma se si perde, si perde in prima persona.

 

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