PUTINATE - DIETRO LE DICHARAZIONI INCENDIARIE DELLO ZAR VLAD CONTRO USA E NATO ("NON HANNO RISPOSTO A NESSUNA DELLE RICHIESTE. SE KIEV ENTRA NELL'ALLEANZA SARÀ SCONTRO") TRASPARE ANCORA LA VOLONTÀ DI TRATTARE CON L'OCCIDENTE ED EVITARE IL CONFLITTO IN UCRAINA - IL CREMLINO HA PROVATO A INTIMIDIRE LA CASA BIANCA MA LA RISPOSTA DURA LO HA MESSO ALL'ANGOLO – LA TELEFONATA RASSICURANTE CON DRAGHI: “IL GAS RUSSO NON MANCHERÀ NEI PROSSIMI MESI”

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LETIZIA TORTELLO per la Stampa

 

putin biden putin biden

Torna per la prima volta davanti ai microfoni dopo sei settimane, Vladimir Putin. L'occasione è la visita del premier ungherese Viktor Orban, accorso a Mosca per fare da «pacificatore» tra l'Ue e la Russia. Rompe il silenzio, Putin, e nega le accuse occidentali di pianificare un'invasione in Ucraina.

 

Poi, non si lascia sfuggire l'occasione di attaccare a tutto campo gli Stati Uniti, con una semplice domanda da stratega militare: «Immaginiamo - dice il leader russo - che Kiev diventi membro della Nato e inizi operazioni militari», ad esempio per riconquistare la penisola della Crimea, che la Russia ha occupato nel 2014. «A quel punto - continua Putin - dovremmo entrare in guerra con il blocco Nato? Qualcuno ci ha pensato? Apparentemente no».

 

Come dire che gli Usa sembrano, ma non sono a suo modo di vedere «così interessati alla sicurezza dell'Ucraina. Il loro compito principale è contenere lo sviluppo della Russia». In questo senso, la stessa Ucraina è «solo uno strumento per raggiungere questo obiettivo», conclude il presidente russo. Che aveva fatto precise richieste a Washington, ma ora fa sapere di essere profondamente insoddisfatto.

Aereo in esercitazione Aereo in esercitazione

 

Voleva garanzie che la Nato non si sarebbe allargata ai confini, comprendendo l'Ucraina nell'Alleanza atlantica. La diplomazia americana insieme con il segretario generale della Nato Stoltenberg, negli scorsi giorni, gli avevano risposto respingendo ogni veto, ma invitando il Cremlino ad una soluzione che privilegiasse il dialogo. Ieri, Putin ha alzato il livello dello scontro. «Vogliamo evitare uno scenario negativo - ha affermato -. Ma le richieste della Russia sono state di fatto ignorate».

 

Traccia un ulteriore confine nelle relazioni con Usa e alleati. Imputa al governo ucraino di non aver applicato gli accordi di Minsk per riportare la pace nelle regioni orientali del Paese, dove almeno 14.000 persone sono state uccise e i ribelli sostenuti dalla Russia controllano aree di territorio. Ma se il dialogo sembra in salita, arrivano parallelamente rassicurazioni ai partner commerciali europei che il gas russo non mancherà, nei prossimi mesi.

 

VLADIMIR PUTIN IN VERSIONE CYBER VLADIMIR PUTIN IN VERSIONE CYBER

Primo fra tutti, l'Italia. In una telefonata con il premier Draghi, Putin ha garantito che manterrà stabili le forniture verso Roma. I Paesi dell'Unione sono dipendenti per il 30-40% in media (alcuni fino al 100%) dall'energia erogata dalla Russia. Mosca fa sapere che non intende lasciare l'Europa al freddo. A questo scopo torna utile la visita di Orban, visto che l'Ungheria acquista il gas russo a un prezzo cinque volte inferiore rispetto a quello di mercato nella Ue, tiene a precisare il Cremlino. Il contratto con Budapest è a lunga scadenza, fino al 2036. Un suggerimento velato agli altri governi del Continente, a sottoscrivere accordi duraturi per favorire le proprie aziende.

 

 

È il britannico Boris Johnson il primo a reagire alle provocazioni. Da Kiev, dove è volato per manifestare solidarietà all'Ucraina e «riunire l'Occidente» contro il pericolo di un'invasione russa, avverte che le sanzioni contro Mosca sono pronte e che una guerra sarebbe disastrosa e coinvolgerebbe la stessa Europa. Nelle prossime settimane, anche il presidente francese Emmanuel Macron potrebbe fare la sua parte, incontrando Putin. Gli Usa continuano a spingere sul cammino di una de-escalation, come ha spiegato ieri al telefono il segretario di Stato Blinken al suo omologo russo Lavrov, perché «un'invasione dell'Ucraina sarebbe accolta con conseguenze rapide e gravi».

 

minacce di guerra russia ucraina minacce di guerra russia ucraina

L'auspicio di Washington, confermato a La Stampa dall'incaricata d'Affari americana a Kiev, Kristina Kvien, è che «Mosca cominci a ritirare le truppe e che non debba avere la possibilità di tenere una pistola carica puntata alla testa dell'Ucraina, minacciando la sicurezza d'Europa». Solo così, dice Kvien, «potremo parlare dei timori della sicurezza, russa e nostra. Solo così, il dialogo può avvenire in un'atmosfera di fiducia e non di minaccia».

 

 

 

LO ZAR HA ALZATO TROPPO LA POSTA NON SA USCIRE DALLA SUA PROPAGANDA

Anna Zafesova per la Stampa

 

minacce di guerra russia ucraina minacce di guerra russia ucraina

Bisogna sempre ascoltare quello che dice Vladimir Putin: contrariamente alla sua reputazione di enigma avvolto in un mistero, il presidente russo è solitamente molto sincero ed esplicito riguardo alle sue intenzioni e paure. Il suo «Che cosa dobbiamo fare, andare in guerra con la Nato?», esclamato davanti alle telecamere, è una domanda retorica su uno scenario impossibile, rivelatoria di un leader che si sente più incalzato e insicuro che assertivo e all'offensiva.

 

Si sente minacciato, e non ha paura a raccontare il suo incubo, quello che Kiev, sostenuta dall'Occidente, gli tolga quella che considera la sua grande conquista, la Crimea annessa nel 2014 come primo tassello della ricostruzione di un impero postsovietico che da allora è rimasto più nei sogni «geopolitici» del Cremlino.

 

tensione alle stelle russia ucraina tensione alle stelle russia ucraina

E così, in quella prima attesa uscita in pubblico dopo l'arrivo a Mosca della risposta ufficiale degli Usa sull'ultimatum russo, si mostra incompreso, arrabbiato e soprattutto frustrato: «Immaginatevi una Ucraina che, una volta entrata nell'Alleanza atlantica, imbottita di armi, lanci un'operazione militare in Crimea? Mica possiamo fare la guerra con la Nato?». Mentre i propagandisti e le comparse del teatro politico russo continuano a minacciare escalation «asimmetriche», e a ipotizzare scenari apocalittici come attacchi nucleari - violando quello che dopo la crisi dei missili di Cuba del 1962 è diventato un tabù assoluto per l'establishment sia a Mosca sia a Washington –

antony blinken antony blinken

 

Putin appare più realista dei suoi cortigiani, e infatti mischia a un linguaggio brusco anche segnali che si possono leggere in una chiave più prudente. È vero che chiama in sua difesa il mito propagandistico di una Mosca «ingannata, fregata come dicono nel popolo» rispetto al presunto impegno dei partner occidentali di non allargare la Nato dopo il crollo del Muro, un «patto» smentito perfino dal diretto interessato Mikhail Gorbaciov, ma funzionale a presentare la Russia come vittima e non come aggressore.

 

Però auspica una prosecuzione del negoziato con l'Occidente, che definisce «complesso ma possibile», e mentre lancia accuse a Washington e Bruxelles ricorda anche che non è questa la risposta ufficiale di Mosca, non c'è per ora un «niet» finale, anche perché per un «niet» non ci sarebbe voluto tutto questo tempo.

 

le richieste di putin le richieste di putin

Putin notoriamente esita e riflette a lungo, soprattutto quando si sente in difficoltà, e il suo ministro degli Esteri Sergej Lavrov promette a Anthony Blinken una risposta «interdicasteriale» elaborata e dettagliata, quindi più probabilmente un tentativo di proseguire un negoziato che un passaggio a una guerra impossibile. Un negoziato di quelli lunghi, noiosi, molto tecnici e molto poco mediatici, che impegna mesi e decine di esperti per decidere dove piazzare quel missile, quante basi, sottomarini e bombe possedere, con quanto preavviso e in quale zona svolgere esercitazioni e soprattutto a quali condizioni mandare ispezioni a monitorare l'avversario. Perché si tratterebbe di un negoziato tra nemici, come quelli sul disarmo condotti per anni da Urss e Usa, che stabilivano non tanto la pace, quanto le modalità per evitare di farsi a pezzi in una guerra. È la vecchia strategia di «contenimento», e Putin non a caso rispolvera questo termine del vocabolario della Guerra fredda.

 

esercitazioni esercito ucraino esercitazioni esercito ucraino

Ed è esattamente dove la Casa Bianca e i suoi alleati vogliono portare la situazione. In questa partita a poker si tratta ora di passare dalla propaganda alla diplomazia, dal clamore mediatico alla discrezione dei negoziati. Putin è stato il primo ad alzare la posta, con il suo ultimatum in cui chiedeva alla Nato di ritirarsi dall'Europa dell'Est. Una proposta fatta per venire rifiutata, frutto di una diplomazia sfacciata che ultimamente piace molto al Cremlino, che ha ottenuto il risultato di farsi sentire, ma ora gli limita lo spazio di manovra.

 

VLADIMIR PUTIN VLADIMIR PUTIN

Gli americani infatti hanno risposto a tono, soddisfacendo finalmente quello che Putin gli chiedeva da anni: di venire preso sul serio. Nelle settimane successive, è stato tutto un calare carte nuove: dagli aerei carichi di armi americane che atterravano a Kiev (una goccia nel mare in caso di invasione russa, ma di grande effetto televisivo), al ricco assortimento delle possibili sanzioni, tra cui spiccano quelle contro la famiglia, non solo politica, dello stesso Putin.

 

Le titubanze di alcuni alleati europei, che comunque hanno tutti firmato la risposta all'ultimatum russo, sono state compensate dalle mosse di due alleati esterni all'Ue: Boris Johnson che propone a Volodymyr Zelensky un'alleanza trilaterale militare con Varsavia, e Recep Tayyip Erdogan atteso a Kiev nei prossimi giorni per un negoziato sulla difesa comune, hanno completato la disposizione delle pedine del Risiko.

 

vladimir putin vladimir putin

Poche settimane dopo, Mosca si ritrova con un'Ucraina che ha ricevuto solidarietà e aiuti da tutto il mondo, una Nato che sta incrementando la sua presenza militare, un'Europa che per la prima volta sta discutendo di rinunciare al gas russo e una borsa in picchiata per la fuga degli investitori spaventati dalle sanzioni ancora prima che da una guerra.

 

A Mosca si è osservata una ricerca disperata di un piano B, dal riconoscimento delle enclave separatiste del Donbass - che però farebbe saltare il negoziato di Minsk - alle basi militari a Cuba e in Venezuela come minaccia «asimmetrica» che però non pare aver avuto il consenso dei diretti interessati. È evidente che da questa situazione si esce solo in retromarcia, il problema è presentarla come una vittoria.-

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