afghanistan kabul aeroporto

QUANTI COLLABORATORI DELL’ITALIA RIUSCIRANNO A FUGGIRE DA KABUL? – IN CENTINAIA SONO GIÀ SALITI SUGLI AEREI MILITARI, MA TANTISSIMI RESTERANNO NELLA MORSA DEI TALEBANI. LE PIÙ PENALIZZATE SONO LE PERSONE CHE HANNO LAVORATO CON IL NOSTRO CONTINGENTE MILITARE A HERAT: DA LÌ HANNO RISCHIATO LA VITA PERCORRENDO 1200KM DI AUTOSTRADA E SFIDANDO I POSTI DI BLOCCO. MA UNA VOLTA ARRIVATI A KABUL, SONO RIMASTI QUELLI PIÙ INDIETRO. I CARABINIERI FANNO LA SPOLA TRA DENTRO E FUORI PER INDIVIDUARLI, MA LA FINESTRA PER RECUPERARLI SI STA CHIUDENDO INESORABILMENTE - VIDEO

 

afghani in fuga dall aeroporto di kabul

DAGOREPORT: AFGHANISTAN, IL G20 DEL CAOS

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/dagoreport-afghanistan-g20-caos-biden-pretende-draghi-280643.htm

 

SOLO 48 ORE PER FUGGIRE I COLLABORATORI DELL'ITALIA BLOCCATI ALL'AEROPORTO

Francesco Grignetti per “La Stampa”

 

La finestra per fuggire da Kabul si sta inesorabilmente chiudendo. E i primi ad averlo capito sono gli afghani ammassati attorno all'aeroporto, alcuni ormai accampati da giorni. Attorno allo scalo afghano, sono ormai scene da esodo biblico.

 

talebani bloccano l ingresso all aeroporto di kabul 2

Caldo, sporcizia, sudore, fame, sete. Nulla viene risparmiato ai disgraziati che cercano di sfuggire alla morsa taleban. Si è saputo di una madre che ha visto il figlio travolto dalla calca. Gli si è spezzata una gamba. Lei pure sommersa dalla folla, non è più riuscita a trovarlo. Ora vaga disperata. Ma sono giorni che si sente di bambini separati dalle famiglie. È un caos indescrivibile.

HERAT - BANDIERA ITALIANA AMMAINATA A CAMP ARENA

 

Un'altra famiglia piange in silenzio: è morto uno dei figli, di 11 anni, forse per la fatica, forse di malattia, ma loro hanno dovuto stringere i denti e non perdere il posto perché l'alternativa è la morte sicura per tutti. Nelle ultime ore si è raggiunto il panico, quando hanno tutti capito che la data ultima del ritiro americano non sarebbe cambiata.

 

afghani provano a fuggire all aeroporto di kabul 6

E sono a migliaia, lì ammassati contro il muro e il fio spinato, che premono e aspettano. Ma pensare che ci siano voli umanitari fino al 31 agosto è sbagliato. Gli ultimi quattro giorni serviranno esclusivamente alle forze armate statunitensi per portare via i loro marines. Ce ne sono 6.000. Occorre tempo anche per questo.

 

di maio guerini

E così nella programmazione con gli altri Paesi della Nato, si è stabilito che spagnoli e francesi termineranno i loro voli alla sera del 26. E i rispettivi ministri degli Esteri hanno ammesso: «Non ce la faremo a portare via tutti i nostri collaboratori». Stesso dicasi per i tedeschi.

 

prigionieri dei talebani a herat

Gli italiani dovrebbero chiudere la loro presenza lì venerdì 27, nonostante il nostro console Tommaso Claudi stia implorando che gli diano più tempo. Il 28 dovrebbe partire l'ultimo volo passeggeri della Difesa da Kuwait City, dove si fa scalo e cambio velivolo. «È una tragedia», dicono quelli - giornalisti, operatori di Ong, militari - che in Italia sono coinvolti da amici e collaboratori afghani, e che in queste vengono tempestati di messaggi sempre più disperati.

 

afghani provano a fuggire all aeroporto di kabul 5

Anche se sono centinaia quelli che sono già saliti sugli aerei militari, infatti, altrettanti sono quelli bloccati a terra. I più penalizzati sono gli ex collaboratori del contingente militare, che venivano da Herat con le famiglie, hanno rischiato la vita percorrendo ben 1.200 km di autostrada, hanno sfidato tanti posti di blocco dei taleban, chi con la propria auto, chi in autobus, e ora però sono quelli più indietro nella fila.

 

lorenzo guerini fine della missione italiana in afghanistan 5.

Attorno all'aeroporto, infatti, si è creata una marea umana invalicabile. Tutti sentono di avere il diritto di scappare. Tutti hanno il terrore di quel che accadrà. E chi però rischia di più, cioè chi ha collaborato con gli eserciti occidentali, è isolato nel cerchio più esterno e nemmeno può tornare indietro. «So di alcuni nostri interpreti di Herat che ce l'hanno fatta nella notte a superare i cancelli.

 

Ma altri sono troppo fuori e non so come ce la potranno fare», racconta una persona che è in contatto diretto con molti di loro. I pochi eroici carabinieri del Tuscania, che erano a Kabul per proteggere l'ambasciata e da giorni stanno gestendo l'evacuazione, fino all'ultimo hanno sfidato l'ira degli americani e hanno fatto la spola tra dentro e fuori, varcando il cosiddetto «Abbey Gate», uno dei tre accessi all'aeroporto, per individuare nella calca le persone a cui gli italiani hanno promesso aiuto. Il punto, però, come detto, è che la finestra temporale si sta chiudendo inesorabilmente.

 

TALEBANI HERAT

 Già ieri i marines avevano l'ordine di far passare solo chi ha un passaporto americano o occidentale, oppure il visto. Ma naturalmente con le carte in regola non c'è quasi più nessuno. Non meraviglia, allora, che anche i taleban, da parte loro, adottino la medesima regola. E sembra proprio di vedere un accordo tra le due parti, relativamente a questi ultimissimi giorni. Il ponte umanitario era uno sforzo doveroso.

 

IL CONSOLE ITALIANO TOMMASO CLAUDI SALVA UN BAMBINO A KABUL 1

Ma non può nascondere il disastro di questo ritiro. I cui tempi e modi sono stati dettati esclusivamente dagli americani. Il nostro governo non vuole assolutamente polemizzare, ma negli interventi in Parlamento dei ministri Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, ieri, qualche messaggio in codice c'è.

 

Va letto bene tra le righe. Guerini ha tenuto a ribadire, per due volte, che «è stata scarsa se non nulla la resistenza delle forze di difesa afghane, scegliendo di fuggire oltre confine o di arrendersi, abbandonando ai taleban mezzi ed equipaggiamento». E poi: «Numerosi episodi di abbandono di mezzi e materiali».

 

prigionieri dei talebani a herat 1

Che però erano tutti armamenti di fonte statunitense. «Nessun sistema d'arma o mezzo militare italiano è stato ceduto alle forze afghane al momento del rientro del contingente». Così come ha lamentato Di Maio: «Non possiamo permettere che il Paese torni rifugio sicuro e terreno fertile per gruppi terroristici».

 

Solo che questa garanzia non si ravvede più tanto nell'intervento muscolare americano, quanto in «alleanze e coinvolgere tutti gli attori, specie quelli della regione, che condividono questa stessa preoccupazione, oltre Russia e Cina». Pare evidente che si pensa a un tavolo che veda insieme Iran, Turchia, Pakistan oltre le due grandi potenze citate. Non propriamente un tradizionale assetto atlantico. -

una soldatessa con una bambina afganaafghani provano a fuggire all aeroporto di kabul 4afghani in fuga dall aeroporto di kabul 2caos all aeroporto di kabul afghani provano a fuggire all aeroporto di kabul 2un soldato con un bambino afghanoafghani provano a fuggire all aeroporto di kabul 3afghani provano a fuggire all aeroporto di kabulafghani provano a fuggire all aeroporto di kabul 1afghani in fuga dall aeroporto di kabul 1TALEBANI HERAT

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?