boris johnson antonio riello jeremy corbyn

QUI LONDRA, A VOI ITALIA - IL VOTO BRITANNICO SPIEGATO PERFETTAMENTE DAL NOSTRO ANTONIO RIELLO: “IL “FATTORE CORBYN” E' STATO PIU' IMPORTANTE DELLA BREXIT. LA SUA PERSONALE ANTIPATIA PER L'UNIONE EUROPEA È STATA RITENUTA GENUINA MENTRE LO SVENTOLAMENTO DI UN RIPENSAMENTO SULL’USCITA DALL’UE È STATO INTERPRETATO COME UNA MERA TATTICA ELETTORALE - E' EVIDENTE PERÒ CHE UN TRIONFO COSÌ SOSTANZIOSO DEI CONSERVATORI HA ANCHE ALTRE FORTI RAGIONI…”

Antonio Riello per Dagospia

 

ANTONIO RIELLO

Oggi nel giorno dopo elezioni, a parte ovviamente Mr Boris Johnson, ad essere davvero contenta è la vecchia e  quasi-risorta Sterlina. Del resto, ben si sa, la vera nemica degli affari è l'incertezza. Qualsiasi tipo di politica economica (anche una mediocre) può essere velocemente metabolizzata (come una medicina amara) ma non avere le idee chiare sul futuro prossimo (in medicalese: avere una diagnosi in qualche modo certa) è pericolosissimo per qualsiasi tipo di investitore: si aspetta per veder cosa succederà e intanto gli affari non si fanno.

BORIS JOHNSON

 

Intendiamoci, al mondo degli affari la Brexit non piace e non è mai piaciuta. L'influente Financial Times ha in più occasione tuonato contro il divorzio da Bruxelles e soprattutto contro il modo disinvolto e arrogante con cui Johnson ha condotto le cose da quando ha "ereditato" da Theresa May il ruolo di leader del governo. Anche le elites universitarie, in stragrande maggioranza, hanno visto l'esito del referendum del 2016 come una scelta disgraziata e la figura di Johnson come quella di un buffone opportunista.

corbyn

 

Il problema vero di questo duello alle urne era che l'unica realistica ricetta anti-Brexit avrebbe potuto essere così amara (e piena di effetti collaterali a lungo termine) da risultare a sua volta perfino peggiore. Aveva un nome: Jeremy Corbyn. Per avere un secondo referendum  (il cui esito sarebbe stato comunque incerto....) si sarebbe dovuto automaticamente consegnare il governo del paese a lui per chissà quanto tempo.

 

blair corbyn

Corbyn è una curiosa reliquia della Guerra Fredda: uno stalinista nel momento e nel posto sbagliato della Storia. Il suo potere nasce dalla disgregazione e dalla perdita di identità del Labour (dopo il tramonto triste e controverso dell'avventura politica di Toni Blair, politico comunque oggi rimpianto da molti) quando un direttorio di "duri&puri" di sinistra ha preso le redini di un partito sbandato. Mr Corbyn, un carattere gelido e poco comunicativo, non solo ha in testa una politica di statalismo estremo e di tasse punitive per qualsiasi tipo di iniziativa privata, ha anche manifestato esplicite simpatie per il Venezuela di Maduro.

 

ANTONIO RIELLO ALLA MARCIA ANTI BREXIT

Sua massima ambizione geopolitica: uscire dalla Nato. Si dichiara spesso e volentieri ferocemente "antisionista" ma molti (anche all'interno dei laburisti) ritengono si tratti in realtà di un convinto antisemita (il famigerato Goebbels ne sarebbe stato piacevolmente colpito, molti non ne dubitano). Diversi parlamentari di religione israelita del Labour hanno confluito nei LibDem perchè non potevano assolutamente identificarsi nelle sue inaccettabili posizioni (che peraltro non ha mai provato seriamente a smentire).

 

Ma la cosa grave, in questo momento elettorale così cruciale, è che la sua personale antipatia per l'Unione Europea è stata ritenuta genuina mentre lo sventolamento di un ripensamento sulla Brexit è stato interpretato come una mera tattica elettorale.

 

jeremy corbyn fa un selfie controvoglia

E poi, siamo sinceri, il soggetto non sorride mai, sempre con la faccia di uno zelante e triste burocrate. La sua retorica politica insiste ancora nel rivolgersi alla mitica classe operaia, soggetto che quasi non esiste più, sostituita in gran parte da una massa informe di individui "irrilevanti nel mercato del lavoro" (secondo la definizione di Yuval Noah Harari). Massa che inoltre vive in uno stato di permanente intossicazione/eccitazione prodotta dai social media e dalle serie televisive (non certo dai comizi o dalle marce).

 

boris johnson al mercato del pesce di grimsby

L'analisi del voto per aree (fonte BBC) dimostra che il Labour non ha perso (-10,4%) solo nella aree a forte propensione Leave (nel North-East, Yorkshire, Midlands) ma anche in quelle dove il Remain aveva trionfato (Londra e South East, con un drammatico -6,4%).

La pesante sconfitta dei veri paladini del Remain, i LibDem, ha sorpreso  molti commentatori dato che sembravano in irresistibile ascesa. Il loro capo, la sorridente e spigliata Jo Swinson, ha già dato le dimissioni.

 

BORIS JOHNSON 2

In realtà questa imprevista debacle potrebbe trovare la sua logica nello stesso schema: il LibDem non sarebbe mai stato abbastanza forte per governare da solo, avrebbe potuto però fare un governo di coalizione, condizionando l'equilibro elettorale verso i Conservatori o i Laburisti. Il fatto è che con la posizione radicale di Johnson sulla Brexit sarebbe stato impensabile una loro alleanza con i Conservatori (in altri tempi assolutamente naturale). Sarebbe rimasto come alternativa sulla piazza solo Corbyn che, anche se magari indebolito dall'esito elettorale, avrebbe potuto (replicando un collaudato schema leninista) trovare in questi detestati borghesi-chic un utile strumento per assicurarsi il potere....

 

boris johnson

Come si diceva da noi ai tempi della Democrazia Cristiana: "mi turo il naso e voto DC" (per evitare guai peggiori). Qui, più o meno, è successo la stessa cosa. Tra un caos apparentemente  senza fine (con un possibile minaccioso corollario terzomondista) da una parte e il proseguimento di una scelta  (sicuramente avventata, sostanzialmente sbagliata e molto mal gestita) dall'altra, si è scelto quest'ultima strada. Per molti è stata di certo una decisione combattuta e non facile.

 

E' evidente però che un trionfo così sostanzioso dei Conservatori ha anche altre forti ragioni. Per prima cosa sono stati pesantemente aiutati dalla scelta dei sovranisti di Farage di non presentarsi alle urne e quindi di fatto di appoggiarli. Poi sono state astutamente intercettate le smanie di revival imperiale che recentemente affliggono certi settori della "Perfida Albione": l'orgoglio nazionale è sempre un punto sensibile dell'opinione pubblica.

boris johnson leccato dal cane

 

Ma di sicuro stavolta ha influito direttamente anche il personaggio Boris Johnson. E'  innegabilmente un opportunista assetato di potere. Ma possiede un suo non indifferente carisma, una cultura classica da "Etoniano" di tutto rispetto, una dialettica esuberante e una sfacciata e ostinata determinazione tutta britannica che a qualcuno, forse, ha fatto venire in mente (peraltro a torto....) addirittura il leggendario Churchill.

 

Corbyn, da parte sua, oggi ha già dichiarato che non guiderà più in futuro il Labour, e forse questo darà un po' di sollievo ad una Elisabetta II già pesantemente angustiata dalle atroci ed imbarazzanti performances del suo figliolo preferito, Andrew. Si vocifera che Sua Maestà sia una occulta e fervente  sostenitrice della Brexit.  Aleggia il dubbio contemporaneamente che il tormentato e intempestivo Erede al Trono, Charles, invece sostenga (privatamente) il parere opposto.

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…