marcelle padovani 1

"GLI ITALIANI DIMENTICANO TROPPO IN FRETTA E SI SOTTOVALUTANO" - MARCELLE PADOVANI, GIORNALISTA FRANCESE DA 50 ANNI NEL NOSTRO PAESE E VEDOVA DEL SINDACALISTA BRUNO TRENTIN: "L'ITALIA È UN LABORATORIO. QUI LE COSE AVVENIVANO PRIMA CHE NEL RESTO D'EUROPA, DAL TERRORISMO ALLA MAFIA. FALCONE MI FECE SUDARE UN'INTERVISTA, PENSAI "BEL CAFONE". OGGI IL POPULISMO DEL M5S È SCONFITTO, IL CASO DURIGON INVECE È LA PROVA CHE I CATTIVI A VOLTE RIPOSANO, GLI IMBECILLI NO. SULLE OLIMPIADI FORSE VI SIETE TROPPO AUTOESALTATI PERCHÉ..."

Concetto Vecchio per “la Repubblica

 

marcelle padovani 5

Marcelle Padovani, cosa ricorda del suo impatto con Roma?

«Erano i primi anni Settanta e nelle sere d'estate gli abitanti di Trastevere piazzavano i tavolini davanti agli usci per cenare al fresco».

 

Quanti anni aveva?

«Ventotto».

 

marcelle padovani 4

E lui?

«Quarantaquattro. Andammo a cena e rimasi ipnotizzata dal suo sguardo».

 

Era sposato?

«Separato. Lasciò la sua compagna di allora. Ci sposammo nel 1975».

 

bruno trentin 1

Quando iniziò come corrispondente?

«Nel 1974. Volevo vivere con Bruno e chiesi di essere trasferita a Roma. Il giornale non era interessato. Solo dopo le mie insistenze mi accontentò riducendomi però lo stipendio a 50mila lire al mese: era un ventesimo della mia retribuzione di allora. Accettai. Soltanto l'anno dopo tornai al mio stipendio originario».

 

marcelle padovani 1

Dove andaste a vivere?

«A Trastevere. E qui accadde un episodio incredibile. Un giorno Bruno rientrò a casa affranto: "Mi hanno rubato il borsello dalla macchina!". Mentre stavamo cercando di capire cosa gli avevano portato via squillò il telefono: era il segretario della sezione Pci di vicolo del Cinque. "Compagno Trentin, i ladri si scusano per averti sottratto il portafogli. Le pipe però le hanno già vendute».

 

bruno trentin 3

Cosa l'affascinava dell'Italia degli anni Settanta?

«Il fatto che fosse un laboratorio. Nel senso che qui le cose avvenivano prima che nel resto d'Europa, dal terrorismo alla mafia. Lo Stato era alle prese con fenomeni senza eguali e doveva capire come venirne a capo. Tutto questo era terribile ma anche affascinante per un giornalista.

 

marcelle padovani 6

Gli italiani dimenticano troppo in fretta questa loro natura di laboratorio, un luogo cioè dove si mescolano elementi raffinati e complessi che esigono risposte altrettanto raffinate e complesse. Nella lotta contro la mafia e il terrorismo lo Stato alla fine ha vinto nella sorpresa generale. Lo stesso sta avvenendo col populismo».

 

Il populismo è sconfitto?

sciascia

«Lo sarà. Per populismo mi riferisco a quello dei Cinquestelle, perché Matteo Salvini è soltanto un demagogo opportunista che ricorre al populismo quando gli serve».

 

Come nacque "La Sicilia come metafora", il libro intervista di Leonardo Sciascia?

«In Francia i suoi libri suscitavano sempre un grande interesse. Lo intervistai per il giornale. Un editore mi propose di farne un libro. Fino a quel momento Sciascia aveva detto di no a tutti».

 

marcelle padovani 2

Che tipo era Sciascia?

«Parlava soltanto della Sicilia, di Parigi, della mafia e di Racalmuto. Mai dell'Italia».

 

Quando ha conosciuto Giovanni Falcone?

«Nell'autunno del 1983 si cominciò a parlare di un capomafia, che detenuto in Brasile aveva deciso di collaborare con Falcone. Era novembre e volai a Palermo.

 

giovanni falcone e marcelle padovani

Alle sette di sera la Procura era deserta. Salii al secondo piano, e superai due porte blindate, davanti alla seconda Falcone aveva fatto piazzare una telecamera. Entrai e mi gelò: "Il nostro incontro salta, devo correre all'Ucciardone". "Possiamo cenare insieme?", obiettai. "Non mi sembra molto igienico", rispose".

 

Dago con un'amica e Marcelle Padovani

E lei? Che anno era?

«Bel cafone», pensai. Disse: "Domani mattina alle sette vado a Roma, si faccia trovare a Punta Raisi, così viaggiamo insieme e facciamo l'intervista in volo". Trovai in fretta un biglietto e mi presentai in aeroporto. Sull'aereo ci misero accanto, ma sfortuna volle che vicino a noi ci fosse anche Marco Pannella, che, mi disse Falcone, era venuto a consegnare la tessera radicale al boss Michele Greco. "Non mi sembra il caso di farla qui", tagliò corto Falcone».

 

Rido.

marcelle padovani (2)

«Arrivati a Roma Falcone mi spiegò: "Vada a casa, che all'ora di pranzo la mando a prendere". Ero definitivamente furibonda. Intorno alle tredici arrivò davvero un ufficiale della guardia di finanza, che mi condusse in una caserma di periferia. Entrai e trovai la tavola imbandita e il fuoco del camino acceso. Parlammo per due ore. L'intervista uscì il 30 dicembre col titolo: "Il piccolo giudice e la mafia".

 

Che uomo era Falcone?

«Parlava solo di mafia. Non mostrò mai il minimo interesse per la mia vita. Non mi chiese mai da dove venissi, che studi avessi fatto, niente di niente. Era monotematico, da qui è derivata la sua proverbiale efficienza, il suo professionismo.

 

marcelle padovani (1)

Come tutti i siciliani colti aveva il gusto per il racconto, era pieno di dettagli, ma inseriti dentro concetti più vasti. Per scrivere Cose di cosa nostra ci vedevamo in un ristorante a Roma, lui mangiava con gusto e io prendevo appunti, perché mi chiese di non registrare. Alla fine ero distrutta. Falcone invece ordinava, anche col caldo, una vodka».

 

«Bruno mi disse: "Invitiamo Giovanni a cena, dobbiamo festeggiare". Accettò. Parlammo dell'attualità politica, dell'irredentismo altoatesino, di Mahler che aveva avuto lì una casa, e la figura di Giovanni si rimpiccioliva nella sedia: si annoiava. A un certo punto feci riferimento a una notizia di cronaca che riguardava il figlio di Stefano Bontate e si ridestò di colpo, raddrizzandosi sulla sedia».

 

Era già al ministero, e la sinistra lo criticava per la sua collaborazione con il ministro Martelli. È stato un grave errore contestarlo?

«L'errore è doppio. Nel non avere capito l'importanza decisiva del suo codice antimafia e nel non avere mai fatto autocritica. Falcone viene incensato, senza essere studiato. Chiunque parli di mafia lo cita, spesso a sproposito. Da vivo fu molto solo, si contavano sulle dite di una mano i magistrati che lo sostenevano, i più lo criticavano per il suo presunto protagonismo mediatico».

marcelle padovani paola severini melograni kaspar capparoni

 

Non era vero?

«Per niente. Falcone non amava i giornalisti. In vita sua rilasciò pochissime interviste».

 

Cosa pensa del sottosegretario Durigon?

«È la conferma che i cattivi a volte riposano, gli imbecilli no».

 

Mario Draghi deve restare a palazzo Chigi o farsi eleggere al Quirinale?

«Rimanere a Palazzo Chigi. Ne va della credibilità dell'Italia a livello europeo. Sarebbe auspicabile che Mattarella accettasse un secondo mandato».

 

enrica toninelli pasquale chessa marcelle padovani

Cosa ha capito di noi italiani?

«Siete un popolo che si sottovaluta, al contrario di noi francesi che ci sopravvalutiamo. Anche se a volte sorrido della vostra capacità di autoesaltazione. Alle Olimpiadi avete conquistato dieci medaglie d'oro, come Germania, Francia, Olanda, eppure avete esultato come se foste arrivati primi».

 

paola severini melograni carlo freccero filippo losito marcelle padovani

Lavora ancora?

«Continuo a scrivere per Nouvel Observateur, purtroppo più per il web che per il magazine. E cerco anche di mettere in piedi un libro: il mio decimo dedicato all'Italia».

 

marcelle padovani 3

Si sente ormai italiana?

«Né italiana, né francese. Sono una corso-trasteverina».

Ultimi Dagoreport

dagospia 25 anni

DAGOSPIA, 25 ANNI A FIL DI RETE - “UNA MATTINA DEL 22 MAGGIO 2000, ALL’ALBA DEL NUOVO SECOLO, SI È AFFACCIATO SUI COMPUTER QUESTO SITO SANTO E DANNATO - FINALMENTE LIBERO DA PADRONI E PADRINI, TRA MASSACRO E PROFANO, SENZA OGNI CONFORMISMO, HAI POTUTO RAGGIUNGERE IL NIRVANA DIGITALE CON LA TITOLAZIONE, BEFFARDA, IRRIDENTE A VOLTE SFACCIATA AL LIMITE DELLA TRASH. ADDIO AL “POLITICHESE”, ALLA RETORICA DEL PALAZZO VOLUTAMENTE INCOMPRENSIBILE MA ANCORA DI MODA NEGLI EX GIORNALONI - “ET VOILÀ”, OSSERVAVA IL VENERATO MAESTRO, EDMONDO BERSELLI: “IL SITO SI TRASFORMA IN UN NETWORK DOVE NEL GIOCO DURO FINISCONO MANAGER, BANCHIERI, DIRETTORI DI GIORNALI. SBOCCIANO I POTERI MARCI. D’INCANTO TUTTI I PROTAGONISTI DELLA NOSTRA SOCIETÀ CONTEMPORANEA ESISTONO IN QUANTO FIGURINE DI DAGOSPIA. UN GIOCO DI PRESTIGIO…”

nando pagnoncelli elly schlein giorgia meloni

DAGOREPORT - SE GIORGIA MELONI  HA UN GRADIMENTO COSÌ STABILE, DOPO TRE ANNI DI GOVERNO, NONOSTANTE L'INFLAZIONE E LE MOLTE PROMESSE NON MANTENUTE, È TUTTO MERITO DELLO SCARSISSIMO APPEAL DI ELLY SCHLEIN - IL SONDAGGIONE DI PAGNONCELLI CERTIFICA: MENTRE FRATELLI D'ITALIA TIENE, IL PD, PRINCIPALE PARTITO DI OPPOSIZIONE, CALA AL 21,3% - CON I SUOI BALLI SUL CARRO DEL GAYPRIDE E GLI SCIOPERI A TRAINO DELLA CGIL PER LA PALESTINA, LA MIRACOLATA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA FA SCAPPARE L'ELETTORATO MODERATO (IL 28,4% DI ITALIANI CHE VOTA FRATELLI D'ITALIA NON È FATTO SOLO DI NOSTALGICI DELLA FIAMMA COME LA RUSSA) - IN UN MONDO DOMINATO DALLA COMUNICAZIONE, "IO SO' GIORGIA", CHE CITA IL MERCANTE IN FIERA E INDOSSA MAGLIONI SIMPATICI PER NATALE, SEMBRA UNA "DER POPOLO", MENTRE ELLY RISULTA INDIGESTA COME UNA PEPERONATA - A PROPOSITO DI POPOLO: IL 41,8% DI CITTADINI CHE NON VA A VOTARE, COME SI COMPORTEREBBE CON UN LEADER DIVERSO ALL'OPPOSIZIONE?

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…