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"NON BANALIZZO IL MALE, SEMMAI ESORCIZZO GLI ERRORI GIUDIZIARI" - SALVATORE BUZZI, L'UOMO FINITO AL CENTRO DEL PROCESSO MAFIA CAPITALE, HA APERTO A ROMA IL PUB DOVE I PANINI HANNO NOMI CHE RIMANDANO ALLA CRIMINALITÀ ROMANA: "LA NOSTRA INCHIESTA SI È ALIMENTATA DELLA FICTION. CARMINATI SEMBRAVA IL CAPO DI TUTTA ROMA. NON MI ASPETTAVO QUESTO CLAMORE, DOVREBBE VENIRE ANCHE IL MIO AMICO BOBO CRAXI A SUONARE" - SUI SOCIAL ESULTA PER LA SCONFITTA DELLA RAGGI E L'EX SINDACA COMMENTA: "SONO GIÀ TORNATI"

 

1 - BUZZI E IL PUB "MAFIA CAPITALE": "VERRÀ A SUONARE BOBO CRAXI"

Federico Capurso per “La Stampa

 

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Doppio hamburger, nduja, provola, cheddar, verdure grigliate e salsa Arizona. Sono gli ingredienti dell'hamburger «Mondo di mezzo», finito nel menù del nuovo locale aperto da Salvatore Buzzi all'estrema periferia est di Roma.

 

Si può ordinare anche un «Gomorra», un «Libanese» o un «Suburra»: ogni panino ha un riferimento al mondo della criminalità romana. Non vuole però che si faccia del «moralismo», Buzzi, che insieme a Massimo Carminati ha dato vita al Mondo di mezzo - quello vero - finito al centro dell'inchiesta inizialmente chiamata Mafia Capitale, anche se "mafia" non era.

 

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Da ieri, tra i tavolini in legno e gli scaffali pieni di libri che raccontano la sua vicenda giudiziaria, Buzzi ha iniziato a fare il ristoratore.  «Questa è la mia quarta o quinta vita, ho perso il conto», dice lui, in camicia nera e fazzoletto rosso che spunta dal taschino. «Speriamo sia quella buona».

 

Quei nomi non li poteva evitare? Don Ciotti sostiene siano una pericolosa banalizzazione del male.

«Non banalizzo il male. Semmai esorcizzo i gravissimi errori giudiziari. Don Ciotti, quando c'era chi banalizzava il crimine scrivendo libri e libri su di me e su Mafia Capitale, che non era mafia, non aveva niente da dire?».

 

Perché chiamarli in questo modo?

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«Perché siamo stati vittime di questi nomi. La nostra inchiesta si è alimentata della fiction. Era la fantasia che rincorreva la realtà: Carminati sembrava il capo di tutta Roma».

 

C'è anche il panino di Carminati?

«Certo che c'è: il panino Samurai. Non penso se la prenda. Anzi, se viene mi fa piacere. Dovrebbe venire anche il mio amico Bobo Craxi a suonare».

 

Sul menù scrive che i pm pagano doppio e i giudici il triplo. I suoi avvocati non le hanno consigliato di evitare certe provocazioni visto che il processo è ancora aperto?

«Ma no. Se i giudici sono ironici, capiscono. Comunque non credo che Giuseppe Pignatone (ex procuratore di Roma, ndr) entrerà mai nel mio locale».

 

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Così, non la supererà mai questa storia.

«Ormai sono su Wikipedia, dove mi definiscono imprenditore e criminale. Come si fa a superarla? Se lei è qui è perché ormai vengo associato a quel mondo. Ne farei volentieri a meno, mi creda».

 

Sembra che lei sfrutti la sua storia per farsi pubblicità.

«Mi fa piacere che ci sia questa attenzione, anche se non mi aspettavo tutto questo clamore, né questo moralismo».

 

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Vuole passare da vittima?

«Ho pagato. Sono stato condannato per 65mila euro di tangenti quando fatturavo 180 milioni. Quelle tre tangenti sono una cosa banale».

 

Ne parla come se non fossero un reato.

«D'accordo, ma sono cifre ridicole. Il resto era tutto un darsi da fare per farmi pagare dalla pubblica amministrazione. In cambio, assumevo il figlio o sponsorizzavo qualcosa. Non è corruzione, semmai concussione».

 

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È sempre un reato. Ma come è arrivato da quella vita alla decisione di aprire una paninoteca?

«Per un ristorante servivano troppi soldi. Dopo un anno di ricerca ho trovato questa occasione. Il locale andava male e il proprietario voleva vendere. Noi gli abbiamo chiesto di farci provare per un anno e per ora paghiamo 500 euro al mese».

 

Il mondo di mezzo è finito?

«Sì, ora faccio solo il ristoratore. Spero in una nuova vita».

 

2 - BUZZI ESULTA SUI SOCIAL PER LA SCONFITTA DI RAGGI E LEI: "SONO GIÀ TORNATI"

Daniele Autieri per “la Repubblica - ed. Roma

 

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Non si può dire che pecchi di senso dell'umorismo. Eppure l'ultima trovata di Salvatore Buzzi ha fatto infuriare Virginia Raggi, il suo entourage e le migliaia di follower che popolano e alimentano i profili social della sindaca uscente.

 

Per una volta, a tenere banco, non sono i fantasiosi nomi affibbiati ai panini del pub aperto dall'uomo divenuto simbolo del "Mondo di Mezzo", ma il video che Buzzi ha postato sulla sua pagina Facebook in cui l'addio della Raggi al Campidoglio viene raccontato mandando in rewind le immagini di cinque anni fa, quando la sindaca appena eletta arrivava in macchina sotto la statua di Marco Aurelio.

 

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Vedersi mentre cammina a passo di gambero, ripercorre all'indietro quegli scalini, si infila nell'auto e mestamente indietreggia fino a sparire dall'inquadratura, ha convinto la Raggi che fosse l'ennesima occasione buona per rispolverare la storia del ritorno dei Lanzichenecchi. E ieri la sindaca uscente ha pubblicato sul suo profilo il video di Buzzi accompagnandolo al laconico commento: «Sono già tornati».

 

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Il botta e risposta mediato dalla velina dei social era prevedibile dopo che i due protagonisti della vicenda se l'erano promessa pochi mesi fa quando - alla sentenza che ha fatto decadere l'accusa di mafia nei confronti di Buzzi e Carminati - la sindaca dichiarò: « Mafia Capitale è stato uno dei capitoli più bui della storia della nostra città: sono stati calpestati i diritti dei cittadini e questo è stato riconosciuto». In quel caso l'uscita della prima cittadina non andò giù a Buzzi che promise una querela e una richiesta di risarcimento danni da 100.000 euro.

 

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«Ogni promessa è mantenuta - chiosò all'epoca Buzzi in un video - ci vedremo in tribunale Virginia, ciao!». Non stupisce allora che il "rosso", come in tanti lo hanno chiamato per distinguerlo dal "nero" Carminati, si sia tolto l'ultimo sassolino dalla scarpa nei confronti di una sindaca che si è sempre raccontata come una paladina della lotta alla criminalità.

 

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«Se non era per me e per Giuseppe Pignatone (l'ex-procuratore capo di Roma) - scherza Buzzi mentre accoglie i primi ospiti del suo locale - non sarebbe mai diventata sindaca.

 

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Ha vissuto sulla retorica di mafia capitale che però mafia non era». Dagli Spada ai Casamonica, dalle periferie di Ostia ai palazzoni della Tuscolana, fino ai pullman della legalità spediti nelle piazze di spaccio di Tor Bella Monaca, la battaglia ai mafiosi è divenuta bandiera politica e scure elettorale, alimentata spesso dalle parole.

 

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E proprio sulle parole si è giocato anche l'ultimo round di questo match tra i paladini del bene e le forze del male. Lui, l'uomo nero, anzi rosso, ci ha riso su. «In questo locale pagano tutti - ha detto - amici, parenti e conoscenti, i pubblici ministeri pagano doppio e i giudici triplo». Viene da chiedersi quale sarebbe il conto presentato alla sindaca.

 

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