Dagoreport
giorgio napolitano e giorgia meloni
Re Giorgio ha guastato la festa di sora Giorgia. Rinviata alla prossima settimana la festa all'auditorium della Conciliazione organizzata per celebrare un anno di governo. Le meloniadi rinviate a causa della dipartita di Giorgio Napolitano. Detestato dagli ex An, quanto e più di Scalfaro. Domani si aprirà la camera ardente al Senato e a via della Scrofa si è reputato inopportuno festeggiare i risultati di governo mentre l'Italia piange il primo comunista alla presidenza della Repubblica.
Possibile tutto questo garbo istituzionale manco provenissero dalle frattocchie? La decisione ha destato molto fastidio anche perché brucia ancora l'alleanza tra Napolitano e l'allora presidente della Camera Fini. Che in lui ha sempre trovato un punto di riferimento. Può darsi semplicemente che il rinvio sia stato deciso per avere tutte per sé le telecamere dei TG. La dipartita di Napolitano avrebbe distratto telecamere, servizi, analisi, passerelle e marchettari in servizio permanente…
silvio berlusconi e giorgio napolitano
IL GELIDO ADDIO DELLA PREMIER CHE LO ACCUSÒ DI ESSERE UN TRADITORE Estratto dell’articolo di Antonio Bravetti per “la Stampa”
Una nota che gronda gelo. Scritta in sottrazione, scolastica fino a divenire esangue: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni «esprime cordoglio, a nome del governo italiano, per la scomparsa del presidente emerito della Repubblica, sen. Giorgio Napolitano. Alla famiglia un pensiero e le più sentite condoglianze». Chiunque abbia dimestichezza con i comunicati istituzionali sa che in queste poche righe c'è un giudizio politico e umano che non dà tregua alla lotta e scivola verso qualcosa di molto simile al rancore.
berlusconi napolitano instagram
La prima presidente del Consiglio post-fascista non concede nulla al primo presidente della Repubblica comunista. Nemmeno la frase di rito – «è stato un protagonista della vita politica del Paese» – che invece usa l'altro leader della destra, Matteo Salvini, che più volte si era scagliato contro Napolitano.
Meloni non ha niente da dichiarare se non tutta la disistima che ha espresso con dovizia di epiteti espliciti e l'irriducibile aggressività che per anni è stata la cifra della leader di Fratelli d'Italia, prima di giurare da premier di fronte a un altro Capo dello Stato poco amato: «Vile incompetente e traditore», lo definì così nel 2019, quando Napolitano non era più presidente da quattro anni e si dibatteva della guerra in Libia del 2011: «O si è piegato alle pressioni della Francia o tramava con Parigi contro i nostri interessi nazionali» era l'inappellabile sentenza della sovranista.
BIGLIETTO DI NAPOLITANO A PAOLO ROMANI CONTRO BERLUSCONI
Tre anni prima, 2016, l'ex migliorista del Pci non è più al Quirinale da oltre un anno. Si discute della riforma costituzionale di Matteo Renzi: «Il lavoro di Giorgio Napolitano non ha fatto bene all'Italia. Penso che siano sue responsabilità la rimozione dell'ultimo governo eletto dagli italiani e la nascita di tre governi non scelti da nessuno. A Napolitano piace un'Italia in cui i cittadini contano poco. Fa parte di un mondo e di un'intellighenzia che in Europa ritiene che il popolo sia bue e non serva a nulla, e che sia un bene che ci sia un'oligarchia di potere a governare».
Complotti europei, guerre per procura, élite contro popolo: nel ricettario populista di Meloni è facile trovare il colpevole di tutto questo. E considera tale Napolitano con un'assertività che è rimasta negli anni […] Meloni non ammette le emozioni della fine, asciuga retorica e sentimentalismo, pronta a vantare la propria «coerenza» fino all'ultimo. […]