matteo salvini

REFERENDUM, SI O NO? – LA CONSULTA DECIDERÀ OGGI SULLA CONSULTAZIONE CHIESTA DALLA LEGA A FAVORE DEL MAGGIORITARIO. LA POSTA IN GIOCO È ALTA: I GIUDICI SONO STATI MARCATI STRETTI DAI PARTITI DURANTE LE UDIENZE - SI GIOCA TUTTO SU UN PAIO DI VOTI – LA QUESTIONE È IMPORTANTE ANCHE PER I CONTRACCOLPI SUL GOVERNO. UN NO POTREBBE ESSERE UTILE A SALVINI, CHE INFATTI GIÀ PARLA DI UN RITORNO AL “MATTARELLUM”

 

 

corte costituzionale

Ugo Magri per “la Stampa”

 

Stamane la Consulta deciderà se ammettere il referendum elettorale della Lega, e la posta in gioco è talmente elevata che - prima volta nella storia della Repubblica - le arringhe degli avvocati si sono svolte sotto gli occhi vigili dei partiti. A marcare strettamente i giudici c' erano il padano Roberto Calderoli (nell' inedita veste di rappresentante della Regione Basilicata) e il capogruppo di Leu al Senato, Federico Fornaro.

matteo salvini roberto calderoli

 

In passato i politici evitavano di assistere alle udienze per un finto riguardo nei confronti della Corte costituzionale; stavolta, nemmeno più quello. Del resto, ieri è stato tutto un tambureggiare di appelli, avvertimenti e velate minacce. Soprattutto da destra, con Matteo Salvini e Giorgia Meloni in prima linea, quando si è sparsa la voce che la bilancia della Corte stava pendendo lievemente dalla parte del no al referendum.

consulta

 

Circola addirittura una stima, pallottoliere alla mano: 6 sarebbero i giudici decisi ad ammettere il quesito referendario e 8 invece quelli orientati a bocciarlo, più uno molto autorevole ma tuttora una Sfinge. Fossero numeri esatti, basterebbe che stanotte qualcuno avesse cambiato opinione per ribaltare gli equilibri della vigilia.

 

Il campo di battaglia

corte costituzionale 1FELICE BESOSTRI

Terreno di scontro sono aspetti piuttosto tecnici su cui ieri gli avvocati hanno incrociato le lame. Ma dietro le tesi giuridiche ne echeggiano altre, che tirano in ballo le fondamenta della nostra democrazia. Felice Besostri, storico fautore del proporzionale, ha esortato la Corte a bocciare un referendum che introdurrebbe da noi un sistema super-maggioritario all' inglese, espropriando i cittadini del loro diritto di scelta (o quel poco che ne rimane) per consegnarlo definitivamente alle segreterie dei partiti. Viceversa Giovanni Guzzetta, referendario della prim' ora e sostenitore dell' ammissibilità, ha messo in guardia la Consulta che, se bocciasse un referendum così ben formulato, priverebbe in futuro l' Italia del diritto di pronunciarsi sulle leggi elettorali: una ben grave responsabilità.

giovanni guzzetta

 

corte costituzionale

Inoltre, ha insistito nella sua arringa Guzzetta, vietando il referendum i giudici sarebbero costretti a spiegare come mai sono di manica stretta nei confronti del popolo sovrano, e non altrettanto severi con il Parlamento quando delega l' esecutivo a ridisegnare i collegi elettorali, due pesi e due misure. E' un peccato che questo nobile scontro di idee abbia avuto luogo a porte chiuse.

 

Il piano del "Capitano"

Ma l' attenzione dei Palazzi ormai è altrove, tutta rivolta ai contraccolpi che il verdetto potrà avere sulla durata della legislatura, sulla stabilità del governo e anche sulle prossime elezioni in Emilia Romagna. Già, perché se il centro-destra vincesse nella regione "rossa" per antonomasia, quel voto potrebbe innescare una reazione a catena dentro la maggioranza. E nel caso di bocciatura del "suo" referendum, Salvini si consolerebbe facendo la vittima (cosa che gli riesce bene) e denunciando le manovre dell' establishment. Insomma: un no della Corte disinnescherebbe la mina referendaria, alimentando però la grancassa del "Capitano".

MATTEO SALVINI E LUCIA BORGONZONI AL NOVEMBER PORC DI POLESINE PARMENSEmatteo salvini lucia borgonzoni 1lucia borgonzoni matteo salvinimatteo salvini roberto calderoli

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”