matteo salvini giovanni robertini

UN ROMANZO SPIEGA PERCHÉ SALVINI CE L'HA COI RADICAL CHIC: A SCUOLA LE COMPAGNE BONE DI SINISTRA NON GLIELA DAVANO - ESTRATTO DA ''LA SOLITUDINE DI MATTEO'' DI GIOVANNI ROBERTINI: ''TROVO IN RETE UNA FOTO DI MATTEO AI TEMPI DEL LICEO. FACEVA GIÀ POLITICA, LO SI CAPISCE DALLA CRAVATTA VERDE CON LO STEMMA DEL PARTITO. HA UNA PETTINATURA ANTICA E UN MAGLIONE CON LA CERNIERA LAMPO DI UN AZZURRO TRAGICO, SICURAMENTE UN REGALO DI FAMIGLIA, NESSUNO DEI SUOI COETANEI AVREBBE AFFIDATO LA PROPRIA GIOVINEZZA A UN COLORE COSÌ SFIGATO. EPPURE GLI OCCHI…''

 

 

la solitudine di matteo giovanni robertini

Che relazione c’e tra la scomparsa del sorriso di una ragazza e l’ascesa al potere di un politico? Una storia d’amore quasi vera e la risposta a questa domanda. Matteo, detto Teo, ha piu di quarant’anni quando si trasferisce nel monolocale all’ombra di un banano nella Milano dei boschi verticali. Fa il consulente per una casa discografica, cercando di portare al successo giovani trapper. In giornate solitarie perse tra sigarette, poke e ansiolitici, comincia a sviluppare una delirante ossessione per il politico suo omonimo, onnipresente nei programmi televisivi.

 

Quel Matteo gli fa tornare in mente Tilla, l’ex compagna da cui si e appena separato dopo anni di convivenza. Teo e Tilla si conoscono dai tempi del liceo, lo stesso liceo frequentato dal politico ora in campagna elettorale permanente. I destini dei tre ragazzi si incrociano fin dagli anni Novanta, quando il risentimento di Matteo per essere rifiutato dalle liceali radical chic come Tilla accende la sua passione politica, per attraversare una lunga estate tra una Milano di teste rasate e tatuaggi e i puntuti scogli dei creativi di Ginostra, fino al deserto della Libia dove Tilla si trova oggi per una missione umanitaria. In una bizzarra teoria del complotto, che trasforma il romanticismo in resistenza politica, Teo cerchera di ritrovare il sorriso che ha perso e il suo nuovo posto nel mondo, che sia un monolocale di design o uno scoglio in mezzo al mare.

 

 

Estratto da ''La solitudine di Matteo'' di Giovanni Robertini (Baldini e Castoldi):

 

Non bevo da parecchio tempo. Le sere senza l’alcol sono una sala d’aspetto per le emozioni dove il mio turno sembra non arrivare mai. Un gelato dal freezer, sigarette, televisione. Ho resistito solo due giorni senza nella casa nuova, poi ne ho comprata una a buon prezzo e una poltrona nera abbastanza comoda da permettermi di guardarla fino a saziarmi. I talk show durano piu di tre ore, e sono di antipatica compagnia, quindi particolarmente adatti. In due settimane di discussioni su tasse, deficit, immigrazione e di briciole di sushi accumulate sulla finta pelle lucida dove mi siedo, ho sviluppato un’ossessione per un politico.

matteo salvini giovane

 

 L’ho osservato ammiccare, rimproverare, scansare attacchi, fingere e dire la verita. Ricordo i suoi cambi d’abito, da programma a programma, camicia bianca o ancora piu sportivo, mai distinto, neanche con la giacca. L’ho inseguito col telecomando, di canale in canale, solo perche mi faceva pensare a Tilla, a quando c’eravamo conosciuti la prima volta. Matteo, il politico che occupava le serate della casa, aveva fatto il nostro liceo, un anno e una classe piu avanti, stessa sezione, la D.

 

Il caso di condividere lo stesso nome, anche se mi hanno tutti sempre chiamato solo Teo, cominciava ad apparire in tutta la sua allucinata forza, tanto da svegliarmi quando il primo telegiornale del mattino lo pronunciava, rimbombando tra le mura della solitudine come il richiamo di un muezzin dal minareto della moschea.

 

 

    E solo una coincidenza che il sorriso di Tilla sia mancato poco piu di un anno fa, quando Matteo dopo le elezioni e diventato uno degli uomini piu importanti e discussi d’Italia? Tanto il sorriso di Tilla sembrava promessa di felicita, quanto quello di Matteo assomiglia al rancore di un ghigno.

 

giovanni robertini

Le sue labbra nei pixel della televisione si mostrano insicure, nonostante siano protette dalla peluria della barba, come se fossero mozzicate da parole prepotenti che cercano di uscire anche quando e il turno di tacere, stando al regolamento dei talk show. Il gioco dei confronti tra il volto di fronte a me e quello della mia ex compagna che offusca tutto, sovrapponendosi al reale, esplode in uno spettacolo notturno di elettricita neurale. Sistemi complessi di ricordi si sfasciano e si ricompongono nel caos del caso. Tilla e Matteo sono vite dello stesso pianeta? Quel pianeta esiste ancora o e stato disintegrato?

 

Trovo in rete una foto di Matteo ai tempi del liceo. Faceva gia politica, lo si capisce dalla cravatta verde con lo stemma del partito. Ha una pettinatura piu antica dell’epoca che lo contiene e, sopra la camicia abbottonata fino alla cima del collo, ha un maglione con la cerniera lampo di un azzurro tragico, sicuramente un regalo di famiglia, nessuno dei suoi coetanei avrebbe affidato la propria giovinezza a un colore cosi sfigato.

un giovane matteo salvini

 

Eppure gli occhi sparati contro l’obiettivo del fotografo hanno la certezza della vittoria, non sono ancora campioni, ma si sentono forti abbastanza da poterlo diventare. Perche un campione in potenza indossa la divisa dello sconfitto?

 

Mi vengono in mente quei cowboy che nei film rubano il cinturone e il gilet di pelle al nemico che hanno appena ammazzato. Chi avra ucciso quel Matteo cosi giovane?

Sono tentato di chiamare Tilla, di chiederle cosa si ricorda di Matteo quando andavamo a scuola. Desisto presto dall’idea, non vorrei che lo considerasse un pretesto per parlare di noi, avrebbe anche ragione, almeno in parte.

 

Telefono a Lorenzo, un mio ex compagno di classe che scendeva sempre dal tram insieme a lui. Il nostro liceo aveva una sorta di chiamata a spicchio, in quella grossa arancia caduta a terra che era la citta all’inizio degli anni Novanta. Dal centro si aprivano due linee divergenti che arrivavano a includere non solo la periferia sud-ovest ma anche alcuni comuni dell’hinterland, cosi che il figlio del giornalaio potesse sedere allo stesso banco del figlio dell’imprenditore.

 

 Lorenzo era figlio di un sindacalista della Cgil e abitava al Giambellino, storico quartiere operaio e di occupazioni. L’ultima volta che l’avevo visto, tre anni fa in fila a un concerto dei Massive Attack, mi aveva detto di fare il grafico in un’agenzia di pubblicita. E stupito di sentirmi, balzo i convenevoli e gli chiedo subito di Matteo. Lo apostrofa in malo modo, livore e insulti, quasi si sentisse tradito piu dalla persona che dal politico. Gli augura ogni male, e invoca resistenza.

UN GIOVANE MATTEO SALVINI A DOPPIO SLALOM

 

Vorrei dirgli che resistere non serve a niente, non lo faccio. Devo ricomporre il caos e la sua resistenza mi puo essere utile ad accelerare il movimento. Scopro che Matteo abitava in zona Inganni, non un quartiere signorile ma dignitoso. Lorenzo e stato contaminato da quella pioggia ideologica radioattiva a bassa intensita che era la sezione di partito che frequentava suo padre portandoselo dietro la domenica quando giocava a carte con gli amici. Quindi diluisco le sue affermazioni nell’azzurro attempato del maglione di Matteo, ripenso ai cowboy e cosa facevano alle loro prede.

 

Chissa se il padre sindacalista del mio ex compagno aveva nell’armadio un indumento di un colore simile. Secondo Lorenzo, Matteo era uno della piccola media borghesia, ne ricco ne povero, nato in una famiglia che galleggiava decorosamente nell’oceano dei salariati, navigando tra supermarket, villeggiature estive, universita e promesse di riscatto.

 

Parliamo a lungo, e quell’odio che mi arriva dall’altra parte del telefono per il razzista, populista, fascista Matteo m’infastidisce e distrae. Devo attraversare il tunnel del mistero, ricordarmi il sorriso di Tilla, guardare il politico famoso alla televisione, perdermi nel mio dolore di solitudine per trovare quello che cerco. Lo saluto senza sapere cosa faccia oggi che ci sono un sacco di grafici pubblicitari a spasso, disoccupati.

GIOVANNI ROBERTINI

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