zingaretti di maio

L’ALL IN DI ZINGARETTI: SE NON RIESCE A VINCERE LA RESISTENZA DEI GRILLINI E A TRASFORMARE IL PATTO DI GOVERNO IN ALLEANZA POLITICA CON IL M5S IN VISTA DELLE REGIONALI, DELLA LEGISLATURA RESTERANNO SOLO MACERIE. E LA STESSA LEADERSHIP PD NE VERRÀ TRAVOLTA. GORI E BONACCINI HANNO GIÀ LANCIATO LA SFIDA E NEL PD AFFILANO I COLTELLI PER INFILZARE "ZINGA" DOPO L'ELECTION DAY DEL 21 SETTEMBRE...

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/partiti-sull-rsquo-orlo-crisi-nervi-nbsp-guerra-aperta-240294.htm

 

 

Stefano Cappellini per “la Repubblica”

 

ZINGARETTI 33

Nicola Zingaretti è molto preoccupato: «Serve - ha spiegato ieri a tutti i suoi interlocutori - che in queste ore ognuno si assuma le proprie responsabilità. Senza alleanze alle regionali, dopo il voto il governo rischia». Teme il segretario del Pd che, in mancanza di una svolta qui e ora, l'esecutivo guidato da Giuseppe Conte si esponga alla spallata dopo l'estate. C'è anche una data ufficiale su cui convergono i rischi di implosione della maggioranza giallorossa.

 

NICOLA ZINGARETTI LUIGI DI MAIO

Il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese ha annunciato che si appresta a varare il decreto che fisserà al 20 e 21 settembre le urne dell'election day: daranno il responso di sei Regioni chiamate a eleggere presidente e consiglio (Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia) e del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari.

 

zingaretti di maio

 Il centrodestra ha trovato un accordo in tutte le Regioni. I giallorossi si preparano ad andare in ordine sparso: fin qui non c'è un solo territorio nel quale l'attuale maggioranza si presenti compatta in tutte le sue componenti, cioè da Leu a Italia viva. Il 21 settembre, prevede Zingaretti, il governo potrebbe trovarsi a subire due colpi in sequenza, una sconfitta alle Regionali propiziata anche da queste divisioni e un Parlamento di fatto delegittimato dal pronunciamento degli italiani. Una miscela che, insieme agli effetti della crisi causata dall'emergenza Covid, potrebbe risultare fatale per una maggioranza sempre più sfilacciata e litigiosa.

stati generali lamorgese

 

In mattinata il leader del Pd affida il suo sfogo pubblico a un post dai toni insolitamente duri per lui: «Da oggi - scrive su Facebook - le destre combattono unite in tutte le regioni, anche se spesso all'opposizione sono divise. Per fortuna con candidati deboli, contestati e già bocciati in passato dagli elettori. Invece tra le forze politiche unite a sostegno del governo Conte prevalgono i no, i ma, i se, i forse, le divisioni. Si può governare insieme quattro anni l'italia ma non una regione o un comune perché questo significherebbe "alleanza strategica". Ridicolo!».

 

luciana lamorgese

Zingaretti cita anche Tafazzi, il celebre personaggio creato dal trio comico Aldo Giovanni e Giacomo che si trastullava nel flagello continuo delle parti intime. Nel denunciare il tafazzismo della maggioranza Zingaretti è allarmato più per l'anarchia regnante nel M5S che per gli smarcamenti di Matteo Renzi. Possono far danni alla coalizione anche questi, ovviamente. Soprattutto in Puglia, che è regione chiave per determinare l'esito della tornata elettorale (ieri Renzi ha offerto questa via d'uscita al Pd: "Togliete di mezzo Emiliano e torniamo a trattare»).

 

NICOLA ZINGARETTI GIORGIO GORI

Ma il problema è soprattutto la resistenza dei grillini a trasformare il patto di governo in alleanza politica vera e propria. Alleanza magari solo tattica, temporanea, ma strutturata e senza eccezioni. È su questa scommessa che Zingaretti ha accettato (controvoglia) lo scorso agosto di dar vita al governo con Di Maio. Se sfuma questo orizzonte, della legislatura resteranno solo macerie. E la stessa leadership Pd ne verrà travolta. Gori e, più defilato, Bonaccini hanno già lanciato una sfida per l'egemonia nel partito che passa dal superamento della stagione di accodi con il M5S. Zingaretti non ha mai creduto a una intesa di valori con il Movimento. Ha sempre pensato che il Pd potesse agganciarne la parte progressista, sull'asse che va da Conte a Fico, e disarmare l'ala nostalgica della formula gialloverde.

stefano bonaccini luigi di maio patto per l'export farnesina

 

zingaretti

Ma lo schema non può reggere se nel frattempo al Pd è inibita persino la modifica dei decreti sicurezza, bandiera del salvinismo che ancora sventola a un anno dalla fine del Conte uno, mentre alcune delle principali crisi industriali del Paese - Alitalia, Ilva e Autostrade - sono paralizzate da mesi anche a causa dai veti ideologici posti dal M5S. Sono questi dossier impaludati che gli avversari interni si preparano ad addebitare a Zingaretti, magari proprio dopo un passo falso nelle urne. Si lamenta un parlamentare molto vicino al segretario: «Non ci è sfuggito che alcuni esponenti intervenuti per placare lo scontro sulla linea del partito hanno detto: "Non è il momento". Che vuole dire? Che aspettano le regionali per tornare alla carica».

 

nicola zingaretti giuseppe conte

Per questo nel Pd c'è irritazione pure per le esitazioni di Conte, sia quelle nella definizione dell'agenda di governo (l'uscita sul taglio dell'Iva è stata considerata infelice e confusionale, i dem vogliono puntare tutto sulle taglio delle tasse sul lavoro) sia nel mancato esercizio perlomeno di una moral suasion sul M5S in tema di alleanze locali. Una lacuna giudicata anch' essa tafazziana, dato che sarebbe proprio Conte il primo a subire gli effetti della destabilizzazione se il conto delle regionali sarà in rosso. Una caduta del governo a settembre non porterebbe a elezioni. Aprirebbe la via, secondo Zingaretti, a soluzioni ponte che spazzerebbero via tutto l'investimento politico del Pd nel Conte bis e, non ultimo, sposterebbero la scelta del nuovo presidente della Repubblica su un asse diverso da quello della maggioranza in carica.

nicola zingarettiGIUSEPPE CONTE STEFANO BONACCINIzingaretti di maioNicola Zingaretti Luigi Di Maio Giuseppe ConteNICOLA ZINGARETTI GIORGIO GORI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…