armin laschet e angela merkel

SALVATE IL SOLDATO LASCHET – ANGELONA MERKEL E L’ULTIMO DISPERATO TENTATIVO DI CAMBIARE LE SORTI DEL CANDIDATO DELLA CDU-CSU SEMPRE PIÙ IN AFFANNO – LA CANCELLIERA SI E' LANCIATA IN UN APPOGGIO POCO CONVINTO, AGITANDO LO SPETTRO DI UNA COALIZIONE “ROSSO-ROSSO-VERDE” E FACENDO UN TIMIDO ELENCO DI PRIORITÀ – A LASCHET NON BASTA: QUASI LA METÀ DEI TEDESCHI VORREBBE SCHOLZ, CHE HA SAPUTO RACCONTARSI COME IL NATURALE EREDE DELLA MERKEL… - VIDEO

 

Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”

 

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Angela Merkel è tornata a casa. È tornata a Stralsund, sul Mare del Nord, dove l'hanno eletta deputata sin dal 1990. È tornata per una «mission impossible», che si sarebbe volentieri risparmiata, ma che le circostanze hanno reso inevitabile: salvare il soldato Laschet e la Cdu-Csu da una sconfitta che i sondaggi continuano a predire, nonostante qualche impercettibile accenno di recupero dell'Unione cristiano-democratica. È l'ultima volta, dopo 30 anni, che parla da cancelliera ai tedeschi del suo collegio elettorale. È un'impresa disperata, quella di Merkel, costretta a scendere dall'Olimpo in cui si era rinchiusa durante l'intera campagna elettorale, per dare il suo sostegno a un candidato e a un partito, al quale forse non è mai appartenuta per intero.

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«Il partito a me vicino», aveva detto nelle scorse settimane, prima di accorgersi della gaffe e aggiungere: «E del quale sono parte». Ma ora non è più tempo di distinguo, lapsus e sottigliezze super partes. Mancano cinque giorni al voto di domenica e Armin Laschet, il cavaliere di Aquisgrana che vanta perfino una discendenza con Carlo Magno, appare sempre più in affanno.

 

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Meno del 20% dei tedeschi dice di volerlo cancelliere, mentre quasi la metà gli preferirebbe Olaf Scholz, il socialdemocratico che ha saputo raccontarsi come l'erede naturale di Merkel. Quanto alla Cdu, che dal 2005 la cancelliera ha portato alla vittoria per quattro elezioni consecutive, con appena il 22% delle intenzioni di voto è ormai da settimane dietro la rediviva Spd, solidamente attestata intorno al 26%. Un diluvio impietoso e anche molti fischi accolgono Merkel nella città anseatica, dove nel 2006 fece da guida a un estasiato George W. Bush.

 

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Tutti ricordano il barbecue in cui l'allora presidente americano si occupò personalmente delle bistecche di maiale, girandole e rigirandole come solo un texano sa fare, sotto lo sguardo divertito della cancelliera. E quando un giornalista gli chiese se avrebbe fatto la stessa cosa con Vladimir Putin, che doveva incontrare il giorno dopo, Bush rispose. «I am looking forward to that pig». Nel senso dell'arrosto, probabilmente. Fra il pubblico c'è anche Wolfhard Molkentin, che nel dicembre 1990 era il responsabile locale della Cdu e che oggi ha 80 anni.

 

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Fu a lui, in cerca febbrile di un candidato per la circoscrizione 267, che un dirigente del partito suggerì di «prendere Merkel», allora sconosciuta portavoce dell'ultimo governo della Ddr. «Chi è Merkel?», fu la sua risposta. Ma accettò il consiglio. L'avrebbero rieletta per sette volte: «Già quando la vidi ai primi incontri con i militanti ho pensato che con lei avremmo potuto qualcosa», racconta Molkentin. Angela Merkel non è mai stata una grande oratrice. E neppure stasera si smentisce.

 

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Parla meno di dieci minuti e il suo sembra un appoggio senza pathos per Laschet, che appare provato dalla campagna. La cancelliera ricorda che la disoccupazione nel Meclenburgo-Pomerania Anteriore è scesa dal 24% del 2005 all'8% di oggi. «Molto è in gioco domenica prossima, la scelta è tra chi vuole dare alle persone e alle imprese la libertà di contribuire al benessere della Germania, creando buoni posti di lavoro, e chi pensa solo a distribuire invece di creare ricchezza». Come già al Bundestag la scorsa settimana, Merkel cerca di chiamare il bluff di Scholz, marcando le differenze tra lei e il candidato socialdemocratico: «Non è uguale chi sarà al governo della Germania».

 

laschet baerbock scholz

E anche lei abbraccia l'argomento della disperazione, agitando lo spettro di una coalizione «rosso-rosso-verde», tra la Spd, la Linke e i Grünen, invero molto improbabile e per nulla nei piani di Scholz, che tuttavia si rifiuta di escluderla per ragioni tattiche. «Non sarebbe un bene per l'Europa» e non darebbe alla Germania le «finanze solide a cui bisognerà tornare dopo il debito imposto dalla pandemia», avverte la cancelliera.

 

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Merkel fa un timido elenco delle priorità per il prossimo governo, a cominciare dalla digitalizzazione, dove però è proprio lei sul banco degli imputati, la Germania rimanendo uno dei Paesi meno digitalizzati d'Europa. Le è più facile accusare i socialdemocratici di voler aumentare le tasse e rimettere lo Stato al centro dell'iniziativa economica, mentre «creare posti di lavoro è compito dei piccoli e grandi imprenditori».

armin laschet

 

Poi, tendendo il braccio verso il candidato della Cdu-Csu, aggiunge: «Conosco Armin Laschet come premier del Nord Reno-Vestfalia e so che un esecutivo guidato da lui può continuare a garantire benessere e sicurezza alla Germania anche negli anni a venire». Non c'è entusiasmo, non c'è mai stato per la verità, nella perorazione della cancelliera. Ma ad Armin Laschet basta. L'importante per lui è averla accanto, smentire con la prossimità fisica la narrazione che ha dominato la campagna, quella secondo cui sarebbe Scholz a incarnare la continuità.

 

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Perché dopo sedici anni è ancora lei la personalità politica più amata dai tedeschi, incerti e nervosi di fronte alla prospettiva di perdere la madre della nazione. Il candidato conservatore ringrazia e rende omaggio alla donna che «ci ha guidati con successo attraverso quattro grandi crisi». Venerdì e sabato Angela Merkel sarà nuovamente con Laschet nella sua Aquisgrana, ultima chiamata alle armi per il popolo cristiano-democratico. Anche nel 2017, quando Laschet correva per guidare il Nord Reno-Vestfalia, la cancelliera chiuse con lui la campagna elettorale. Fu eletto a sorpresa, battendo la popolarissima socialdemocratica Hannelore Kraft. Ripetere la Grande Magia questa volta appare molto più complicato.

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