al sisi di maio regeni

LO SCANDALO PURPUREO DEL CAIRO: GLI AFFARI VENGONO PRIMA DELLA VITA DI GIULIO REGENI – I SOLDI DELL'EGITTO PER LA VENDITA DELLE DUE NAVI PERCHE' AL SISI NON VUOLE AMMETTERE CHE E' STATO UN DELITTO DI STATO - IL PD IN IMBARAZZO MA DI MAIO, CHE ERA D'ACCORDISSIMO CON CONTE SULL'OPERAZIONE, PROVA A FARE IL PRAGMATICO: L’ITALIA HA BISOGNO DI BUONI RAPPORTI D'AFFARI CON IL REGIME EGIZIANO. INCASSATO IL DENARO, VADA A SPIEGARLO AI GENITORI DI GIULIO...

 

 

 

1 - ’IL PREZZO DEL SANGUE È QUESTO CHE PAGA L’EGITTO’’. CONTE E L’AMMIRAGLIO MASSAGLI NELLA BUFERA PER LA VENDITA DELLE 2 NAVI MILITARI DESTINATE ALLA MARINA MILITARE ITALIANA AD AL SISI CHE COSÌ PAGA IL SUO ‘’DEBITO’’ PER LE MENZOGNE SUL CASO REGENI

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/lsquo-rsquo-prezzo-sangue-questo-che-paga-238983.htm

 

2 - MAGGIORANZA DIVISA SULLE ARMI AD AL-SISI. IL GOVERNO È IN STALLO

Francesco Grignetti per “la Stampa”

 

AL SISI GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte si rende conto che non è aggirabile la figura di Giulio Regeni. Vendere all'Egitto di Al-Sisi due navi da guerra, ha scatenato la reazione della famiglia, che si sente tradita, e di mezza maggioranza. Perciò, alla convocazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul delitto del giovane ricercatore italiano, risponde: «Ho urgenza di chiarire, anche se mi dicono che non è usuale la convocazione del presidente del Consiglio».

 

Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a sua volta scandisce in Parlamento: «Resta ferma la nostra incessante richiesta di progressi significativi nelle indagini sul caso del barbaro omicidio di Giulio Regeni». Di Maio dice anche di più: «La vendita delle fregate all'Egitto è ancora da autorizzare». In realtà è un sottile equilibrismo lessicale.

 

giulio regeni 1

È sicuramente vero che manca l'ultima firma dell'organismo tecnico, la Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento, che è presieduto da un ambasciatore, ma il via libera politico è stato rilasciato dal premier durante la telefonata del 7 giugno con il presidente Al- Sisi. Se ne era parlato al consiglio dei ministri del 5 giugno, su impulso di Di Maio, che si trova a dover gestire l'ultimo passaggio di un dossier finora gestito da palazzo Chigi.

 

CARLO MASSAGLI GIUSEPPE CONTE

In quell'occasione, però, i ministri Roberto Speranza (LeU) e Dario Franceschini (Pd) hanno sollevato problemi di opportunità e quindi la discussione era stata aggiornata. Di Maio vi ha dedicato un criptico accenno quando ha parlato di «una valutazione politica che è in corso a livello di delegazioni di governo, sotto la guida del presidente del consiglio».

 

Di Maio non è pregiudizialmente contrario alla vendita. Anche lui è dell'opinione che buoni rapporti con il regime del Cairo aiuterebbero le indagini, e non il contrario. Né sottovaluta gli aspetti geopolitici: nell'area sono in corso grandi manovre, e per questo ha sottolineato come l'Egitto «resti uno degli interlocutori fondamentali nel quadrante mediterraneo nell'ambito di importanti dossier come il conflitto in Libia, la lotta al terrorismo e ai traffici illeciti, nonché la gestione dei flussi migratori e la cooperazione in campo energetico».

 

roberto fico

La vendita di armamenti è un grosso business, insomma, ma non solo. Le due fregate valgono 1,2 miliardi di euro. All'orizzonte ci sono opzioni per altre quattro fregate, venti pattugliatori, 24 caccia Eurofighter e altrettanti addestratori M-346. Una partita da oltre 10 miliardi di euro. E poi c'è il gas, trovato dall'Eni nel mare egiziano. Lo sblocco delle commesse militari, però, riapre vecchie ferite dolenti.

 

È partita sui social la campagna StopArmiEgitto, su iniziativa di Rete italiana per il disarmo, Amnesty international e Rete della pace. E non ci sono soltanto i mal di pancia grillini o la sofferenza di Roberto Speranza. Si è spaccato anche il Pd.

 

AL SISI DI MAIO

A fronte dell'assenso di Roberto Gualtieri e Lorenzo Guerini, è insorto Matteo Orfini: «Leggo che il Pd sarebbe favorevole. Posizione che non abbiamo mai discusso da nessuna parte. E che è sbagliatissima».

 

Contrari anche Gianni Cuperlo, Laura Boldrini, Lia Quartapelle. Epperò due esponenti di peso della segreteria gli hanno già dato sulla voce. Scrivono Alberto Pagani e Carlo Miceli sul sito Europa Atlantica: «Decisione ragionevole e politicamente opportuna». E concludono rudemente: sarebbe «espressione di una visione politica limitata legare questo tema solo alla giusta insoddisfazione per l'inconcludenza delle indagini sul caso Regeni». -

GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO

 

3 – "MA CHIUDERE LA PORTA AL CAIRO DANNEGGIA LE INDAGINI SU GIULIO"

Francesca Sforza per “la Stampa”

 

Sbattere la porta in faccia all'Egitto, richiamare l'ambasciatore, scegliere in altre parole la strada dell'interruzione di ogni contatto per ribadire l'importanza di avere risposte esaurienti sul caso Regeni non è considerata una strategia vincente. Non soltanto da Palazzo Chigi, ma da tutta una componente di governo, maggioritaria, convinta piuttosto del contrario: tenere aperti i canali di dialogo è l'unico modo per ottenere qualcosa sul fronte giudiziario.

 

massagli

Viene ricordato che le procure hanno ripreso a parlarsi dal 15 gennaio scorso, in un confronto che ha visto la parte italiana presentare l'intero dossier a quella egiziana, che era stata nel frattempo azzerata e ricostituita. E si parla insistentemente di una videoconferenza tra le due autorità giudiziarie, che a breve dovrebbe fare il punto sugli sviluppi ed eventuali avanzamenti dell'indagine.

 

Non sfugge, agli ambienti di governo, che la questione delle commesse militari possa risultare di difficile digestione da parte dell'opinione pubblica, ma l'invito è proprio quello ad allargare lo sguardo sui molti fattori in gioco.

 

Non si tratta soltanto di firmare un accordo che porterebbe alle partecipate statali Leonardo e Fincantieri un indubbio vantaggio economico - con evidenti ricadute in termini di indotto e creazione di posti di lavoro - ma di stabilire con l'Egitto un'interlocuzione ad ampio raggio su alcuni dei dossier più caldi del Mediterraneo.

 

GIULIO REGENI

Al primo posto c'è la stabilizzazione della Libia, che in questa fase rischia di precipitare nuovamente fuori dal controllo delle democrazie occidentali, mentre invece è importante che sia tenuta all'interno degli obiettivi della Conferenza di Berlino e resti il più possibile sotto l'ombrello Onu.

 

Ci sono poi la lotta al terrorismo e il contrasto all'immigrazione illegale, tutte questioni decisive per l'equilibrio dell'area, su cui l'Egitto è un player fondamentale e su cui è importante che l'Italia continui a essere un partner di riferimento. Aprire più canali di dialogo è considerato al momento l'unico modo per cercare di ottenere la verità sul caso Regeni.

Giulio Regeni

 

Se in presenza di un diritto violato, questo il ragionamento che circola in questo momento tra Palazzo Chigi e la Farnesina, si sceglie la via del silenzio e dell'interruzione dei rapporti, che possibilità ha quel diritto di essere riaffermato? In un anno e mezzo di assenza dell'ambasciatore italiano al Cairo non si sono registrati passi avanti nella ricerca della verità sul brutale assassinio del ricercatore italiano.

 

E viene ricordata, in queste ore, la posizione di Emma Bonino, ex ministro degli Esteri e profonda conoscitrice dell'Egitto, che da subito giudicò un errore strategico il ritiro dell'ambasciatore per un tempo così lungo. In quell'occasione Bonino osservò che la rappresentanza diplomatica, al contrario, sarebbe dovuta essere potenziata, altro che svuotata.

 

GIULIO REGENI E AMICI

L'immunità diplomatica avrebbe permesso ai funzionari italiani di presenziare a eventi pubblici, riunioni sindacali, raduni, e raccogliere a caldo informazioni e contatti utili al ristabilimento della verità. Oggi - questa la convinzione di Palazzo Chigi - le possibilità di ottenere risultati sull'omicidio Regeni sono aumentate rispetto al passato. E se nessuno è in grado di offrire garanzie o certezze, l'alternativa è nota: a silenzio italiano seguirebbe un silenzio egiziano ancora più profondo.

 

Ultimi Dagoreport

affari tuoi la ruota della fortuna pier silvio berlusconi piersilvio gerry scotti stefano de martino giampaolo rossi bruno vespa

DAGOREPORT - ULLALLÀ, CHE CUCCAGNA! “CAROSELLO” HA STRAVINTO. IL POTERE DELLA PUBBLICITÀ, COL SUO RICCO BOTTINO DI SPOT, HA COSTRETTO PIERSILVIO A FAR FUORI DALLA FASCIA DELL’''ACCESS PRIME TIME” UN PROGRAMMA LEGGENDARIO COME “STRISCIA LA NOTIZIA”, SOSTITUENDOLO CON “LA RUOTA DELLA FORTUNA”, CHE OGNI SERA ASFALTA “AFFARI TUOI” – E ORA IL PROBLEMA DI QUELL’ORA DI GIOCHINI E DI RIFFE, DIVENTATA LA FASCIA PIÙ RICCA DELLA PROGRAMMAZIONE, È RIMBALZATO IN RAI - UNO SMACCO ECONOMICO CHE VIENE ADDEBITO NON SOLO AL FATTO CHE GERRY SCOTTI SI ALLUNGHI DI UNA MANCIATA DI MINUTI MA SOPRATTUTTO ALLA PRESENZA, TRA LA FINE DEL TG1 E L’INIZIO DI “AFFARI TUOI”, DEL CALANTE “CINQUE MINUTI” DI VESPA (CHE PER TENERLO SU SONO STATI ELIMINATI GLI SPOT CHE LO DIVIDEVANO DAL TG1: ALTRO DANNO ECONOMICO) - ORA IL COMPITO DI ROSSI PER RIPORRE NELLE TECHE O DA QUALCHE ALTRA PARTE DEL PALINSESTO IL PROGRAMMINO CONDOTTO DALL’OTTUAGENARIO VESPA SI PROSPETTA BEN PIÙ ARDUO, AL LIMITE DELL’IMPOSSIBILE, DI QUELLO DI PIERSILVIO CON IL TOSTO ANTONIO RICCI, ESSENDO COSA NOTA E ACCLARATA DEL RAPPORTO DIRETTO DI VESPA CON LE SORELLE MELONI…

antonio pelayo bombin juan carlos

DAGOREPORT: COME FAR FUORI IL SACERDOTE 81ENNE ANTONIO PELAYO BOMBÌN, CELEBERRIMO VATICANISTA CHE PER 30 ANNI È STATO CORRISPONDENTE DELLA TELEVISIONE SPAGNOLA "ANTENA 3", CUGINO DI PRIMO GRADO DELL’EX RE JUAN CARLOS? UN PRETE CHE A ROMA È BEN CONOSCIUTO ANCHE PERCHÉ È IL CONSIGLIERE ECCLESIASTICO DELL'AMBASCIATA SPAGNOLA IN ITALIA, VOCE MOLTO ASCOLTATA IN VATICANO, CAPACE DI PROMUOVERE O BLOCCARE LA CARRIERA DI OGNI ECCLESIASTICO E DI OGNI CORRISPONDENTE SPAGNOLO – PER INFANGARLO È BASTATA UNA DENUNCIA AI CARABINIERI DI ROMA DI UN FINORA NON IDENTIFICATO CRONISTA O PRODUCER DI REPORT VATICANENSI CHE LO ACCUSA DI VIOLENZA SESSUALE, IMPUTAZIONE DIVENTATA NELLA DISGRAZIATA ERA DEL METOO L’ARMA PIÙ EFFICACE PER FAR FUORI LA GENTE CHE CI STA SUL CAZZO O PER RICATTARLA – IL POVERO PELAYO È FINITO IN UN TRAPPOLONE CHE PUZZA DI FALSITÀ PIÙ DELLE BORSE CHE REGALA DANIELA SANTANCHÉ E DELLE TETTE DI ALBA PARIETTI – IL SOLITO E BIECO SCHERZO DA PRETE, PROBABILMENTE USCITO DALLE SACRE MURA DELLA CITTÀ DI DIO…

giorgia meloni gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - LE RESURREZIONI DI “LAZZARO” SANGIULIANO NON SI CONTANO PIÙ: “BOCCIATO” DA MINISTRO, RIACCIUFFATO IN RAI E SPEDITO A PARIGI, ORA SBUCA COME CAPOLISTA ALLE REGIONALI CAMPANE - ESSÌ: DIVERSAMENTE DAGLI IRRICONOSCENTI SINISTRATI, A DESTRA LA FEDELTÀ NON HA SCADENZA E GLI AMICI NON SI DIMENTICANO MAI - DURANTE I TRE ANNI A PALAZZO CHIGI, IL “GOVERNO DEL MERITO COME ASCENSORE SOCIALE” (COPY MELONI) HA PIAZZATO UNA MAREA DI EX DEPUTATI, DIRIGENTI LOCALI, TROMBATI E RICICLATI NEI CDA DELLE AZIENDE CONTROLLATE DALLO STATO - COME POTEVA LA STATISTA DELLA GARBATELLA DIMENTICARE SANGIULIANO, IMMARCESCIBILE DIRETTORE DEL TG2 AL SERVIZIO DELLA FIAMMA? IL FUTURO “GENNY DELON” ‘’ERA SALITO TALMENTE TANTO NELLE GRAZIE DELLA FUTURA PREMIER DA ESSERE CHIAMATO A SCRIVERE PARTE DEL PROGRAMMA DEI MELONIANI, INVITATO A CONVENTION DI PARTITO E, ALLA FINE, RICOMPENSATO ADDIRITTURA CON UN POSTO DI GOVERNO’’ - E’ COSÌ A DESTRA: NESSUNA PIETÀ PER CHI TRADISCE, MASSIMO PRONTO SOCCORSO PER CHI FINISCE NEL CONO D’OMBRA DEL POTERE PERDUTO, DOVE I TELEFONINI TACCIONO E GLI INVITI SCOMPAIONO… - VIDEO

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO

giorgia meloni antonio tajani maurizio casasco marina pier silvio berlusconi salvini

DAGOREPORT - TAJANI, UNA NE PENSA, CENTO NE SBAGLIA. IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA CI HA MESSO 24 ORE AD ACCORGERSI CHE GIORGIA MELONI HA STRACCIATO UNO DEI SUOI CAVALLI DI BATTAGLIA IN EUROPA: IL SUPERAMENTO DEL DIRITTO DI VETO. IL MINISTRO DEGLI ESTERI È RIUSCITO A PARTORIRE SOLO UNA DICHIARAZIONE AL SEMOLINO (“HA DETTO LA SUA OPINIONE, IO PENSO INVECE CHE SI DEBBA FARE QUALCHE PASSO IN AVANTI”), MENTRE È STATO ZITTO DI FRONTE ALLE INVETTIVE ANTI-RIARMO E CONTRO L’UE DEI PARLAMENTARI LEGHISTI. IL POVERINO È ANCORA STORDITO DALLA PROMESSA, SCRITTA SULLA SABBIA, CON CUI L'HA INTORTATO LA DUCETTA: SE FAI IL BRAVO, NEL 2029 TI ISSIAMO AL QUIRINALE AL POSTO DI MATTARELLA (E CI CREDE DAVVERO) – IN TUTTO QUESTO BAILAMME, TAJANI PROVA A METTERE LE MANI SULLA CONSOB CON UNA MOSSA DA ELEFANTE IN CRISTALLERIA: NOMINARE IL DEPUTATO AZZURRO MAURIZIO CASASCO. MA SI È DIMENTICATO DI COORDINARSI CON LA FAMIGLIA BERLUSCONI, CHE NON L’HA PRESA BENE…