giuseppe conte con enrico letta

SE IL CENTRODESTRA È DIVISO, A SINISTRA STANNO MESSI PEGGIO - IL CROLLO DELL’OPZIONE BERLUSCONI DIMOSTRA CHE SALVINI E MELONI NON HANNO NUMERI SOLIDI PER ESPRIMERE UN CANDIDATO FORTE AL COLLE, MA LETTA E CONTE NON SONO D’ACCORDO NEMMENO SUL DESTINO DI DRAGHI: IL SEGRETARIO DEL PD LO VORREBBE AL QUIRINALE, GIUSEPPI LO PREFERISCE AL GOVERNO - PER I GIALLOROSSI I NOMI IRRICEVIBILI SONO QUELLI DI CASELLATI, PERA E MORATTI - SI VA VERSO UNA SOLUZIONE DI BANDIERA PER LE PRIME VOTAZIONI: ANDREA RICCARDI...

Annalisa Cuzzocrea per “La Stampa

 

enrico letta e giuseppe conte 2

«Non hanno alcun diritto di imporre nomi o strategie», dice Enrico Letta. «Dopo quello che è successo oggi con il balletto delle dichiarazioni, la deflagrazione della coalizione di centrodestra è l'ennesima dimostrazione che non solo non sono maggioranza, ma sono anche profondamente divisi e lacerati».

 

GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA

Sembra quasi di sentirlo, il respiro di sollievo nelle parole del segretario Pd. Letta pensa che a questo punto l'unico negoziato percorribile - da fare insieme agli alleati di M5S e Leu - sia la ricerca di «un nome di alto profilo, super partes e largamente condiviso». Mentre ne parla, la figura che si staglia chiara sembra ancora quella del presidente del Consiglio Mario Draghi.

 

stefano patuanelli matteo salvini giuseppe conte

Ma su questo, gli alleati del Movimento 5 stelle hanno molti più dubbi. Trasversali: vanno da Conte a Stefano Patuanelli a Paola Taverna. Solo Di Maio non ne è intaccato, solo il ministro degli Esteri pensa sia lì che bisogna andare.

 

È la ragione per cui Letta mette in campo prima di ogni cosa il patto di legislatura. E per la quale - dopo che ieri tutti i leader si sono sentiti con telefonate continue e incrociate - oggi vedrà per primo Matteo Renzi e poi, alle 10:30 del mattino, Giuseppe Conte e Roberto Speranza con i rispettivi capigruppo di Camera e Senato.

 

GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI AD ATREJU

Un incontro a 9, cui ne seguiranno altri con il segretario della Lega Matteo Salvini, con la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni e con un emissario di Silvio Berlusconi, chiunque decida di mandare. Il tutto per provare - ancora - a togliere dal campo tutte le ipotesi che i dem considerano irricevibili (Casellati, Pera, Moratti) e per sondare quanto siano davvero forti quelle cui sarebbe invece difficile dire di no, come Pier Ferdinando Casini.

 

paola severino marta cartabia maria elisabetta alberti casellati quirinale by macondo

Ma anche, a questo punto appare chiarissimo, per parlare di come fare a far reggere la legislatura in ogni caso: che Draghi vada al Colle oppure no. Anche per come la partita del Quirinale ha svelato le differenze e le diffidenze interne alle coalizioni, torna con insistenza il tema di una legge elettorale proporzionale che possa liberare i partiti da matrimoni forzati (l'unica contraria sembra Giorgia Meloni, non a caso la più furente dopo il vertice di ieri).

 

E poi c'è bisogno di parlare di un ipotetico nuovo governo, nel caso i nomi delle diverse parti continueranno a essere bruciati e si arrivi a un accordo in extremis sul premier. Perché è vero che nella nota del centrodestra c'è un riferimento alla necessaria continuità del governo Draghi, ma è anche vero che è più sfumato di quanto si temesse.

 

MATTEO RENZI LORENZO GUERINI

«In realtà - ha detto ai suoi il ministro della Difesa Lorenzo Guerini - il centrodestra che non ha i numeri su Berlusconi, pur avendoli tanto cercati, non può averli su un altro candidato di parte. È la prova di quel che dicevamo. Adesso bisogna lavorare».

 

Non sarà semplice. Dice Giuseppe Conte, dopo aver aspettato l'esito della riunione del centrodestra: «Sono molto soddisfatto per il ritiro di Berlusconi. Il che si aggiunge all'ulteriore soddisfazione per il fatto che adesso tutti si stanno lentamente rendendo conto che non possiamo permetterci di interrompere l'azione del governo di unità nazionale e sostituire Draghi a Chigi».

 

mattarella draghi

Sono parole e ragionamenti molto diversi da quelli che si sentono al Nazareno. Ma il presidente M5S spiega anche che «sarebbe troppo alto il rischio di bloccare il Paese con una crisi di governo difficilmente risolvibile e di mortificare i cittadini nelle loro aspettative e concrete esigenze».

 

Non è un caso che negli ultimi giorni abbia fatto un altro tentativo, attraverso degli emissari, per verificare non sia proprio possibile un Mattarella bis. Quello che i 5 stelle tendenza Conte sperano è che l'asse ritrovato con Salvini spinga tutti in questa direzione. E che dai prossimi vorticosi incontri esca un nome che possa vincere le resistenze di tutti.

 

sergio mattarella mario draghi festa della repubblica 2021

Nelle scorse ore Conte - che sta cercando di tenere in mano il gioco - ha sentito anche Giorgia Meloni. E a tutti ha spiegato che per il Movimento far parte di un nuovo governo sarebbe molto difficile. E che anzi, per poterlo fare - in caso fosse Draghi ad andare al Colle - ci sarebbe un unico modo: far sì che a votarlo siano gli iscritti sulla nuova piattaforma informatica.

 

Perché la paura dei vertici M5S di un'ulteriore perdita di consensi è quasi maggiore di quella dei parlamentari di dover tornare a casa prima del tempo. Prima, anche, di quel famoso 15 settembre in cui scatterà il diritto alla pensione. Così per quanto gli alleati si dicano uniti, giocano in realtà partite molto diverse che non sarà facile comporre.

 

pierferdinando casini saluta fedele confalonieri (5)

Il Pd ha al suo interno una larga fetta di parlamentari che andrebbe senza problemi anche su nomi come Casini o Frattini. A partire da Dario Franceschini, ma non si tratta solo del ministro della Cultura. Anche se al Nazareno a tutti chiedono, con formula retorica: «E siete sicuri che a quel punto Draghi resterebbe? E che non crollerebbe invece tutto, compreso il Paese?».

 

Il Movimento 5 stelle, esploso contro Riccardo Fraccaro per il suo incontro segreto con Matteo Salvini e per i tentativi di alcune correnti di muovere pacchetti di voti, resta dilaniato tra contiani di ferro e fedelissimi di Di Maio. Con i primi che chiedono al leader: «Ti sei infuriato con Fraccaro, ma anche Di Maio sta facendo incontri a tutti i livelli senza dire mai niente. E a quanto raccontano i giornali dice sì a tutti, anche a persone che noi non possiamo accettare».

 

andrea riccardi foto di bacco (3)

Veleni da tenere a bada, visto che domani si comincia a votare. Conte pare aver convinto Letta ad andare su un nome di bandiera per le prime votazioni: Andrea Riccardi, uno dei garanti delle Agorà, fondatore della comunità di Sant'Egidio. Un modo per sondare la propria compattezza, ma anche un rischio che, in caso gli altri si dimostrassero più forti, farebbe perdere il vantaggio appena riguadagnato.

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