franco gabrielli quirinale

SILENZIO, PARLA GABRIELLI: “DOBBIAMO TORNARE A UNA PROTEZIONE CIVILE EFFICACE E SOLIDALE” - IL SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO CON DELEGA ALLA SICUREZZA NAZIONALE METTE IN RIGA CHI, DA TREMONTI AL GOVERNO GIALLO-VERDE, HA CAMBIATO LE REGOLE SULLA PROTEZIONE CIVILE: “LA PROTEZIONE CIVILE DI BERTOLASO RISPONDEVA A UNA MALEDIZIONE DEL PAESE E DELLA SUA CLASSE POLITICA: LA TENTAZIONE DELL'UOMO SOLO AL COMANDO CHE ELIMINA LA FATICA DEL CONFRONTO, DEL COSIDDETTO DECISION MAKING. LA CULTURA DELLO STATO DI ECCEZIONE PERMANENTE NECESSARIO A VINCERE LA RESISTENZA DELLE BUROCRAZIE E DEL CONTESTUALE SCARICO DI RESPONSABILITÀ

FRANCO GABRIELLI

Carlo Bonini per “la Repubblica”

 

L'età, 62 anni, e l'esperienza - vent' anni di antiterrorismo, la direzione del Sisde, il servizio segreto interno, l'incarico di prefetto dell'Aquila e vicecommissario vicario per il terremoto, la guida della Protezione civile, la nomina a prefetto nella Roma commissariata e piegata dall'inchiesta Mafia Capitale, i cinque anni da capo della Polizia - consentono a Franco Gabrielli, oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza nazionale, un indubbio vantaggio.

 

franco gabrielli fabrizio curcio 1

Quello della sincerità di chi non ha nulla da perdere e, soprattutto, da chiedere. E così i dieci anni di anniversario tondo del naufragio della Costa Concordia e del successivo recupero del suo relitto diventano l'occasione di un libro ( Naufragi e nuovi approdi , Baldini-Castoldi) che, in una parabola che tiene insieme la grande nave piegata su un fianco di fronte all'isola del Giglio e la Grande Pandemia Covid che ha cambiato le nostre vite, utilizza la memoria di ciò che è accaduto in questi due lustri di calamità nazionali, per entrare nella carne viva, assai politica, del presente e del futuro della nostra protezione civile.

 

franco gabrielli fabrizio curcio

Del rapporto che la Politica ha con il concetto di sicurezza, che la si voglia declinare nella sua accezione di safety o di security . Dell'urgenza di ritornare allo spirito della legge 225 del 1992, quella che istituì la Protezione civile.

 

«La protezione civile è una funzione della democrazia - dice Gabrielli seduto nel suo ufficio a Palazzo Chigi - E la cartina di tornasole della sua qualità. Dimmi come affronti un'emergenza e ti dirò chi sei».

 

E noi come siamo messi?

«Siamo un Paese che, nel 1992, uno degli anni più drammatici della storia repubblicana, fu in grado di darsi la più avanzata legge di protezione civile in Europa. Una legge che traduceva un principio cardine delle democrazie, quello della solidarietà, in un'architettura normativa che fissava il principio della sussidiarietà.

 

franco gabrielli foto di bacco

Secondo cui le emergenze venivano classificate in base alla capacità crescente delle amministrazioni chiamate a gestirle. Dai Comuni, ai ministeri. E che poneva la responsabilità di derogare alle norme ordinarie in capo al presidente del Consiglio dei ministri in ragione del suo rango costituzionale.

 

Ebbene, siamo stati capaci di deturpare quell'architettura nel 2011 quando l'allora ministro Tremonti, rendendo necessario il visto preventivo del ministero dell'Economia su ogni ordinanza di protezione civile, aveva di fatto privato il presidente del Consiglio di questo potere. E poi, nel 2018, di confondere ulteriormente il quadro con il riordino delle competenze della Protezione civile. L'ennesimo baco del sistema».

mario draghi giulio tremonti

 

Diciamo che la Protezione civile di Bertolaso era diventata un'altra cosa però.

«Ho lavorato con Bertolaso e di lui conservo un ricordo sotto il profilo professionale magnifico, anche se, come gli ho spesso detto, prese decisioni che non condivisi. Come quella di immaginare di poter declinare una funzione della democrazia anche nella gestione di un numero crescente di "grandi eventi": dai mondiali di ciclismo ai funerali del Papa».

 

Non un dettaglio.

«No. Ma se vogliamo essere obiettivi, dobbiamo ricordare che quello di affidare i grandi eventi alla gestione derogatoria della protezione civile fu una decisione del Parlamento e una prassi condivisa sia dal governo Berlusconi che dal governo Prodi. Il che dimostra che la Protezione civile di Bertolaso rispondeva a una maledizione del Paese e della sua classe politica. Che è rimasta intatta nel tempo».

guido berolaso 2

 

Quale?

«La tentazione dell'uomo solo al comando che elimina la fatica del confronto, del cosiddetto decision making . La cultura del risultato a discapito di quella dell'organizzazione. La cultura dello stato di eccezione permanente necessario a vincere la resistenza delle burocrazie e del contestuale scarico di responsabilità, che, come è noto, impongono prezzi da pagare. In termini di consenso o popolarità.

 

La cultura che trasforma dunque l'uomo solo al comando, il capo del dipartimento della Protezione civile, in potenziale fusibile, in capro espiatorio, da sacrificare se qualcosa va storto. Nel libro, la definisco la cultura della retrotopia, prendendo in prestito il termine coniato da Zygmunt Bauman.

 

silvio berlusconi e guido bertolaso

Quella cioè di un Paese condannato a vivere un eterno presente perché illuso da un passato idealizzato e spaventato da un futuro che non sa né dominare, né governare. E che dunque, quando si trova a mal partito, spera solo che la nottata passi. In fondo, se dovessi dirlo in una parola, l'esperienza della Concordia fu un tentativo di dimostrare che a quella maledizione si poteva sfuggire. E nel libro che ho scritto se ne possono cogliere le ragioni».

guido bertolaso

 

A proposito di nottata che dovrà passare, termine di antica saggezza napoletana, la pandemia?

 «Ci siamo arrivati in condizioni che, con un eufemismo, definirei tutt' altro che ottimali. Con amministrazioni locali spesso in contrapposizione con il governo centrale. E con un dipartimento della protezione civile non solo sopraffatto dagli eventi, ma anche preoccupato di tenere distinte le proprie responsabilità da quelle del ministero della Salute, grazie anche a quel baco della legge del 2018 che aveva riclassificato le emergenze non in base alla capacità di gestirle, ma in una mezzadria tra pubbliche amministrazioni necessaria a mantenere sfere di influenza.

protezione civile

 

Spesso in modo incomprensibile, come nel caso delle emergenze sanitarie. Al punto che, alla fine di gennaio 2020, il dipartimento della Protezione civile definiva quella del Covid una "non emergenza"».

 

Lei era capo della Polizia in quel 2020. E la sensazione fu che, nella gestione dell'emergenza, né al Dipartimento di pubblica sicurezza, né al ministero dell'Interno venne fatta toccare palla. Rincorrevate provvedimenti che eravate poi chiamati ad eseguire.

«Per carità di patria mi astengo da ogni considerazione. Dico soltanto che da questa esperienza, dagli errori che sono stati compiuti in questi dieci anni, è necessario ritrovare un filo che, come dicevo, riporti la Protezione civile a funzione della democrazia. Non a rompicapo delle competenze. Che recuperi lo spirito olistico nella gestione della complessità».

protezione civile 2

 

Pensa che questo Parlamento possa farlo?

«Ne sarei felice. Ma se dicessi che ne sono certo, direi una bugia. E non mi piace dirne».

Ultimi Dagoreport

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...

zaia stefani salvini meloni fico schlein de luca

DAGOREPORT – L'ESITO DELLE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA E' GIA’ SCRITTO MA SARA' IMPORTANTISSIMO PER “PESARE” OGNI PARTITO IN VISTA DELLE STRATEGIE PER LE POLITICHE DEL 2027 – I VOTI DELLE VARIE LISTE POTREBBERO CAMBIARE GLI EQUILIBRI INTERNI ALLE COALIZIONI: SE IN CAMPANIA E PUGLIA LE LISTE DI DECARO E DI DE LUCA FARANNO IL BOTTO, PER L'EX ROTTAMATRICE DI ''CACICCHI'' ELLY SCHLEIN SAREBBE UNO SMACCO CHE GALVANIZZEREBBE LA FRONDA RIFORMISTA DEL PD - ANCHE PER CONTE, UN FLOP DEL SUO CANDIDATO ALLA REGIONE CAMPANIA, ROBERTO FICO, SCATENEREBBE LA GUERRIGLIA DEI GRILLINI CHE DETESTANO L'ALLEANZA COL PD - LADY GIORGIA TIENE D’OCCHIO LA LEGA: SE PRECIPITA NEI CONSENSI IN VENETO, DOVE E' STATA FATTA FUORI LA LISTA ZAIA, PROVEREBBE A SOSTITUIRE IL MALCONCIO CARROCCIO CON AZIONE DI CARLETTO CALENDA...

villa casa giorgia meloni antonio tajani matteo salvini

DAGOREPORT - AH, CHE STREGONERIA È IL POTERE: TRAFIGGE TUTTI. SOPRATTUTTO I PARVENU. E COSÌ, DA PALAZZO GRAZIOLI, CHE FU LA SEDE INFORMALE DI GOVERNO E DI BUNGA-BUNGA DI BERLUSCONI PREMIER, SIAMO PASSATI A "VILLA GRAZIOLI" CON LA NUOVA DOVIZIOSA DIMORA DELL’EX ABITANTE DELLA GARBATELLA, DOVE OCCUPAVA CON MADRE E SORELLA DUE DISGRAZIATE CAMERE E CUCINA - UN IMMOBILE CHE STA SOLLEVANDO UN POLVERONE DI POLEMICHE: VILLA O VILLINO? COL SOLITO AGOSTINO GHIGLIA CHE AVREBBE SOLLECITATO GLI UFFICI DELLA PRIVACY DI TROVARE UN MODO PER LIMITARE LE INFORMAZIONI DA RENDERE PUBBLICHE ALLA CAMERA, IN RISPOSTA A UN’INTERROGAZIONE DELLA BOSCHI SULLA RISTRUTTURAZIONE DELLA VILLA – LA SINDROME DI "IO SO' GIORGIA E NUN ME FIDO DE NESSUNO!" HA POI TRASFORMATO LA MAGIONE NEL SUO BUNKER PERSONALE, LONTANO DAGLI SGUARDI E ORECCHIE INDISCRETE CHE INFESTANO PALAZZO CHIGI - TUTTO BENE QUANDO VENGONO CHIAMATI A RAPPORTO I SUOI FEDELISSIMI, MOLTO MENO BENE QUANDO TOCCA AGLI ALTRI, AGLI “ESTRANEI” DELLA CONVENTICOLA MELONIANA. DAL CENTRO DI ROMA PER RAGGIUNGERE “VILLA GRAZIOLI” CI VOGLIONO, IN LINEA D’ARIA, BEN 40 MINUTI DI MACCHINA. ANCHE DOTATI DI SIRENE E LAMPEGGIANTI, È “UN VIAGGIO”…. - VIDEO

simone canettieri giorgia arianna meloni

DAGOREPORT - MASSÌ, CON I NEURONI SPROFONDATI NELLA IRRITABILITÀ PIÙ SCOSSA, ARIANNA MELONI AVEVA URGENTE BISOGNO, A MO’ DI SOLLIEVO, DELL’ARTICOLO DI DEBUTTO SUL “CORRIERONE” DI SIMONE CANETTIERI - MESSA DALLA SORELLA GIORGIA A CAPO DELLA SEGRETERIA DI FDI, ARIANNA NON NE HA AZZECCATA UNA - ALLA PARI DI QUALSIASI ALTRO PARTITO DI MASSA, OGGI FDI SI RITROVA ATTRAVERSATO DA UNA GUERRIGLIA INTESTINA FATTA DI COLPI BASSI, RIPICCHE E SPUTTANAMENTI, INTRIGHI E COMPLOTTI – DALLA SICILIA (CASINO CANNATA-MESSINA) A MILANO (AFFAIRE MASSARI-LA RUSSA), FINO AL CASO GHIGLIA-RANUCCI, DOVE IL FILO DI ARIANNA SI È ATTORCIGLIATO PERICOLOSAMENTE INTORNO AL COLLO - CHE LA SORELLINA NON POSSIEDA LA ‘’CAZZIMMA’’ DEL POTERE, FATTA DI SCALTREZZA E ESPERIENZA, SE N'E' AMARAMENTE ACCORTA ANCHE LA PREMIER. E PUR AMANDOLA PIÙ DI SE STESSA, GIORGIA L’AVREBBE CHIAMATA A RAPPORTO PER LE SCELTE SBAGLIATE: SE IL PARTITO VA AVANTI COSÌ, RISCHIA DI IMPLODERE… - VIDEO