SOTTO IL SU-DARIO, SPUNTA UNO SCHELETRUCCIO: QUANDO FRANCESCHINI FACEVA IL “BENZINAIO” A SEI ZAMPE – “LIBERO” SVELA LA sua presenza (sponsorizzato all’epoca da de mita) nel collegio sindacale DELL’ENI negli anni ‘BOLLENTI’ dell’acquisizione di Montedison…

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1 - SOTTO IL SU-DARIO, SPUNTA UNO SCHELETRUCCIO: QUANDO FACEVA IL "BENZINAIO" ALL'ENI
Monica Franchi per Libero

DARIO FRANCESCHINI - copyright PizziDARIO FRANCESCHINI - copyright Pizzi

Dario Franceschini si è dimenticato nel curriculum e nella sua autobiografia due anni trascorsi all'Eni, all'interno del collegio sindacale che ratificò senza battere ciglio alcune delle delibere più delicate per la chiusura del celebre affaire Enimont.

La scoperta arriva dagli atti depositati presso il tribunale di Roma dove si sta svolgendo il processo di appello per la vicenda della cosiddetta Ops Enimont che in primo grado (28 dicembre 2004, presidente Giovanni Deodato, giudice estensore Francesco Manzo) aveva portato alla condanna civile dell'ex vicepresidente dell'Eni, Alberto Grotti, con richiesta di risarcimento danni di complessivi 10.329.128 euro.

Nell'appello, che si svolgerà a febbraio dell'anno prossimo, Grotti ha prodotto la documentazione sui consigli Eni che approvarono l'Ops Eni per ricomprare i titoli Enimont anche da Raul Gardini e dai suoi alleati al prezzo contestato dai giudici di 1.650 lire per azione, chiedendo quanto meno di condividere la condanna con chi allora approvò in consiglio ogni decisione, fra cui i membri del collegio sindacale dell'Eni: Giuseppe Braito (presidente), Dario Franceschini, Giovanni Gasparini, Vincenzo Mollica e Michele Saltarelli (sindaci effettivi).

La documentazione societaria prodotta non lascia adito a dubbi, ma contrasta con quanto lo stesso Franceschini ha scritto in ogni sua biografia e tutt'oggi nel sito Internet personale e su quello del partito democratico. "Dal 1985 esercita la libera professione come avvocato civilista".
"Cassazionista. È iscritto al Registro dei Revisori contabili. È stato membro effettivo del collegio sindacale dell'Eni s.p.a. nei primi tre anni della privatizzazione". Non tre, ma cinque sono stati gli anni trascorsi da Franceschini nel collegio sindacale dell'Eni (cui arrivò, secondo le cronache dell'epoca, sponsorizzato da Ciriaco De Mita).

Franco ReviglioFranco Reviglio

Di privatizzazione manco l'ombra, perché il colosso energetico italiano in quegli anni era pubblico. Ma probabilmente il segretario del Pd si voleva riferire alla trasformazione in spa dell'Eni, avvenuta nell'estate del 1992 grazie al blitz compiuto dal presidente del Consiglio Giuliano Amato e dai ministri Piero Barucci e Giuseppe Guarino. Da lì al 1995 Franceschini restò membro del collegio sindacale a fianco dell'uomo nuovo, Franco Bernabè, che collaborò con Mani pulite per fare piazza pulita di tutto il management precedente.

E in effetti quasi tutti i manager furono sostituiti, e anche gli altri membri del collegio sindacale (ne divenne presidente Giovanni Ruoppolo) con al sola eccezione del futuro segretario del Pd, graziato dal repulisti. Ma Franceschini ha vissuto in Eni anche la stagione precedente, sbianchettata nella biografia ufficiale.

Fu nominato infatti con decreto ministeriale il 23 marzo 1990 dal governo guidato da Giulio Andreotti, sostituendo un altro membro del collegio sindacale poi divenuto famoso in politica. Giulio Tremonti, che in Eni aveva voluto Franco Reviglio, il presidente che passò il testimone a Gabriele Cagliari proprio quell'anno.

GIULIO TREMONTI - copyright PizziGIULIO TREMONTI - copyright Pizzi

Dal 1990 al 1992 i consigli di amministrazione dell'Eni approvarono tutte le delibere chiave dello scontro finale con Gardini per Enimont, compresa quella del dicembre 1990, che lanciò l'Ops sui titoli della joint venture chimica poi entrata nei vari filoni d'inchiesta di Mani Pulite. Franceschini, che era semplice membro del collegio sindacale e che mai aveva chiesto la parola durante le riunioni limitandosi al voto finale (senza alcun dissenso), non è stato mai interrogato dai giudici. Però ha sbianchettato quegli anni...

2 - IL GIOCO DEL SILENZIO SULLO SCHELETRUCCIO DI SU-DARIO
Elisa Calessi PER LIBERO

Parla del rinvio delle nomine del tg3, assicurando che il Partito democratico non c'entra nulla. «È una sciocchezza che appassiona il circuito degli addetti ai lavori». Dice la sua, Dario Franceschini, a proposito del testamento biologico, dopo che Gianfranco Fini, l'altro giorno, alla Festa nazionale del Pd, a Genova, si è augurato che alla ripresa dei lavori la Camera dei Deputati modifichi il testo. «Si lavorerà in Parlamento, c'è molto da lavorare», concorda il segretario del Pd. Ma di quanto scritto da Libero, a proposito della sua presenza nel collegio sindacale di Eni negli anni dell'acquisizione di Montedison, non intende parlare. Nessun commento.

w ric40 ciriaco demitaw ric40 ciriaco demita

Così come sono recalcitranti i suoi. Il giudizio comune è che non si commenta perché «non c'è niente da commentare». A tirare in ballo gli allora componenti del cda e del collegio sindacale è stato Alberto Grotti, allora vicepresidente di Eni, che ha avuto una condanna civile in primo grado con richiesta di risarcimento.

«Se quello che questo signore ha detto non è diventato oggetto di indagine giudiziaria, se i magistrati non hanno ritenuto di dover coinvolgere il collegio dei sindaci, né per interrogarli, né per avviare un'inchiesta, evidentemente vuol dire che non c'è nulla di nulla», si dice nello staff del segretario del Pd. Molti sono ancora in vacanza, altri sono già tornati.

Il tam-tam sulla prima pagina di Libero, però, raggiunge tutti. Chi via sms, chi per telefono. Accetta di parlarne Francesco Saverio Garofani, deputato del Pd, fedelissimo del segretario, oltre che suo amico di vecchia data. «Se questo è uno scheletruccio, ben vengano gli scheletrucci. Fango. Solo veleni e fango. Mi sembra una polemica forzatissima. Perché, è una colpa far parte del collegio sindacale? Ma andiamo. E allora cosa dovremmo dire di Silvio Berlusconi? Mi pare una polemica fragilissima».

GIULIANO AMATO - Copyright PizziGIULIANO AMATO - Copyright Pizzi

Anche da parte degli altri dirigenti del Pd non c'è voglia di calcare la mano. Francesco Boccia, sostenitore di Pier Luigi Bersani, più che altro è infuriato con Franceschini perché ha annunciato che Nichi Vendola sarà ricandidato in Puglia. Sandro Gozi, della squadra di Ignazio Marino, definisce quanto rivelato da Libero «totalmente irrilevante». Spiega: «Anche sforzandomi, non riesco a vederci nulla».

E il fatto che sul sito internet, il segretario del Pd abbia omesso i primi due anni di presenza nel collegio sindacale di Eni? Gozi: «Si vede che ha fatto troppe cose e non si ricordava». Stessa linea per Paola Concia, anche lei della mozione Marino: «Non mi pare ci sia nulla di rilevante. Boutade agostana, tutto qui».

bernabebernabe

Franceschini, intanto, continua la sua campagna elettorale in vista del congresso. Gallipoli, Potenza, Napoli. Da Potenza commenta la grande accoglienza tributata dai militanti del Pd a Fini: «È il Presidente della Camera: un ruolo istituzionale importante che sta svolgendo con scrupolo e misura. È stato giustamente accolto bene dai militanti del Partito democratico che sono tutte persone educate e che sanno rispettare gli avversari politici».

E sul suo sito mette in home page il trailer del film Videocracy, rifiutato da Rai e Mediaset. Per il segretario del Pd è «un'altra prova di come si stiano restringendo gli spazi della libertà di informazione in Italia». Per Franceschini, la tv pubblica e quella privata hanno deciso di non mandare questo spot commerciale «perché è scomodo».

Non grida al regime, ma l'allarme è quello: «Io mi chiedo di questo passo dove andremo a finire. Bisogna reagire all'assuefazione. In questo Paese la battaglia per la libertà di informazione non riguarda né solo il Partito democratico né solo l'opposizione, ma riguarda tutti quelli che hanno a cuore un Paese libero, libero veramente».

 

 

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