massimo cacciari salvini meloni berlusconi

LA SOVRANITA' NON ESISTE, FATEVENE UNA RAGIONE – CACCIARI LE SUONA AL TRIO LESCANO DEL CENTRODESTRA: “LA MELONI PUÒ ANCHE DICHIARARE CHE NESSUNO DEGLI IMPEGNI EUROPEI SOTTOSCRITTI DA DRAGHI ANDRÀ DISATTESO E SALVINI METTERE LA SORDINA AL SUO TROMBONE ANTI-IMMIGRATI. RESTANO LA FRAGILITÀ DELLA LORO COALIZIONE E LA MANCANZA DI UNA CLASSE DIRIGENTE ADEGUATA” – “LA VERITÀ È CHE IL LORO FUTURO GOVERNO POTREBBE INCONTRARE UN’OPPOSIZIONE DA PARTE DI AUTORITÀ EUROPEE, POTERI ECONOMICI E FINANZIARI SENZA IL CUI APPOGGIO OGNI “SOVRANITÀ” NAZIONALE È OGGI DESTINATA A UNA VITA PEGGIO CHE GRAMA…”

massimo cacciari a cartabianca

Massimo Cacciari per “La Stampa”

 

La più incredibile delle campagne elettorali nata dalla più incredibile delle crisi, a meno di incredibili, miracolosi eventi si concluderà con l’affermazione di una coalizione di destra, fondata pressoché esclusivamente sulla sacra fame di potere, e con l’incarico di formare il governo alla leader di una forza politica che sembrava più che incredibile potesse aspirare a tali onori solo qualche anno fa.

 

Forse sarebbe opportuno riflettere su come simili sconquassi abbiano potuto accadere; forse persone serie dovrebbero almeno tentare un modesto esame di coscienza sulle proprie responsabilità. La svolta infatti, piaccia o no, un sapore epocale pure lo ha. Nulla invece di tutto ciò.

 

BERLUSCONI SALVINI MELONI - MEME

Ci si affida ancora una volta all’appello antifascista e alla stanca ripetizione di slogan e programmi mille volte masticati e mai, neppure di striscio, avviati a realizzazione. Rimane la verità, non piacevole, che conoscono benissimo anche le Meloni e i Salvini, e cioè che il loro futuro governo potrebbe incontrare un’opposizione, tutt’altro che in sé priva di ragioni, da parte di autorità europee, poteri economici e finanziari senza il cui appoggio ogni “sovranità” nazionale è oggi destinata a una vita peggio che grama.

 

La Meloni può anche dichiarare a spron battuto che nessuno degli impegni europei sottoscritti da Draghi andrà disatteso (ma allora perché stava all’opposizione?); Salvini può anche mettere la sordina al suo trombone anti-immigrati; Berlusconi può anche far campagna elettorale con toni anti-alleati, sperando di non perdere sul lato Calenda (e commettendo gaffe paurose, tutte pro-Letta, come quella di vantarsi di aver portato i fascisti – sic – nell’arco costituzionale!) – restano le politiche perseguite da costoro nel corso dell’ultimo ventennio, resta l’evidente fragilità della loro coalizione, resta la palese mancanza di una classe dirigente adeguata al suo interno.

 

enrico letta e carlo calenda a cernobbio.

Letta insisterà su questo in ogni possibile salsa – ma forse che il Pd una simile classe dirigente ha mostrato di averla? Forse che la sua rappresentatività e autorevolezza è maggiore? Certo, ha governato assai più a lungo della Meloni. Con quale risultato, di grazia? La verità – anche qui amara – è che la forza del Pd non sta in sé, ma in Draghi e Mattarella, nell’apparirne i soli legittimi rappresentanti. E allora hanno ragione Calenda e Renzi nel dirlo almeno con franchezza: noi puntiamo a un risultato elettorale che renda possibile il ritorno di Draghi (o di una sua reincarnazione).

 

CARLO CALENDA MATTEO RENZI BY DE MARCO

Ritengo che un simile risultato (vittoria fragilissima delle destre, governo annaspante qualche mese, crollo ulteriore dei nostri conti finanziari, ennesimo intervento del Capo dello Stato) segnerebbe la catastrofe del sistema politico italiano. Solo il peggior sfascismo potrebbe augurarselo.

 

Ci troveremmo di fronte al combinato di un definitivo crollo di credibilità del Parlamento e dell’affermazione di un presidenzialismo tanto forte nei fatti quanto debole nella sua sostanza, occasionale, surrettizio. Sarebbe l’atto notarile che sancisce l’impossibilità per questo Paese di essere governato da forze politiche e coalizioni capaci di rappresentare autenticamente interessi e settori particolari (partito viene da parte), di confrontarsi, opporsi, essere alternativi tra loro.

 

GIORGIA MELONI MARIO DRAGHI BY DE MARCO

Ha altro senso la democrazia? Difficile crederlo. E allora se alla fine dovessimo ritornare al “tutti insieme appassionatamente”, ciò equivarrebbe ad affermare che questo Paese, per nostre doti o fortuna o sventura, è inidoneo a una matura vita democratica, che può essere governato soltanto nella perenne emergenza da governi di emergenza, nei quali le responsabilità di ciascuno tendono per forza a scomparire. Esattamente la situazione di fronte alla quale si trova oggi l’elettore: la colpa di tutti è la colpa di nessuno – con chi prendersela? Chi votare?

 

MANIFESTO DI ENRICO LETTA PRONTO PER L AFFISSIONE

Nel mentre recessione e inflazione moltiplicano le disuguaglianze e la crisi politica va precipitando, tutti gli attori in commedia corrono a occupare il ruolo dei moderati. Tutti “noi moderati”. Fuorchè forse il pluritradito Letta, cui non resta che dire qualcosa di sinistra almeno per tenere sul fronte pentastellato. Cosa incredibile anch’essa nell’incredibilità della situazione generale.

 

È evidente infatti che il Paese avrebbe bisogno tutt’altro che di moderatismo, ma di radicali riforme, anzi: di una vera e propria “rivoluzione culturale” per abbattere il centralismo burocratico del suo apparato amministrativo, per semplificare i suoi ordinamenti, rifare dalle fondamenta il proprio sistema di formazione, riformare quello giudiziario.

 

sergio mattarella mario draghi

Moderati si può essere quando l’edificio abbisogna di qualche cura e restauro – allora sì è saggio ed economico non voler rifare dalle fondamenta. Nel nostro caso, di grazia, che cosa vi pare bisognevole soltanto di modesti (moderato ne è sinonimo) restyling? Assale un dubbio: si va a caccia di voti moderati perché si sa o si prevede che a votare andranno in grandissima maggioranza i moderati di fatto?

 

Che il 50% degli italiani che non vota è in gran parte formato da persone disperate ormai di veder risolti i propri problemi con competenza ed efficacia? Chi sono questi concittadini? La distribuzione del voto tra centri e periferie la dice lunga a proposito. Vi è chi vuol scelte moderate perché tira avanti più o meno facilmente anche in questa perenne crisi e teme il famoso salto nel buio – e chi avrebbe tutto l’interesse a scelte radicali, ma ormai è del tutto disincantato sulla loro praticabilità. Ogni giorno di più costoro formano, non solo in Italia, una nuova plebe. Una plebe che ha cercato i suoi tribuni senza mai riuscire a trovarli, passata da delusione a delusione. Ma, lo si sappia, una plebe senza tribuni è la negazione dell’idea stessa di repubblica, è dunque l’origine stessa del principato.

ENRICO LETTA CON LE PIZZEMANIFESTI DI CONTE E LETTA SUGLI AUTOBUS

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…