chiara appendino e stefano lo russo

STARSI SUL CAZZO ANCHE DA ALLEATI - IL M5S A TORINO PROPRIO NON CE LA FA A DIRE DI VOTARE IL PD AL SECONDO TURNO: DATI PER SPACCIATI DAI SONDAGGI (FERMI AL 10%), I GRILLINI SARANNO L’AGO DELLA BILANCIA MA TRA GIOCHINI TATTICI E INDICAZIONI TIEPIDE POTREBBERO FAVORIRE LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA AL BALLOTTAGGIO - APPENDINO: “GLI ACCORDI NON SI FANNO IN DUE SETTIMANE”. MA L’INTESA COL DEM LO RUSSO SOTTO SOTTO C’È GIÀ...

Andrea Rossi per “La Stampa

STEFANO LO RUSSO

 

«Io la penso esattamente come il primo giorno: gli accordi non si costruiscono in due settimane, soprattutto dopo che ci si è provato per mesi proponendo un progetto innovativo; a Torino ha vinto la parte del Pd che non voleva svolte, perciò se ci sarà un ballottaggio non perseguiremo accordi né alleanze».

 

Prese alla lettera le parole di Chiara Appendino suonerebbero come un macigno impossibile da scalfire. E invece, in queste settimane, a Torino quasi niente va preso alla lettera.

 

CHIARA APPENDINO E STEFANO LO RUSSO

Tra le grandi città al voto fra tre settimane c'è un caso Torino per almeno tre motivi: una sindaca uscente che non si ricandida e la cui forza politica è data sotto il 10%; un centrodestra che qui forse ha l'unica vera chance di vittoria; e un ostinato muro dei gruppi dirigenti locali di Pd e Cinquestelle a siglare quel patto che potrebbe impedire alla destra di tornare al governo dopo quarant’anni. Un patto che però gli elettori potrebbero plasmare nel segreto dell’urna.

 

damilano lo russo

Torino è un caso anche perché non è Roma: cinque anni fa la vittoria di Virginia Raggi è arrivata quasi naturalmente a punire lo sprofondo di chi aveva governato prima di lei; qui lo tsunami Appendino l'avevano previsto in pochi.

 

È piombato con tutta la sua carica contundente là dove il Pd pensava di riconfermarsi al primo turno, avendo sottovaluto il profondo disagio di chi si sentiva escluso dai processi di mutazione della città. E come tutti gli eventi non previsti ha scatenato una reazione di rigetto.

 

CHIARA APPENDINO E SERGIO CHIAMPARINO

A lungo l'opposizione ad Appendino è sembrata una reazione a un'usurpazione. E quell'opposizione ha avuto principalmente un nome: Stefano Lo Russo, il capogruppo del Pd, e oggi candidato sindaco del centrosinistra. Negli anni gli spigoli si sono smussati anche perché di mezzo c'è stata l'avventura del governo Conte bis. Eppure non è bastato.

 

sergio chiamparino chiara appendino 1

I tentativi non sono mancati, anzi. Il più corposo poggiava sulle gambe di Appendino e di Sergio Chiamparino, l'amatissimo ex sindaco che con la prima cittadina ha sempre coltivato una sincera intesa, e sul volto di Guido Saracco, il rettore del Politecnico, un chimico che ha introdotto le materie umanistiche nella culla degli ingegneri e da anni parla di transizione digitale e lotta alle disuguaglianze. La cerniera perfetta.

 

sergio chiamparino chiara appendino

Non a caso andava bene a tanti, a Roma: Appendino e Chiamparino, Zingaretti e Conte, poi Letta e lo stesso Conte. Non andava bene ai gruppi locali, che infatti l'hanno sabotato lavorando per rimpiazzarlo con l'opzioni identitarie: di qua Lo Russo, il più brillante e capace prodotto del Pd torinese, di là Valentina Sganga, anche lei capogruppo di una pattuglia che per cinque anni ha dato del filo da torcere ad Appendino.

 

PRESENTAZIONE LISTA PROGRESSO TORINO PER PAOLO DAMILANO

Così, tenendo il punto e sostenuti da attivisti e iscritti sul territorio, i gruppi locali hanno dato scacco al disegno romano mentre il centrodestra si organizzava e trovava per la prima volta dal 1993 un candidato con tutti i numeri per farcela: Paolo Damilano, imprenditore traversale ai mondi cittadini, un moderato che finora è ben riuscito a oscurare la diffidenza che da tempo Torino coltiva verso il centrodestra e che di sé veicola l'immagine di chi balla da solo mentre gli altri si corteggiano.

 

PAOLO DAMILANO

«Questa è l'elezione più importante, dobbiamo impegnarci perché i disillusi capiscano la gravità del momento e vadano a votare per cambiare Torino». Ora, Lo Russo e Sganga, non si detestano affatto. Entrambi, per affermarsi, hanno dovuto rimuovere l'ingombrante figura di Appendino.

 

CHIARA APPENDINO GIUSEPPE CONTE

Escludono apparentamenti ma da un po' si lanciano timidi segnali. Sganga assicura: «Chiara ha ragione». Poi dice che se restasse fuori dal ballottaggio «non voterebbe mai e poi mai il candidato del centrodestra». Se non è un assist per Lo Russo poco ci manca. E il dem addirittura confessa che lui al secondo turno sceglierebbe «senza dubbi Valentina».

 

CHIARA APPENDINO

Quel che le frasi di Appendino rivelano è un travaglio profondo: come si può, anche in nome di una comune rotta nazionale, votare il proprio peggior nemico? E a fronte di quali garanzie? E perché, soprattutto, dopo essersi visti sbattere ripetutamente la porta in faccia? Lo Russo lo sa e infatti scommette sulla paura di Lega e Fdi a Palazzo Civico e su Sganga, l'unica che oltre ad aver detto (come Appendino e Conte) che gli accordi non si ricostruiscono in quindici giorni, aggiunge una postilla: «A meno che non succeda qualcosa di imprevedibile».

 

CHIARA APPENDINO

L'altra postilla è condivisa dalla sindaca e da Lo Russo: «Gli elettori non si pilotano, ciascuno sceglie di testa propria e sulla base dei programmi». E anche qui un elettore Cinquestelle, dopo il mandato progressista di Appendino, avrebbe pochi motivi per guardare a destra.

 

I sondaggi sono unanimi nel prevedere che al secondo turno i votanti Cinquestelle si divideranno tra chi diserterà le urne e chi opterà per Lo Russo. La freddezza di Appendino potrebbe spostare la bilancia. Lo stesso potrebbe fare una parola di Conte prima del ballottaggio.

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