renzi di maio

TOGLIETE I SOCIAL A RENZI! PRENDE PER IL CULO DI MAIO E SALVINI PERCHÉ HANNO SOLO 7500 PERSONE CHE LI SEGUONO NELLE DIRETTE. E SI BEA DEI SUOI SEGUACI. SAPETE QUANTI SONO? 8100! QUALCUNO LO AIUTI - IN TUTTO QUESTO FINGE DI PICCONARE IL GOVERNO CON LE RICHIESTE DI SFIDUCIA, IN REALTÀ DEMOLISCE IL PD, REO DI NON AVER FATTO PARLARE LUI CONTRO SALVINI. MA ZINGARETTI NON GLI HA MAI IMPEDITO DI INTERVENIRE, TANTO CHE…

 

 

RENZI FINGE DI PICCONARE IL GOVERNO IN REALTÀ L' OBIETTIVO È DEMOLIRE IL PD

Luca Telese per ''La Verità''

matteo renzi luigi di maio matteo salvini

 

Nel giorno in cui poteva spaccare il governo, Matteo Renzi sceglie (con successo) di spaccare il Pd. Missione compiuta. Renzi riesce in questo capolavoro mediatico alimentando il circuito polemico (sostenendo che imprecisati «membri della segreteria vicini a Zingaretti» non fossero contenti della possibilità di un suo intervento in Senato), e lo fa creando uno scandalo e annunciando platealmente che rinuncia lui a parlare in Aula (quindi glielo consentivano).

 

Nel contempo Renzi, nella serata di ieri, dopo averla pubblicizzata con questo strappo attiva una diretta Facebook in cui dice di voler dire quello che avrebbe detto in Aula. Roba da far venire il mal di testa, un genio dell' autopromozione. La diretta dell' ex premier va in onda alle sette di sera, una cosa a metà tra la solita chat e l' invettiva, tra il riciclaggio del discorso (che forse aveva già scritto) e il meglio dei suoi tweet.

 

Chi era che non lo voleva far parlare? Mistero. Ma non conta: come un parassita ospite di un corpo da cui drena energie, da mesi l' uomo che fu un leader da 40%, un golden boy, un rottamatore, un autocrate, un premier di successo, si è ridotto a rubare lo spazio di luce del Pd per trovare a ritagliarsi la visibilità che ha perso. Cannoneggia la segreteria per attrarre i giornali. Lo ha fatto la settimana scorsa prospettando (via Twitter e via Maria Elena Boschi) una mozione di sfiducia che non era stata discussa con nessun organo dirigente. Lo ha fatto un anno fa, quando fece saltare l' accordo di governo con una comparsata da Fabio Fazio, e senza nemmeno andare a parlare negli organismi del Pd.

renzi di maio

 

Lo ha fatto ieri. Nel giorno in cui Salvini schiva il caso Russia e Di Maio ha le sue rogne da grattare sulla Tav, i giornali parlano della sinistra solo per riferire questo strappo. Ed è quasi normale che il povero Nicola Zingaretti si dica incredulo: «Francamente non capisco, è una polemica insensata». Troppo tardi. Ovvio che di fronte a questa obiezione Renzi risponda con l' altra sua storica arma: il vittimismo. Aveva scritto: «Penso che ci sia chi continua ad attaccare il Matteo sbagliato, ma penso anche che non valga la pena dividersi su questo: sarò in aula ad applaudire il collega che parlerà a nome del Pd. E poi alle 19 farò una diretta Facebook». Un bel pasticcio.

 

Nel pomeriggio di ieri i fedelissimi avevano provato a difendere il capo. Ad esempio Michele Anzaldi, l' ex portavoce: «Renzi rinuncia a intervenire dopo le polemiche nel Pd. Qualcuno ha parlato di metodo, allora ci dicano di che metodo si tratta se l' ex premier, ex segretario, senatore della commissione Esteri, il più bravo comunicatore che abbiamo non deve intervenire in una giornata come questa».

 

matteo salvini pollice verso a renzi

E poi l' ex sottosegretaria del suo governo, Teresa Bellanova, con un tweet rilanciato dalla vicepresidente al Senato del Pd Simona Malpezzi (tutta gente che rischia di non tornare in parlamento senza la tutela dell' ex segretario). «Noi abbiamo un ex presidente del Consiglio, senatore, invitato in tutto il mondo a fare conferenze. E un governo pericoloso che mente su tutto, creando danni al Paese. Ora il problema del Pd può essere se Matteo Renzi debba o non debba parlare in Aula? Ma cosa siamo diventati?».

 

MATTEO SALVINI E MATTEO RENZI

Più ecumenico Carlo Calenda, che non si schiera nella disputa: «Capite perché non si può andare avanti così. Perché abbiamo bisogno di un luogo dove Renzi, Gentiloni, Zingaretti etc si incontrino e si confrontino», scrive. Una pantomima fantastica, se è vero che Zingaretti non aveva mai detto che Renzi non avrebbe dovuto parlare. Tanto più che il capogruppo al Senato, unico arbitro nella calendarizzazione degli interventi d' Aula era e resta Andrea Marcucci, un fedelissimo renziano. È in effetti costernato pure Marcucci stesso, che finisce di ritrovarsi fra l' incudine e il martello: «C' è una indole autolesionistica che ci spinge spesso a dividerci».

ANDREA MARCUCCI GRAZIANO DELRIO

 

Ma poi accusa anche il partito «di voler spingere all' angolo alcuni esponenti della minoranza». Quando Zingaretti chiarisce la diatriba, è troppo tardi per fermare l' alluvione dei i titoli online e la febbre dei social: «Ho parlato ieri con il capogruppo al Senato assicurando pieno sostegno e totale autonomia al gruppo e nessun problema rispetto a qualsiasi scelta si sarebbe fatta», ricostruisce il segretario: «Mi risulta che dopo la discussione fossero tutti d' accordo».

 

NICOLA ZINGARETTI E MATTEO RENZI

E sull' intervento di Renzi aggiunge: «Che poi in un gruppo parlamentare diventi lesa maestà discutere su chi deve intervenire mi sembra un po' esagerato. Ieri sera ho incontrato i due capigruppo in uno spirito molto positivo e di totale collaborazione per coordinarsi oggi dopo l' intervento di Renzi in Aula a nome di tutto il Pd. Ora riesplode una polemica insensata: in momenti come questi ci vuole molta responsabilità e rispetto da parte di tutti perché gli avversari sono fuori di noi: l' Italia» chiude Zingaretti «ci chiede di combattere uniti».

 

renzi calenda

Insomma, una giornata di colpi bassi, polemiche e veleni, che, nel Pd sembra perfetta per inverate la celebre epigrafe di Nanni Moretti: «Continuiamo così, facciamoci del male».

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