notte del dibattito elettorale al john mcgurks pub di st louis -1 usa donald trump kamala harris

TRUMPONE? UN VECCHIO TROMBONE  – IL DIBATTITO ELETTORALE AMERICANO VISTO A ST.LOUIS CON I SINDACALISTI PRO-HARRIS: BUU, FISCHI E URLA QUANDO PARLA IL TYCOON, SOLO APPLAUSI PER KAMALA E I POCO IMPARZIALI CONDUTTORI DELLA ABC, CHE NON NE FANNO PASSARE UNA ALL’EX PRESIDENTE E INVECE SERVONO ASSIST CLAMOROSI ALLA VICE – COME FINIRÀ? “DOBBIAMO PUNTARE AL CENTRO, E PORTARE A VOTARE I NOSTRI. CON I MAGA ABBIAMO PERSO LA SPERANZA. TRUMP NON HA NESSUN PIANO NÉ PROPOSTE, MA AL SUO POPOLO NON IMPORTA”

 

 

 

Alessandro Berrettoni per Dagospia

 

notte del dibattito elettorale al john mcgurks pub di st louis 8

St. Louis è una città fantasma. Ha un’architettura decadente e all’ora del tramonto una luce rosata riflette sul palazzo della compagnia telefonica AT&T, sulla vetrata dell’università locale e sul monumento principale,  il Gateway Arch. Un gigantesco arco di acciaio, alto 192 metri,  costruito come porta di accesso simbolica all’Ovest, di fronte all’enorme Mississippi. Turisti in giro, pochissimi. Negozi, chiusi.

 

Stasera c’è il dibattito presidenziale, il primo tra Kamala Harris e Donald Trump, ma in giro non c’è eccitazione. Solo qualche dune baggy con musica troppo alta e motociclisti senza casco che fanno molto rumore, a rinforzare qualche stereotipo sull’America. Nemmeno Dustin, un autista  di Lyft (un servizio di ride sharing tipo Uber) piuttosto sovrappeso, lo guarderà: “Non mi interessa vedere quei due litigare, e poi devo lavorare, guiderò tutta la notte”. 

dibattito tra donald trump e kamala harris 8

 

Dustin cambia subito discorso e dispensa consigli sulle meraviglie che questa città: c’è il museo, poi l’acquario, ma soprattutto la sede nazionale di Budweiser: “si possono fare dei tour del birrificio, è molto bello”. 

 

Dustin si ferma davanti al John McGursk’s, un pub irlandese dove un agguerrito sindacato, lo Smart Army, ha organizzato una serata aperta a tutti per osservare Trump e Harris che si sfidano sulla Abc. Jeff è uno degli organizzatori ed è molto soddisfatto dell’affluenza: “Magari sarà di buon auspicio anche per le elezioni di novembre. Aspetto di vedere quanti minuti passano prima che lui perda la pazienza e inizi a diventare passivo aggressivo.

Ci vorrà poco”.

 

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Si comincia. Il pubblico è schierato e non molto interessato a quello che Trump ha da dire. Applaude quando i due intervistatori, David Muir and Linsey Davis, incalzano il tycoon, fischiato a ogni timido tentativo di affondare il colpo.

 

Non sembra importare troppo ai presenti che la faziosità dei due giornalisti è un assist clamoroso per l’ex presidente: potrà concentrare l’attenzione su quello, invece che sulla scarsità delle sue proposte politiche.

 

E infatti, a qualche ora dallo scontro, l’ex presidente ha subito frignato: “Lo scontro è stato truccato dalla Abc, ho vinto io”. Non ha vinto lui, Kamala Harris è apparsa determinata, sicura di sé, e ha fatto apparire il 78enne dal ciuffo arancione un vecchio rancoroso e bugiardo.

 

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Lo ha incalzato sull’aborto, gli ha risposto sull’immigrazione, dove Trump ha esagerato, arrivando a raccontare che in Ohio, a Springfield, gli stranieri mangiano i cani. Harris ha scosso la testa, e poi si è tenuta la battuta, perfida, per dopo. Parlando di cosa succederebbe all'Ucraina se vincesse Trump, e della fascinazione per i dittatori, ha azzannato il rivale: “Putin ti mangerebbe a colazione”.

 

Trump parla di “walls” per fermare gli arrivi? Lo smart army risponde “We need Walz” (il candidato vice di Kamala). E così sulle tasse per i ricchi, sulla sanità, sull’assalto al congresso, ogni tema sollevato, con poca convinzione, da Trump, diventa oggetto di scherno.

 

Game, set, match. Per il pubblico del McGursk è fatta? Per l’America, meno: certo, anche il Wall Street Journal di Murdoch ammette che la Harris ha dominato e vinto, ma c’è tutta una parte del Paese completamente sorda, anestetizzata, schierata. 

 

“Noi abbiamo perso la speranza con i Maga (i supporter di Trump che si identificano con lo slogan Make America Great Again), è inutile. Dobbiamo portare a votare i nostri e guardare al centro”, sostiene Colin, un 40enne che, nonostante abbia trangugiato ettolitri di birra e svariati shot di whiskey, fa un'analisi lucida: “Se sono ottimista dopo stasera? Non posso, sono del Minnesota. Conosco bene Tim  Walz , è una brava persona.

saint louis university

 

Certo, lui può aiutare nella Rust Belt, e tra gli operai bianchi, ma sarà una sfida tra Trump e Kamala. Avete visto, lui non ha nessun piano, nessuna proposta pratica, ma al suo popolo non importa. Il problema di questo Paese è che abbiamo perso l’abitudine al compromesso, all’accordo e siamo troppo polarizzati, su tutto”.

 

Una divisione che, Colin non lo dice, ha contagiato anche i “buoni”: in tutta la serata non c’è stata alcuna crepa, solo un’adesione fideistica a un modello, a una parte, a una squadra. Al McGursk si guarda la politica come a una partita di football.

 

st louis.

A St Louis, città governata da una sindaca democratica in uno stato, il Missouri, repubblicano, lo “smart army” tifava Kamala. In qualche altro bar sperduto dell’America profonda, nonostante le carenze, le battutacce, le bugie, avrà vinto Trump. Kamala ha vinto il dibattito, ma non ha ancora vinto le elezioni: il 5 novembre può succedere di tutto.

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