UFFICIO SINISTRATI – NERVI A FIOR DI PELLE TRA LETTA E RENZI – IL SEGRETARIO DEL PD, DOPO LA FIGURACCIA COL SALVA-ROMA, VUOLE IL CONTROLLO DEGLI EMENDAMENTI

Maria Teresa Meli per "il Corriere della Sera"

Rischiano di irrigidirsi di nuovo i rapporti tra Letta e Renzi. Del resto, il segretario del Pd ha sempre detto: «Io di patti con lui non ne ho ancora firmati perché non ho capito che cosa vuole veramente». E non lo ha compreso neanche questa volta, a quanto pare. «Prima - ha spiegato allibito ai fedelissimi - si impone la fiducia sul salva Roma, contro la volontà del partito e del gruppo parlamentare della Camera che chiedevano di farlo decadere e poi dopo una telefonata di Napolitano lo si ritira... Mi sembra tutto così strano e incomprensibile».

Già, perché la vera storia di questo provvedimento è la storia dell'ennesimo braccio di ferro tra il Pd e il governo. Alla vigilia dell'approvazione del ddl Delrio per l'abolizione delle province si incontrano in una stanza di Montecitorio il messo di Letta, Franceschini, il renziano Rughetti della Commissione Bilancio (grande oppositore del decreto), il capogruppo Speranza e il portavoce della segreteria Lorenzo Gerini. Tutti e tre cercano di convincere il ministro a far decadere il provvedimento o a ritirarlo: «Solo così il governo ne può uscire bene. Poi lo ripulisce, prende le cose importanti e le mette in un nuovo atto legislativo».

Niente da fare. Anzi Franceschini, rivolto a Rughetti, gli dice: «Non ti parlo più da Dario ad Angelo, ma da ministro a relatore in Commissione Bilancio: il governo non ha nessuna intenzione di far decadere il decreto». Poi la storia, come è noto, è andata a finire diversamente. E Rughetti con un collega di partito ironizza: «Con tutto il rispetto per il capo dello Stato, lui non ha il potere di rinviare una legge con una telefonata. La Costituzione non lo prevede ed è strano che una persona come Napolitano non se ne renda conto».

Sì, perché la verità è che i renziani vogliono far capire al Quirinale e a palazzo Chigi che con la nuova segreteria la musica è cambiata: il Pd è un soggetto con cui bisogna fare i conti. «I provvedimenti non verranno più decisi tra Colle e governo e poi comunicati ai gruppi», spiega un renziano. E infatti il segretario ha dato disposizioni ai suoi per concordare con Zanda la nascita di un comitato parlamentare di controllo interno al gruppo in Senato, con lo scopo di verificare i contenuti degli emendamenti, capirne i veri intendimenti, evitare che vengano presentati quelli stile «Salva Roma» e sapere chi ne siano i veri autori. Secondo i vertici del Pd, infatti dietro certe proposte di modifiche c'era il governo stesso.

Per il futuro, dunque, Renzi si ripromette di rivedere le modalità di rapporto tra partito, gruppi e Parlamento. Spiega ora Guerini: «La perplessità manifestata dal Presidente è la stessa manifestata dal Pd e dal gruppo della Camera. È veramente singolare che prima si chieda la fiducia e poi si ritiri il decreto, potevano pensarci prima. Comunque faremo in modo che episodi di questo tipo non avvengano mai più. Chiederemo ufficialmente che il governo limiti l'uso dei decreti ed eviteremo l'arrivo alle tre di notte di emendamenti apparentemente senza padri».

Sprezzante, il commento di un altro renziano, Dario Nardella: «È un'ulteriore figuraccia che il governo non poteva permettersi». Quello che è accaduto rende sempre più determinato il segretario a scrivere con l'esecutivo un contratto dettagliato, con tanto di date entro le quali il governo dovrà mandare in porto i provvedimenti. A cominciare dal Job act: «E non potranno fare melina». La determinazione di Renzi spaventa un po' tutti. A cominciare dalla Cgil. Susanna Camusso, che vedrà Madia e Taddei, medita di avere dopo la ripresa anche un incontro con il nuovo leader del Pd.

 

 

MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA RENZI E LETTAMATTEO RENZI NELL UFFICIO DI LETTA A PALAZZO CHIGI

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)