pierre moscovici giuseppe conte

VENI, VIDI, MOSCOVICI! - IL COMMISSARIO È ANDATO A ''SALUTARE'' PURE CONTE. IL MESSAGGIO DA BRUXELLES È CHIARO: SE ROMA DICE NO ALLA RIFORMA DEL MES, RISCHIA L'ISOLAMENTO - LA GERMANIA HA ''INCARDINATO'' IL FONDO SALVA-STATI NEL SUO ORDINAMENTO, E IL MECCANISMO DI VOTO È GIÀ UN' INDICAZIONE DEL NOCCIOLO DI INTERESSI ATTORNO CUI È STATO COSTRUITO: IL «PESO» DECISIONALE È SUDDIVISO TRA I PAESI IN BASE AL PESO DI CONTRIBUZIONE

 

 

UE: INCONTRO A P. CHIGI TRA CONTE E MOSCOVICI

 (ANSA) - Incontro, a Palazzo Chigi, tra il premier Giuseppe Conte e il commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici. Il faccia a faccia è iniziato mentre era ancora in corso il vertice di maggioranza sul Meccanismo economico di stabilità, che è alle battute finali.

 

 

 

1 - ALLARME UE SUL TRATTATO: SE ROMA DICE NO RISCHIA L'ISOLAMENTO

Alberto D’Argenio per “la Repubblica

 

pierre moscovici giuseppe conte

Vista con gli occhi degli europei, la tentazione del premier Conte di non firmare la riforma del Fondo salva-Stati (Mes) sarebbe un autogol per l' Italia. Dietro le quinte governi e istituzioni sono concordi: «Costringere gli altri 18 leader della zona euro a un rinvio sarebbe una devastante ulteriore perdita di credibilità per il Paese». Oltretutto a Bruxelles e nelle Cancellerie fanno fatica a capire perché chi guidava il governo fino ad agosto, Salvini e Di Maio, ora abbia cambiato idea su una riforma chiesta proprio dall' Italia (insieme alla Francia).

 

Nelle trattative sulla riforma della zona euro avviate dopo la grande crisi per rinforzare la moneta comune, la riforma del Mes sarebbe la parte favorevole all' Italia: su richiesta di Olanda e Germania ad aprile è stato approvato il nuovo pacchetto bancario con criteri più stringenti per ridurre i rischi legati agli istituti di credito. La contropartita chiesta da Roma, Parigi, Madrid e Lisbona era la condivisione del rischio con l' introduzione del backstop, un salvadanio europeo per le ristrutturazioni bancarie gestito proprio dal Mes.

 

Roberto Gualtieri, Pierre Moscovici, Udo Bullmann

Risultato a un passo, se il 13 dicembre i leader dell' eurozona firmeranno il nuovo trattato del Fondo. Che continuerà anche a fare il suo lavoro, ovvero salvare gli stati in crisi sui mercati con mansioni simili a quelle odierne. Olanda e Germania volevano la ristrutturazione automatica del debito per chi chiederà un sostegno finanziario, trappolone sventato dall' Italia. Vengono però regolati alcuni aspetti di una eventuale ristrutturazione. Secondo i detrattori solo parlarne rende più costosi i titoli di un Paese indebitato come l' Italia, aumentandone il rischio default. Il tema è psicologico: è l' interpretazione che alcuni paesi del Nord potrebbero dare alle nuove norme e soprattutto la percezione degli investitori internazionali.

 

Però per le istituzioni Ue, per gli altri mediterranei, per l' Eurogruppo, per Bankitalia e per il Tesoro non è così: le ristrutturazioni non diventano più probabili. Oltretutto l' imposizione di uno stop alla riforma farebbe perdere peso a Roma nelle altre trattative Ue: l' Italia, infatti, non considera il nuovo Mes di per sé pericoloso, ma pensano che potrebbe diventarlo se associato a sconfitte su altri dossier. Come il nuovo bilancio della zona euro e lo Schema di assicurazione dei depositi (Edis), caro all' Italia perché strumento di condivisione dei rischi che completerebbe l' Unione bancaria.

 

MATTARELLA PIERRE MOSCOVICI

Il tedesco Scholz ha dato l' ok alla svolta, chiedendo però di accompagnarla con una stretta ai titoli di Stato in pancia alle banche. Una mina per l' Italia stoppata lo scorso mese dal ministro Gualtieri. Ma una perdita di credibilità con il mezzo veto di Conte sul Mes potrebbe compromettere il lavoro del ministro, con il rischio di perdere la partita con enormi danni per il Paese. E Roma verrebbe isolata negli altri grandi negoziati a partire da quello sul bilancio 2021-2027 dell' Unione.

 

 

2 - IL MECCANISMO È UN FEUDO DI BERLINO LA GERMANIA L'HA BLINDATO PER LEGGE

Martino Cervo per “la Verità

 

tria moscovici 4

La politica e l' opinione pubblica italiane hanno scoperto il Mes, erede del Fondo salvastati varato nel 2010: un sistema costato all' Italia (e ai nostri partner) decine di miliardi, al quale non abbiamo fin qui mai fatto ricorso. E al quale, in caso fossero varate le modifiche approvate a giugno, faremmo molta più fatica ad accedere, con il rischio di avvicinare le probabilità di un default.

Uno sguardo alla formazione giuridica e legale del fondo permette di verificare la differenza di approccio tra Stati.

 

Come spiegato da Luigi Gianniti in un' analisi apparsa su Aspenia online (disponibile al sito bit.ly/37v9z26 ), il meccanismo di voto nel Mes è già un' indicazione del nocciolo di interessi attorno cui è stato costruito: il «peso» decisionale è suddiviso tra i Paesi dell' eurozona sulla base del contributo di ciascuno stato dà a questo fondo: quello tedesco è oltre il 27%, quello francese sopra il 20, quello italiano appena sotto il 18.

 

Per procedure di urgenza il voto è a maggioranza qualificata dell' 85%: Germania, Francia e Italia hanno potere di veto su questo tipo di scelte. Su tutte le altre, la Germania da sola, insieme a un piccolo Paese, è l' unica ad avere potere di veto sui voti a maggioranza semplice. La maggioranza qualificata (80%), con la quale si votano il presidente del Consiglio dei governatori, il Direttore generale (un tedesco) e lo statuto, riserva il veto a Berlino e Parigi.

merkel juncker

 

Ma l' aspetto più interessante, come spiega ancora l' alto funzionario, riguarda l' inquadramento del Mes nell' assetto istituzionale tedesco. Qui il ruolo dei rappresentanti è considerato «una proiezione diretta della rappresentanza politica nazionale». Il che stride non poco con la retorica - incardinata nei Trattati - della «indipendenza» della Bce e della Commissione rispetto agli interessi nazionali.

 

Una sentenza (2014) del Tribunale costituzionale tedesco, nel vagliare il trattato istitutivo del Mes, ha stabilito che i componenti dei suoi organi direttivi «sono responsabili verso i rispettivi Parlamenti nazionali». Ogni decisione è esercitata sulla base di una diretta responsabilità verso il Bundestag, cui viene garantita da una legge apposita (la «Esm-Finanzierungsgesetz») una completa informazione «che riguarda anche aspetti che, secondo il Trattato, sono coperti dal segreto di ufficio».

 

Sempre Gianniti spiega come, «senza l' approvazione preventiva dell' Aula o della Commissione bilancio del Bundestag, il rappresentante del governo tedesco non può assumere nessuna decisione rilevante».

 

MERKEL E MACRON SGHIGNAZZANO

In sostanza, l' impianto legislativo e la giurisprudenza, nel caso tedesco, fanno sì che nessuna decisione possa essere presa contro il voto dei propri rappresentanti. Un passaggio di puro buonsenso, che da un lato stride con l' opacità politica che vediamo qui, dall' altro documenta l' attenzione certosina con cui il processo di «integrazione europea» è stato seguito per essere una prosecuzione della Germania con altri mezzi. Bravi loro, certo.

 

Ma la stessa dinamica, proprio perché è un' applicazione perfetta della logica delle istituzioni dell' Ue, dice anche un' altra cosa, e cioè che qualunque riforma auspicata da chi vuole «cambiare l' Europa» sbatte contro questo impianto.

 

Come accade ad esempio per l' Eurogruppo, anche il Mes nasce fuori dai trattati: sulla riforma in discussione l' Europarlamento non tocca palla, e i parlamenti nazionali si troveranno un testo a scatola chiusa. Le parole sul governo comune dell' Europa si scontrano con la realtà: l' avanzata della famosa integrazione crea strumenti fatti per ampliare la legge del più forte. E oggi il problema è che il più forte è in affanno: ai pessimi dati industriali di tutto il 2019, Berlino aggiunge lo schiaffo di Moody' s, che ha peggiorato ieri l' outlook sul rating del sistema bancario tedesco, da stabile a negativo. Pesano i tassi bassi: l' unico modo fin qui trovato per tenere in piedi l' eurozona.

Ultimi Dagoreport

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

luigi lovaglio giuseppe castagna giorgia meloni giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone milleri monte dei paschi di siena

DAGOREPORT - È VERO, COME SOSTENGONO "CORRIERE" E “LA REPUBBLICA”, CHE L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA È “PERFEZIONATA E IRREVERSIBILE”? PIU' SAGGIO ATTENDERE, CON L'EVENTUALE AVANZAMENTO DELL'INCHIESTA GIUDIZIARIA MAGARI (IERI ED OGGI SONO STATI PERQUISITI GLI UFFICI DEGLI INDAGATI), QUALE SARÀ LA RISPOSTA DEGLI INVESTITORI DI PIAZZA AFFARI (GIA' MPS E' STATA MAZZOLATA IN BORSA) - POTREBBERO ANCHE ESSERCI RIPERCUSSIONI SUL COMPAGNO DI AVVENTURE DI CALTARICCONE, FRANCESCO MILLERI, CHE GUIDA L'HOLDING DELFIN LA CUI PROPRIETÀ È IN MANO AI LITIGIOSISSIMI 8 EREDI DEL DEFUNTO DEL VECCHIO - MA IL FATTO PIÙ IMPORTANTE SARA' IL RINNOVO AD APRILE 2026 DELLA GOVERNANCE DI GENERALI (PER CUI È STATA ESPUGNATA MEDIOBANCA) E DI MPS DEL LOQUACE CEO LUIGI LOVAGLIO (VEDI INTERCETTAZIONI) - INFINE, PIÙ DI TUTTO, CONTANO I PASSI SUCCESSIVI DELLA PROCURA DI MILANO, CHE PUÒ SOSPENDERE L’OPERAZIONE DELLA COMBRICCOLA ROMANA FAVORITA DA PALAZZO CHIGI SE INDIVIDUA IL RISCHIO DI REITERAZIONE DEI REATI (DA PIAZZA AFFARI SI MOLTIPLICANO LE VOCI DI NUOVI AVVISI DI GARANZIA IN ARRIVO PER I "FURBETTI DEL CONCERTINO''...)

putin witkoff marco rubio donald trump zelensky

DAGOREPORT – SI ACCENDE LA RIVOLTA DEL PARTITO REPUBBLICANO CONTRO TRUMP - I DANNI FATTI DA STEVE WITKOFF (SOTTO DETTATURA DI PUTIN), HANNO COSTRETTO L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A METTERE IN CAMPO IL SEGRETARIO DI STATO MARCO RUBIO CHE HA RISCRITTO IL PIANO DI PACE RUSSIA-UCRAINA - CON IL PASSARE DELLE ORE, CON UN EUROPA DISUNITA (ITALIA COMPRESA) SUL SOSTEGNO A KIEV, APPARE CHIARO CHE PUTIN E ZELENSKY, TRA TANTE DISTANZE, SONO IN SINTONIA SU UN PUNTO: PRIMA CHIUDIAMO LA GUERRA E MEGLIO È…

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?