giampiero mughini bettino craxi

LA VERSIONE DI MUGHINI - E CI MANCHEREBBE ALTRO CHE NON SIA VENUTO IL TEMPO DI DARE A BETTINO CRAXI, UNO DEI GIGANTI DELLA POLITICA ITALIANA DEL DOPOGUERRA, QUEL CHE È DI BETTINO CRAXI. UNA STRADA? IL MINIMO DEI MINIMI. CERTO, IL SUO PARTITO ESERCITAVA ALLA GRANDE LA SPARTIZIONE DELLE SPOGLIE, MA SULLA STORIA E SUL PRESENTE IL PSI CRAXIANO AVEVA AVUTO RAGIONE SU QUASI TUTTO''

 

Giampiero Mughini per Dagospia

 

mughini

Caro Dago, e ci mancherebbe altro che non sia venuto il tempo di dare a Bettino Craxi, uno dei giganti della politica italiana del dopoguerra, quel che è di Bettino Craxi. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, aveva accennato al dedicargli una via, e subito lo avevo elogiato con un messaggio personale.

 

Un paio di sere fa eravamo nello studio televisivo presieduto da Barbara Palombelli, e c’erano Daniele Capezzone, il professore Miguel Gotor, il mio amico Stefano Zecchi. All’idea di ricordare Craxi a vent’anni dalla morte eravamo tutti entusiasti. Zecchi, che alcuni anni fa era stato assessore nella giunta comunale di Milano, disse che a suo tempo era riuscito a fare intestare una via di Milano addirittura a Giovanni Gentile, assassinato dai gappisti comunisti a Firenze. Figuriamoci se non era d’accordo nell’intestare una via del capoluogo lombardo al protagonista massimo del riformismo socialista milanese.

 

E’ appena uscita, a cura del mio vecchio amico Luigi Covatta, una ricca antologia dei settant’anni (1948-2018) di “Mondoperaio”, il mensile del Psi socialista che ai tempi della rivoluzione d’Ungheria (1956) e dell’avvento di Craxi alla segreteria del Psi (1976) marchiò due momenti cruciali della storia politica e intellettuale del socialismo italiano e della sua “revisione” rispetto alla storia politica e intellettuale del Partito comunista italiano.

BETTINO CRAXI ENRICO BERLINGUER

 

Uno dei più bravi librai antiquari italiani e mio carissimo amico, il bolognese Piero Piani, mi segnala una sua bruciante raccolta di libri e riviste che hanno ad oggetto il socialismo autonomista di Pietro Nenni e di Craxi e che lui mette in vendita.

Craxi merita a Milano una via, una targa? Molto di più. A vent’anni dalla sua morte dopo un’operazione chirurgica fatta nelle condizioni disperate di un ospedaletto tunisino, Craxi merita la sua piena e totale reimmissione nella storia politica italiana recente la più importante se non la più drammatica.

CRAXI AGNELLI ROCKEFELLER

 

Non capisci nulla, ma proprio nulla, di quel che è successo nell’Italia che va dalla metà degli anni Settanta all’alba di Tangentopoli se al centro di quello scenario non metti l’omone che aveva cominciato a far politica nell’Ugi universitaria degli anni Cinquanta e che negli anni Sessanta era andato una volta a far visita al suo amico Carlo Ripa di Meana, uno che era andato a vivere e a lavorare nella Praga del comunismo reale. “Che roba è tutto questo?”, chiese a Carlo. “E’ una roba che fa schifo” gli rispose Carlo.

 

Era ancora il 1975, e il dominio etico e culturale dell’italocomunismo in Italia era assoluto, quando in un’auletta della Casa della Cultura di Largo Argentina a Roma organizzarono la presentazione di un mio libretto che faceva da antologia ragionata del “revisionismo socialista”. A difendere le ragioni dei comunisti c’erano due pezzi da novanta, Gerardo Chiaromonte e Alfredo Reichlin.

BETTINO CRAXI AL MATRIMONIO TRA SILVIO BERLUSCONI E VERONICA LARIO CON FEDELE CONFALONIERI

 

Craxi arrivò in ritardo e subito prese la parola: “Ma di che cosa stiamo discutendo e finché in Europa esiste quel muro di Berlino che separa le democrazie occidentali dai Paesi dove imperversa la dittatura dei partiti comunisti?”. Vi assicuro che detto a quel modo e detto in quel momento faceva il suo porco effetto.

 

Era ancora un tempo della storia politica e culturale italiana in cui Lenin e le sue gesta bolsceviche la facevano da padroni. Guai a toccarglieli agli intellettuali comunisti persino i più aperti di allora. Ci vollero ancora un po’ di anni, ossia quel che stava avvenendo nella Polonia in cui avevano tentato di aprire uno spiraglio all’incombere del comunismo pro-Urss, perché Enrico Berlinguer dichiarasse “esaurita” la spinta propulsiva che veniva dal colpo di stato bolscevico del 1917.

BETTINO CRAXI 2

 

S’era dunque esaurita nel 1979, non prima, già negli anni Trenta, quando Giuseppe Vissarianovic Stalin aveva fatto ammazzare a milioni e milioni i russi di ogni specie e classe. Panzane. Cose di cui oggi nessuno obietta neppure una virgola, tanto è assodato che si andata così. Non lo era nel 1977, quando senza Bettino Craxi il mio amico Carlo Ripa di Meana non avrebbe potuto organizzare quella Biennale del dissenso sovietico che la gran parte dell’intellettualità comunista avversò fino all’ultimo, ed è per pietà intellettuale che non cito le fetenzie che scrissero al riguardo.

 

Certo, Bettino divenne capo di un partito che esercitava alla grande la spartizione delle spoglie, ossia il prelievo illegale di tangenti eccetera. Lo facevano tutti, a tutti i livelli, e finché nel 1989 il parlamento – all’unanimità – amnistiò quel reato. All’unanimità. Cancellato.

 

BETTINO CRAXI SILVIO BERLUSCONI

Cancellati i milioni e milioni di dollari che il Partito comunista aveva ricevuto da una potenza straniera e nemica e che permettevano l’opulenza della sua organizzazione nel territorio, della sua attività interna, della sua stampa, e ferma restando la dirittura morale dei suoi uomini e dei suoi dirigenti. Ve li immaginate Chiaromonte o Reichlin che si mettono in tasca un solo centesimo?

 

BOBO E BETTINO CRAXI 8

Indubbiamente la linea separatoria tra etica politica e etica privata non era in Craxi così netta, e ciascuno ha il diritto su quest’argomento di accludere fatti e dati. Cosa diversa è stato l’annientamento del Psi craxiano, una cosa diversa e delittuosa. Delittuosa perché il Psi craxiano aveva avuto ragione su quasi tutto, lo dice oggi Massimo D’Alema e lo dicono molti degli intellettuali ex comunisti degli anni Settanta che replicavano a muso duro a quello che noi di “Mondoperaio” scrivevamo sull’Urss di Lenin e di Stalin.

BETTINO CRAXI AD HAMMAMET

 

E resta che quando Craxi nell’aula di Montecitorio puntò il dito alla sua destra e alla sua sinistra verso tutti i parlamentari italiani dicendo “C’è qualcuno di voi che non sa fin da quando aveva i pantaloni corti che la politica democratica del nostro Paese si regge sul prelievo di tangenti illegali?”, non uno di quei parlamentari fiatò.

 

In quegli anni Norberto Bobbio aveva criticato il comportamento morale del Psi craxiano. Adoravo Bobbio. Gli portai in casa uno dei dirigenti del Psi, il torinese Giusy La Ganga, il quale era stato suo allievo all’università. C’era una elezione politica all’orizzonte.

 

La Ganga disse quanto sarebbe costata al minimo la sua imminente campagna elettorale in Piemonte. Quattrocento milioni secchi. Al minimo. Il prezzo della democrazia. Bobbio allibì e non replicò.

Di questo dobbiamo discutere a vent’anni dalla morte di quell’omone. Una via a Milano? Il minimo dei minimi.

 

martelli craxi

GIAMPIERO MUGHINI

bettino craxi gianni de michelis 1craxi gorbaciovcraxi prodicraxicraxi alla CameraFERRARA CRAXIcraxibettino craxi gianni de michelis

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)