giorgia meloni

LA VITTORIA DELLA DUCETTA E’ IL SUCCESSO DELL’UNICO PARTITO CHE ERA ALL’OPPOSIZIONE DEL GOVERNO DRAGHI - IL VOTO SEGNA IL TRAMONTO DI BERLUSCONI E LA FINE DEL PROGETTO DI LEGA NAZIONALE (SALVINI NE ESCE DEVASTATO) - IL PD E’ TRAMORTITO E RISCHIA DI SCOPPIARE: SENZA IDENTITA’ NE’ VERI ALLEATI, HA CONSEGNATO LA SINISTRA AL CAMALE-CONTE VERSIONE ACHILLE LAURO - I DUE EGO-BULLI CALENDA E RENZI, POMPATI DAI GIORNALI, NON HANNO SFONDATO - ORA LA DUCETTA DOVRA’ GOVERNARE CON DUE ALLEATI IMPREVEDIBILI (I CUI VOTI SONO INDISPENSABILI) - LA PALLA PASSA A MATTARELLA: SARA’ LUI A DECIDERE I MINISTRI E A DOVER EVITARE ALTRI GUAI ALL’ITALIA...

Francesco Verderami per www.corriere.it

GIORGIA MELONI

 

Si prospetta un risultato epocale. E non solo perché per la prima volta nella storia la destra si proietta a vincere le elezioni e ipotecare Palazzo Chigi con una donna alla guida di un governo di coalizione. Ma perché la legislatura che si apre è destinata a cambiare profondamente la geografia politica italiana. Il voto di ieri segna la fine del progetto salviniano della Lega nazionale. L’inesorabile tramonto dell’era berlusconiana. E fa emergere la grave crisi di voti e di identità del Pd, che non solo esce sconfitto dal duello con FdI, ma soprattutto viene ridimensionato nel tradizionale ruolo di punto di riferimento dei progressisti.

 

SALVINI BERLUSCONI MELONI LUPI

Il successo di Giorgia Meloni — secondo i primi dati — si accompagna a una forte flessione degli alleati. La leader della destra — che ha cannibalizzato i consensi di Lega e FI — è consapevole che i nuovi rapporti di forza nel centrodestra potrebbero complicare più che la nascita del governo, la sua navigazione. E non a caso nei colloqui riservati prima del voto aveva fatto capire che si sarebbero dovuti privilegiare gli equilibri di coalizione sugli interessi di partito. «È una questione che Giorgia ha presente», spiegava a sera uno dei massimi dirigenti di FdI: «Si seguirà la linea che abbiamo già adottato sui collegi con gli alleati centristi, per esempio».

 

SALVINI BERLUSCONI MELONI

Perché un conto è vincere, altra cosa è governare, altra cosa ancora è durare. C’è da affrontare una congiuntura nazionale e internazionale molto delicata: nessun governo potrebbe andare avanti a lungo senza una forte coesione interna. E dopo il terremoto nelle urne Meloni intende stabilizzare il quadro politico del centrodestra: si vedrà come, visto che Salvini durante tutta la campagna elettorale ha rivendicato l’obiettivo di tornare al Viminale e Forza Italia aspira alla Farnesina.

 

GIORGIA MELONI

Senza dimenticare che sulla formazione della squadra ministeriale l’ultima parola spetterà al capo dello Stato. C’è da capire come Berlusconi gestirà il risultato e quali effetti avrà sul suo partito. Ma soprattutto bisognerà verificare in che modo Salvini affronterà il pesante risultato con il suo gruppo dirigente, dove prenderà presto corpo la richiesta di tornare all’antico ruolo della Lega per ricostruire al Nord quel rapporto con il territorio uscito distrutto dalle urne. Una linea politica esattamente opposta a quella del Capitano...

 

CONTE LETTA

Sull’altro fronte si registra la crisi del Pd, che si trova ora insidiato alla sua sinistra da Conte e alla sua destra dal duo Calenda-Renzi. Il compito di Letta era tutt’altro che facile: un anno e mezzo fa aveva ereditato una segreteria che Zingaretti aveva lasciato dicendo di «vergognarsi» del partito. Il resto lo hanno fatto una serie di errori tattici e strategici che lo hanno consegnato «nudo» alla sfida con Meloni.

 

E ora la politica gli presenta il conto, dentro e fuori il Nazareno. Da una parte si trova il leader del Movimento: nonostante M5S abbia dimezzato i voti rispetto a cinque anni fa, Conte avrà la possibilità di fare sponda con quella parte dei democratici desiderosa di aprire una nuova stagione di rapporti con i grillini sul modello Mélenchon. Dall’altra i vertici di Azione puntano a diventare il polo riformista per attrarre quella parte dei dem che non è intenzionata ad accettare una deriva radicale.

 

CARLO CALENDA MATTEO RENZI

Per Calenda e Renzi il risultato elettorale va letto come il primo atto di un processo che si dispiegherà in Parlamento. Tra Scilla e Cariddi, il Pd rischia invece di spaccarsi. E la conta dei voti sarà determinante, perché — come raccontava nei giorni scorsi un autorevole esponente democrat — «se staremo sopra la quota del 20% potremo cercare in qualche modo di gestire la fase. Ma se dovessimo andare sotto quella soglia, il partito sarebbe destinato a implodere». Perciò la legislatura si preannuncia epocale. A destra come a sinistra.

letta conte calenda

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