paolo rossi

''QUANDO SEGNAI 3 GOL AL BRASILE BEARZOT NON MI DISSE UNA PAROLA'' - PAOLO ROSSI E I RICORDI DEL MITICO MONDIALE '82: ''TORNAVO DA DUE ANNI DI SQUALIFICA PER IL CALCIOSCOMMESSE, UN'ETERNITÀ. BEARZOT QUANDO PRESI DUE CHILI MI DISSE CHE AVEVO 'I FIANCHI DA FATTRICE NORMANNA'. ERA RIGIDO, USAVA IL BASTONE, MA DALL'ESTERNO CI DIFENDEVA DA TUTTI. POI INVECE PERSI 5 CHILI PER LO STRESS E LUI…''

Tommaso Pellizzari per il ''Corriere della Sera''

 

Treno Milano-Roma: una volontaria in cerca di fondi per un’associazione benefica si avvicina al viaggiatore che tiene davanti a sé le bozze di un libro intitolato «Quanto dura un attimo». La ragazza chiede: «Di che cosa parla?». «Della vita di Paolo Rossi». Silenzio. Sguardo smarrito. «Non sa chi è Paolo Rossi, l’eroe del Mondiale 1982 che segnò 6 gol in 3 partite dopo un inizio disastroso?».

 

paolo rossi

«Ehm, non l’ho mai sentito nominare. È grave?». A raccontarglielo, Pablito ride. E ribatte con la prontezza dei bei tempi: «Non si preoccupi troppo. L’altro giorno in stazione a Milano un gruppo di diciottenni mi ha fermato per chiedermi una foto con loro. Vengo da Abu Dhabi, dove ho appena incontrato 800 ragazzi, altri 800 fra i 13-14 anni a Pescara…».

 

Ma è anche per questo che, a 17 anni dalla sua autobiografia «Ho fatto piangere il Brasile» ne ha scritto (con la moglie Federica Cappelletti) un’altra, che diventerà anche una fiction o un film (e intanto è già pronto il documentario «Dreams Create the Future)?

«Un po’ sì, per tenere fresca la memoria e vivo il ricordo. Che non è solo mio. È degli anni 80, di quel Mondiale che ha lasciato un ricordo bello, positivo».

 

A questo proposito: l’Italia di Mancini ha riacceso un amore per la Nazionale che ricorda quello dei suoi tempi. E lei esordì in azzurro nel 1977, dopo solo 17 partite in serie A. Una scommessa, come quella che il c.t. attuale sembra fare su tanti altri ragazzi. Le torna il parallelo?

paolo rossi

«No. La mia Nazionale era basata su un gruppo di giocatori molto consolidato. Al Mondiale dell’82 ci sono 7-8 giocatori che erano già stati fondamentali nel ’78. Dove finimmo quarti, ma giocando benissimo. L’Italia di Mancini nasce invece da un risultato negativo».

 

Tra l’altro: il 27 novembre Mancini ha compiuto 55 anni. Gigi Garanzini ha notato che quando Bearzot vinse il Mondiale ne aveva 54. Eppure per tutti era il «Vecio». E lei oggi ha più anni di lui...

«La cosa mi fa un certo effetto. Quando arrivai in Nazionale vedevo Bearzot come una persona di un certo tipo, con una certa esperienza. Oggi se penso a Mancini mi sembra uno giovane. Ma quelli di Bearzot erano 54 anni di un altro vissuto. In più, ci sono persone che nascono così, che sono già mature da giovani. Come Bergomi. O come Tonali oggi: sembra nato “fatto”, che abbia già 30 anni».

 

Lei invece aveva e ha l’aria da ragazzo. Ma, come ricorda nel libro, con una dote: «Giocare sull’anticipo, pensando sempre cosa fare un attimo prima che mi arrivasse il pallone». Quel «decimo di secondo» che le fa segnare l’1-0 nella finale contro la Germania. C’è qualcuno in cui lei rivede qualcosa di simile?

«Forse un po’ Agüero del Manchester City: gioca sempre sull’anticipo».

paolo rossi

 

E da noi, a parte il classico paragone con Inzaghi?

«Ma io ero più tecnico... Al limite mi rivedo in Mertens del Napoli, ma più per la sua evoluzione da esterno a prima punta. Anche se a lui è successo molto più tardi che a me».

 

Già, perché nel 1976 Paolo Rossi è una promettente ala di neanche 20 anni quando, dopo tre infortuni alle ginocchia, finisce dalla Juventus (che l’aveva preso quando aveva 16 anni) al Lanerossi Vicenza in Serie B. L’allenatore è il romagnolo Giovan Battista (per tutti GB) Fabbri. Che le dice: «Io ti faccio giocare centravanti, tu non sei un’ala. Fidati, Paolo». Ma lei non era così convinto...

«È vero. Fabbri era un allenatore bravissimo e un precursore. Il suo era un calcio modernissimo, in cui i difensori dovevano costruire, i terzini attaccare e io ero la punta unica che con i suoi movimenti faceva inserire i centrocampisti».

 

Promozione in A nel 1976-77, secondo posto dietro la Juve l’anno dopo, con Paolo Rossi autore di 24 gol e capocannoniere. Dal libro si capisce che oltre a Bearzot, decisivi nella sua vita sono stati anche Fabbri e Giussi Farina, che di quel Vicenza era presidente.

lippi bearzot

«Fabbri era un uomo perbene, pacato, dava gli stessi consigli di un padre. Spesso mi invitava a pranzo a casa sua. Se lo immagina oggi un calciatore che va a pranzo a casa di Conte o Mourinho?».

 

No, anche perché è probabile che Conte dia da mangiare pochissimo. Farina, invece, passa alla storia come un astuto affarista, anche se per strapparla alla Juve spende molto più del necessario, ingannato da una soffiata su quanto Boniperti metterà nella busta per il riscatto della sua metà dal prestito (allora usava così). Però il ritratto che ne fa lei è differente: parla di un uomo affettuoso e molto legato a lei.

bearzot

«Sono vere entrambe le cose. Nelle trattative non guardava in faccia nessuno. Ma con me era diverso. E infatti diceva: “Non ho mai amato nessun giocatore, tranne Paolo”».

 

E perché, secondo lei?

«Perché per lui sono stato come un sogno che ha voluto vivere, rubandomi alla Juve. Non ha fatto il manager. E infatti amava ripetere che “Rossi era diventato Rossi grazie al Vicenza”».

E poi c’è Bearzot. È vero, come scrive Piero Trellini nel suo libro «La partita», che quando lei era squalificato per il calcioscommesse da lui ricevette un grande aiuto, ma una volta venne a trovarla e le disse che aveva «dei fianchi da fattrice normanna»?

«Sì. E al massimo avrò avuto un paio di chili di troppo, mica 25! Me lo disse ridendo, ma questo era lui».

AEREO MUNDIAL PERTINI BEARZOT

Cioè?

«Non era un uomo facile. Quando ti parlava non aveva l’aria del buon padre. Era un po’ rigido. A volte, poche, ti dava una carezza. Ma più spesso usava il bastone».

 

Tutto torna, ripensando a quanto la difese dalle critiche dopo le prime tre partite del Mondiale 1982. E al fatto che dopo i 3 gol al Brasile invece non le disse nemmeno una parola... A proposito: sempre Trellini scrive che il suo primo gol al Brasile nacque da un suo errore: un rinvio che finisce sulla schiena di Conti. La palla sta per finire in calcio d’angolo ma Collovati salva sulla linea di fondo. L’azione riparte e lei segna.

paolo rossi

«A Prato diciamo “Il se e il ma sono il paradiso dei bischeri”. Mentre io dico sempre che non bisogna mai perdere la fiducia. Perché c’è un momento in cui tutto cambia. In quel primo gol io ci vedo tutto, che qualcuno ha voluto dire “Basta, vai, è il tuo momento”. Io sono religioso, e quindi ho ringraziato il Signore più volte».

 

Da Bearzot, invece, neanche una parola.

«No. Però era forte e gagliardo se c’era da difenderci all’esterno: noi gli abbiamo voluto bene anche per questo».

E per l’extra di latte e biscotti la sera, perché lei nel frattempo per lo stress aveva perso 5 chili.

«Le partite prima del Mondiale erano andate male, il girone pure. Io rientravo dalla squalifica delle scommesse e tutti mi vedevano come il salvatore della patria. Un peso enorme sulle spalle. E non mi diede una mano il fatto di segnare subito al mio rientro in campionato, il 2 maggio 1982, di testa all’Udinese. Pensai: sono ripartito subito. Ma quando andai in ritiro con la Nazionale capii che non era così, che non ero ancora io. Fu lì che realizzai che ci sarebbe voluto tempo. Bearzot me lo diede, perché aveva capito che dovevo solo giocare il più possibile per ritrovare il ritmo-partita».

 

Ecco: che cos’è questo famoso ritmo-partita?

«È un’abitudine alla sofferenza, alle misure che ha il campo, a tenere la concentrazione. Sono cose che si acquisiscono solo giocando. E a me mancavano perché ero stato fermo due anni. Un’infinità».

 

Dopo la terza partita, quella col Camerun, Bearzot le suggerì di indossare la maglia azzurra anche quando era in camera. E di guardarsi allo specchio.

«Sì, perché lui voleva che quella maglia ci responsabilizzasse».

Funzionò?

PARDO SABATINI PAOLO ROSSI

«Sì, perché è una di quelle cose da cui senti che un allenatore investe su di te, che ha una considerazione che ti aiuta a tirare fuori il meglio, quello che ancora non è uscito. E lo fa dicendoti una parola giusta o magari trasmettendoti un sentimento».

 

Ad aiutarla in quel Mondiale fu anche Antonello Venditti e la sua «Sotto la pioggia» che lei e Cabrini cantavate tutte le sere in camera in ritiro. Gliel’ha mai detto?

«Certo. L’anno scorso mi ha anche chiamato sul palco a un suo concerto per farmi cantare “Giulio Cesare”: “Paolo Rossi era un ragazzo come noi”...».

Però dal libro si capisce che lei dietro quel sorriso era molto più feroce di quanto sembrasse.

«Sì, ero supercompetitivo. Poi ci sono stati gli infortuni e tutto il continuo di alti e bassi a rafforzarmi».

PAOLO ROSSI

 

Oggi lei fa l’opinionista alla Rai per le partite della Nazionale. Il ricordo di quel Mondiale di scontri feroci coi giornalisti influisce sul suo modo di lavorare?

«Un po’ sì, cerco di misurare le parole: ci sono passato, so come ci si sente. Quello che vedo lo dico, ma sto molto attento al modo. E comunque io sono rimasto amico di molti giornalisti e in generale ho sempre avuto un buon rapporto con loro. Certe cose facevano parte del gioco. Se le cose vanno male è normale che uno lo scriva. Oggi i giocatori hanno filtri su filtri. All’epoca ci si parlava serenamente. Io finivo l’allenamento e chiacchieravo con chi c’era. E mi è servito. Perché senza confronto i calciatori sono meno responsabilizzati e non crescono».

 

E aver giocato ad alti livelli fa la differenza, nel commentare una gara?

cabrini scirea zoff

«Premesso che parecchi giornalisti di oggi sono preparatissimi, più di molti dell’epoca, certe cose le percepisci solo se hai giocato: certi movimenti o come un giocatore si rapporta con un compagno piuttosto che con un altro».

Quali squadre le piace guardare in tv, non per lavoro?

«Quelle di Champions: il City, il Barcellona. Però se una partita non mi piace, dopo 10 minuti mollo. Non sono un malato di calcio».

 

Delle partite giocate, è facile immaginare quali ricorderà sempre. Di quelle viste in tv?

«La finale Italia-Brasile di Messico ’70. Quella mi ha segnato. Avevo 14 anni, ma mi ci sono immedesimato, mi vedevo in campo a giocarla».

Le succede ancora?

«Qualche volta sì. Il fisico non funziona, ma la testa sì. E mi ritrovo a dire cose tipo “io sarei andato sul primo palo!”».

PERTINI BEARZOTcabrini

 

fulvio caterina collovatifulvio collovati

Ultimi Dagoreport

gender club degrado roma pina bausch matteo garrone

25 ANNI FA SPUNTÒ A ROMA UN CLUB IN MODALITÀ DARK-ROOM: AL "DEGRADO", IMMERSO NEL BUIO, SI FACEVA SESSO SENZA IL SENSO DEL PECCATO, IN MEZZO A TUTTI. UNO ‘’SBORRIFICIO” CHE NON HA AVUTO EGUALI E CHE DEMOLÌ I MURI DIVISORI TRA ETERO-BI-GAY-LESBO-TRANS-VATTELAPESCA - PER 9 ANNI, “CARNE ALLEGRA” PER TUTTI. OGNUNO VENIVA E SI FACEVA I CAZZI SUOI, E QUELLI DEGLI ALTRI. IL "DEGRADO'' POTEVA ESSERE RIASSUNTO IN UNA DOMANDA: CHI È NORMALE? - DAGO-INTERVISTA ALL’ARTEFICE DEL BORDELLO: “SCORTATA DA MATTEO GARRONE, UNA NOTTE È APPARSA PINA BAUSCH IMPEGNATA AL TEATRO ARGENTINA. SI ACCENDONO LE LUCI E UNA TRAVESTITA URLO': “AO' SPEGNETELE! IO STAVO A FA’ UN BOCCHINO. NUN ME NE FREGA ‘N CAZZO DE 'STA PINA!”

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…

shooting calendario pirelli 2026

A PRAGA SI SVAGA! – UNA PARATA DI STELLE STA PER INVADERE LA CITTÀ DI FRANZ KAFKA: PER LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO PIRELLI 2026 VENERDÌ 14, ALLA MUNICIPAL HOUSE, SONO ATTESI 500 ILLUSTRI OSPITI ACCOLTI DA MARCO TRONCHETTI PROVERA CHE AVRÀ AL SUO FIANCO TANTO BEL MONDO: DA TILDA SWINTON A GWENDOLINE CHRISTIE, GUERRIERA NEL ‘’TRONO DI SPADE’’, DALLE MODELLE IRINA SHAYK ED EVA HERZIGOVA, DALLA STILISTA SUSIE CAVE ALLA TENNISTA VENUS WILLIAMS, DA LUISA RANIERI A FAVINO – NON MANCHERÀ CHIARA FERRAGNI ALLACCIATA ALL’EREDE GIOVANNI TRONCHETTI PROVERA…

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...