E 'A LUNA ROSSA MME PARLA 'E TE -  ''LA SCELTA DI AVERE DUE TIMONIERI CI HA AVVANTAGGIATO NELLE PARTENZE MA NON SIAMO ANCORA AL TOP" - IL PATRON PATRIZIO BERTELLI LANCIA UN MESSAGGIO AI RIVALI DI NEW ZEALAND: “NON SO PERCHÉ I RAPPORTI CON LORO SI SONO GUASTATI. LI ABBIAMO AIUTATI A BERMUDA, ABBIAMO SPONSORIZZATO LA PRADA CUP. COSA VOGLIONO DI PIÙ?” - “SE VINCERÀ, DIFENDEREMO LA COPPA IN ITALIA, MA NON PARLIAMONE ORA...” – VIDEO

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Da corriere.it

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(...) Ma perché i rapporti con gli ex alleati neozelandesi si sono guastati?

patrizio bertelli patrizio bertelli

 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Me lo chiedo anch’io. Li abbiamo aiutati a Bermuda, abbiamo concordato gli Ac75, abbiamo sponsorizzato la Prada Cup. Cosa vogliono di più? Mi sembra tutto un po’ esasperato, eccessivo. Quando il capo dei kiwi era Tom Schnackenberg, veniva a mangiare gli spaghetti alla nostra base. Con Grant Dalton è tutto più difficile».

 

 

BERTELLI

Fabio Pozzo per “la Stampa”

 

checco bruni luna rossa checco bruni luna rossa

«Siamo italiani, che cavolo!» ha esclamato il timoniere Checco Bruni sulla linea d' arrivo, salutando così la vittoria dell' ottava regata contro i britannici di Ineos Uk (bilancio 7-1), un successo che è valso a Luna Rossa la Prada Cup come 21 anni prima, sempre ad Auckland, e l' accesso all' America' s Cup contro il detentore Team New Zealand. «Ci dovranno passare sopra i Kiwi per batterci!», sempre Bruni.

 

Patrizio Bertelli, il patron di Luna Rossa, l' uomo che ha lanciato sei volte la sfida al trofeo, più di tutti gli altri tycoon che si sono cimentati in questo gioco brutale che dal 1851 fa penare e gioire i tifosi di tutto il globo, e che adesso vuole vincerlo (scongiuri) lo ha sentito in tv.

 

Signor Bertelli, per la prima volta non è sul campo.

«Purtroppo, questo Covid mi ha costretto a restare in Italia Non è un momento facile, speriamo di venirne fuori».

 

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Nemmeno ora, la tentazione di salire su un aereo e raggiungere il team?

«No, purtroppo non mi è possibile. A parte che è difficile trovare all' ultimo momento un posto ad Auckland dove poter osservare come straniero la quarantena obbligatoria, ma in questo momento devo seguire l' azienda e non posso proprio volare via».

 

Si soffre di più a casa?

«Mah, magari quando sei sul campo di regata, con il team sul gommone di appoggio, condividi le emozioni, ti confronti con qualcuno Ma, in definitiva, si soffre in egual misura».

 

E che team ha visto da casa?

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«Intanto, ho visto un gruppo molto unito, come ai vecchi tempi. Anche se devo dire che Luna Rossa è sempre stata una squadra affiatata. Abbiamo avuto la capacità di fare barche più o meno veloci, ma il team è sempre stato coeso. Lo skipper Max Sirena è stato bravo a gestire questo gruppo».

 

È un punto di forza?

«Sì, trovo che questo poi si veda in mare, alla prova dei fatti.

E sa anche una cosa bella?».

 

Quale?

«Che abbiamo anche tanti ragazzi nuovi con noi. Abbiamo di fatto un' altra squadra di giovani. E questo è importante, significa il futuro. Mi proponevo di creare una continuità e ci siamo riusciti».

 

Ora ci sono i Kiwi all' orizzonte: come li vede?

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«Sono forti, come sempre. Non sarà facile».

 

Luna Rossa finora ha fatto bene. Può ancora migliorare?

«Io penso proprio di sì. Almeno, ci proveremo. È un dovere provarci».

Luna Rossa è una barca riuscita. Quando però è nata questa nuova classe di monoscafi volanti, avveniristici, lei sembrava poco convinto.

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«No, a me questa barca mi è sempre piaciuta molto, però in principio forse la conoscevamo poco, perché ci mancava un po' di rodaggio. Non s' è potuto regatare prima di arrivare in Nuova Zelanda, la pandemia ci ha fatto saltare tutto.

 

Avevamo pensato a tappe di avvicinamento, come in passato. Per esempio a Cagliari. Peccato, sarebbe stata bello partire con le prime gare, anche se preparatorie, dall' Italia».

 

Le prime regate alla fine si sono viste lo scorso Natale in Nuova Zelanda.

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«Molto ravvicinate alla Prada Cup. Gli inglesi, ad esempio, a Natale non conoscevano ancora la loro barca, i sistemi per gestirla. Erano stati dati per spacciati, ma poi hanno dimostrato il contrario. Gli americani invece, forse hanno sbagliato calcoli. Hanno pensato a costruire una barca tipo catamarano, puntando sulla velocità e pensando che sarebbe bastato correre e non invece battagliare nel classico match-race».

 

Ventun anni fa ad Auckland la prima Luna Rossa, allora battezzata "silver bullet", vinse la Louis Vuitton Cup e andò in finale. Se lo ricorda?

«E come posso dimenticarlo? Era la prima nostra America' s Cup. Ma per una ragione o per l' altra a me tutte le edizioni mi hanno emozionato. Anche Valencia, nel 2007. Penso che in tutti questi anni Luna Rossa abbia seminato qualcosa, abbia lasciato una scia.

Fatta pure di amicizie, tanti velisti, anche che non hanno gareggiato con noi. Penso ad esempio a Mauro Pelaschier di Azzurra».

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Ecco, l' Italia nell' America' s Cup comincia con Azzurra. C' è un filo che vi lega a quella prima impresa?

«Ma certo. Tutti insieme abbiamo fatto crescere la vela, e con essa lo sport, in Italia. Tanti atleti, ma anche tanti tecnici, professionisti che oggi il mondo ci invidia».

 

Che cosa le è piaciuto di Luna Rossa?

«Mi sono piaciuti i comportamenti, sempre rispettosi. L' umanità conta. E poi, la sintonia tra timonieri e stratega e anche la scelta stessa di avere due timonieri, che ci ha avvantaggiato nelle partenze».

 

Sa che si parla già dell' America' s Cup che verrà, la 37a? Di un possibile vostro accordo con Alinghi, che tornerebbe nel ruolo di primo sfidante.

Che c' è di vero?

«Ci sono stati contatti, ma non c' è nulla di scritto».

 

Se vincerà, difenderà la coppa in Italia?

«Certo, ma non parliamone ora. Non sono molto scaramantico, ma insomma...».

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